)f :•:•:•···•:•:•·•:•:•:•:•:·:-:•:•:•: Menzogna e sortilegio Il 11 1ibro del sogni" di Elsa Morante Giovanna Rosa Nelle pagine di questo inedito Diario 1938 (Einaudi) Elsa Morante delinea il proprio autoritratto con una lucidità impietosamente aggressiva e insieme con uno struggente autocompatimento. Il manoscritto reca sul frontespizio un'indicazione, "Lettere ad Antonio", che molto opportunamente la curatrice ha preferito sostituire con un "titolo di genere", capace di render subito conto della scansione cronologica del quaderno. In effetti, la finzione iniziale di ri:volgersi a un destinatario di nome Antonio cade ben presto e la tensione espressi va trasforma la relazione epistolare in un intimissimo monologo di fascinosa autocoscienza. Può essere che il Diario nasca dall'ansia liberatoria di dar voce ai turbamenti erotici sollecitati dal rapporto difficile con Moravia, ma, sin dai primi appunti, il trasporto amoroso per A. si capovolge in un moto di introspezione e l'atto di scrittura diventa momento privilegiato per sciogliere il grumo di sensazioni esaltanti e spinte distruttive che germinano nell'io femminile in preda ai deliri passionali. Il Diario non ci racconta un solo colloquio d'amore né tanto meno rappresenta una scena o un incontro reale fra i due amanti; tutto è filtrato attraverso la "memoria onirica" di Elsa. Basterebbe aggiungere una "i" a quel nome e ci troveremmo nell'atmosfera cupa e abbagliante di Menzognae sortilegio. Il richiamo esplicito a Freud si ripete per ben tre volte nel testo, a conferma dell'importanza decisiva che la cultura psicanalitica ebbe per il nostro autore - così amava definirsi la Morante - negli anni cruciali della sua maturazione artistica e intellettuale. Ciò che conta per altro, come è ovvio, non è tanto il contenuto dei sogni e neppure il tentativo pur acuto di intei:pretarli, ma il processo di autoanalisi cui Elsa sottopone i propri assilli, desideri, paure, cogliendone la spinta immedicabile alla reversibilità: Che ero umiliata si vede dal fatto che, poi, nel sogno, ho umiliato, mi sono accanita nell'umiliare. Ho umiliato delle creature indifese, abbiette. (p.7; come in tutte le citazioni, il corsivo è nel testo) Quel rancore umiliato e agitato sordamente d~l pesce nei miei riguardi è piuttosto il senso che avolte, ad es. ieri, provavo io per A. (p.19) La "fantasmagoria dei sogni" (p.27) solo raramente diventa espressione di un risarcimento gratificante, teso a compensare l'orrore della realtà: nel diario di Elsa, l'attività onirica, pur ricca di riferimenti simbolici ad alta valenza sessuale (il pesce venerabile, i dolcissimi fiori rosa, la bambola che allude alla verginità, il "cane dalla strana espressione maschia, umana, anzi di più fanciullesca") è soprattutto testimonianza, tanto più veritiera quanto più "costruita" con la "forza dell'immaginazione", dei moti sado-masochistici che dominano la veglia. Ad accamparsi sulla pagina sono allora le angosce germinate dai sensi di colpa e rimorsi penosi, le frustrazioni che alim ntano l'aggressività dolorante, l'arroganza scontrosa di chi non ha saputo placare nella consapevolezza di "valere e di essere" (p.7) l' "umiliazione e il pudore ferito". Strumento primario di conoscenza dell'io e del mondo, la scrittura che registra i processi onirici non è, né diventerà mai, sfogo liberatorio, divinazione di prossime felicità, gesto di sublimazione che cancella la violenza dell'esistere, "le sudicie correnti della vita" (p. 19). I sogni sono spesso dei processi notturni di tutte le colpe della giornata. Come ci si accusa, ci si condanna! E ci si scopre sempre, ogni giorno di più. Oggi conosco e.ertemie viltà, certe bassezze meglio di ieri. (p. 10) C'è da dubitare che la trascrizione di queste visioni notturne così perfettamente concluse, così ricche di rimandi e parallelismi interni, sia sgorgata irilmediata senza aver conosciuto un adattamento più o meno smaliziato, una elaborazione stilistica accorta e consapevole. Ma è proprio nello sforzo di organizzare espressivamente il.groviglio di pulsioni oscure dell'io che va rinvenuto il pregio maggiore del Diario1938. Se lo volessimo leggere solo come documento d'un amore tormentato che volge al lieto fine, la delusione sarebbe grande. Certo, A. è un comprimario importante in questa rappresentazione, ma appunto deve esser.e considerato come tale: personaggio che, al pari delle figure parentali, abita il paesaggio doloròso della memoria profonda di Elsa. Il maggiore interesse del diario inedito non risiede dunque nella luce gettata su uno squarcio di vita vissuta: la ritrosia gelosa con cui la Morante ha sempre difeso vicende e affetti privati è criterio ordinatore anche di questa confessione. A confermarlo non è solo la facile alterazione del nome dell'amante o la riduzione a semplici sigle delle numerose comparse che affollano i sogni dell'autore: è complessivamente il tono di una scrittura che nulla concede all'effusione liricheggiantc, all'abbandono scomposto delle passioni, per concentrarsi tutta sui processi, questi sì tormentosi e laceranti, con cui "i pensieri inavvertiti e inespressi si esprimono da sé nel sonno" (p. 42). Il "libro dei sogni" testimonia soprattutto la scoperta, fervida e crucciata nel contempo, di un sistema di procedimenti formali e compositivi capaci di "costruire" degli scenari in cui far rivivere personaggi ed emozioni per meglio coglierne la verità intrinseca. Questo piccolissimo sogno mi serve perfino a giudicare meglio la gente. Ci sono in noi degli intuiti, delle vie psicologiche ignote, e talvolta un sogno può servire a ritrovarli. (p.12) Davvero che l'artista dei sogni sa il suo mestiere. Conosce perfino le piccole astuzie, gli effetti. Ecco che per darmi più forte la sensazione della morte, mette vicino a Kafka, a questo mio caro, cosciente e tragico, lo stupido Filippo S. che pure non vedo mai, a cui non penso mai, ma che impersona !'-umanità incosciente, sazia, tutta presa dai suoi calcoli quotidiani e dai suoi pratici problemi idioti. (p. 42) In Elsa Morante, il pudore orgoglioso per la propria intimità si è sempre accompagnato alla diffidenza ostentata per le elaborazioni astratte, specie se esibite con virtuosismo snobistico. Sin 25
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