CONFRONTI ria a pagamento e il depredaggio dei suoi inetti autori è dipinto con una certaverve, e ci sono momenti in cui la ponderosa narrazione mostra barlumi di vitalità. Ma queste scintille si spengono rapidamente, sotterrate da pagine e pagine di Cazzate di alto livello. Ecco un capoverso tipico: "'Questi sono dunque i messaliani, che alcuni chiamano stratiotici e fibioniti, altri barbeliti, composti di ·naasseani e feminioti. Ma per altri padri della chiesa i barbeliti erano degli gnostici in ritardo...e i loro iniziati chiamavano borboriani gli ilici, e cioè i figli della materia, distinti dagli psichici,_che erano già meglio, e dagli pneumatici che erano proprio gli eletti...Ma forsegli stratioticierano solo gli ilici dei mitraisti.' 'Non è tutto un po' confuso ?' chiese Belbo'.'. Equesto è ciò che passa per un dialogo: "'Dici che sono superficiale?' 'No... quel che altri chiamano profondità è solo un tesseract, un cubo quadrimensionale"'. E questa, vi garantisco, è una scena d'amore: - Amparo, è l'alba. - Siamo matti. -L'aùroradalle dita di rosacroce carezzadolcementeleonde ... - Sì, fai così. È Yemanjà, senti, essa viene. - Fammi dei ludibria. .. - Oh il Tintinnabulum! - Sei la mia Atalanta Fugiens ... - Oh la Turris Babel..." Chiudo qui i miei capi d' accusa. Eco, da navigato postmoderno, è perfettamente consapevole di ogni possibile criticaal suo testo, e ci fa sapere che sa. "Stiamo parlando per sterotipi qui", osserva astutamente uno dei personaggi. "Forse solo la narrativa di consumo ci dà la misura della realtà", sentenzia Belbo. Ed è Eco che ammicca informandoci di giocare volutamente con la forma del romanzo d'appendice. Poiché, da . intellettuale quale è, npn può ignorare che le insulsaggini sono tali, non ha scritto in modo "ingenuo" un romanzo alla lllumina.tus da fine anni Sessanta, ma ha prodotto in versione "sapiente" un romanzo sulla creazione di un pezzo di narrativa da spazzatura trasformandolo poi consapevolmente nella stessa narrativa da spazzatura. Il pendolo di Foucault non è un romanzo. È un computer game. Unmodo per giocarlo è quello di individuare i riferimenti. Aparte Pynchon, Middlemarch e Poe, ci sono quelli.a Il Falcone maltese, I predatori dell'arca perduta, Ghostbusters,llsign.oredeglianelli (Belbo/Bilbo), Via col venJo, The Magus, 007, e a un classico della fantascienza intitolato/ nove miliardi di nomi di Dio. Ci sono anche riferimenti politici al sovversivismo italiano degli anni Settanta, ma, a differenza di Pynchon, Eco non riesce a far funzionare i collegamenti. E, proprio alla fine, nella conclusione di Casaubon ("Ho capito. La certezza che non vi era nulla da capire, questo dovrebbe essere la mia pace e il mio trionfo"), c'è più di un tocco dell'antico poeta giapponese Basho che viaggiò alla fonte della saggezza, il profondo Nord, per imparare che Il non c'era nulla da _ imparare. ., Purtroppo, il viaggio a questa verità è così astruso che è impossibile interessarsi al raggiungimento della.pieta. Questa è una spielbergheria senza l'azione o i colpi di frusta, e se, come minaccia Anthony Burgess sul retro di copertina dell'edizione inglese, "questa è la direzione in cùi sta andando il romanzo europeo", faremmo bene a prendere tutti un autobus nella direzione opposta il _ più presto possibile. Compianto per una lingua Destino tragico e malinconica agonia dello yi'ddish . · Joaquìn Sokolowicz Marek Halter raccontava tempo fa a un intervistatore della televisione: "Sa chimi restaoggiper poterparlareinyiddishcon qualcuno?Soltanto il cardinaleLustiger. Di tanto in tanto ci dianwappuntamentonellaresidenzadell'arcivescovo,inRuede laVille-L'Evèque,per chiacchierareunpo' nellanostravecchia lingua". Ironia del d~stino, peraltro tragico, per quella che fu la lingua di intere popolazioni ebraiche, della maggioranza degli ebrei nel mondo durante un periodo della storia: ricomparire per qualche attimo di nostalgia, con i suoi suoni caldi e con le cadenze gustçse che hanno gli idiomi sorti come dialetti di gente umile, tra mura.appartenenti proprio alla chiesa che diede vita e alimentò per duemila anni quell'espressione specifica di pregiudizio razziale che è l'antisemitismo. Un alto prelato cattolico, nato ebreo e convertito, l'unico interlocutore possibile per Io scrittore sopravvissuto ai "lager" nella lingua che tutti e due parlavano da bambini nei villaggi e ghetti dell'Europa orientale. Si susseguono ora, nel cinquantesimo anniversario dell'inizio della guerra, le pubblicazioni storiche riguardanti quella conflagrazione; sono interpretate circostanze politiche e strategie belliche, si ricordano i disegni imperlai-razzisti di Hitler e le decine di milioni di morti, a cominciare dalle vittime della "soluzione finale" del· nazismo per la "questione ebraica". Manca però, nell'evocazione, l'omaggio a un condannato a morire prima o poi dopo la messa in atto di quel progetto genocida: l'yiddish. "Per oltre cinquesecoli, i pensieri, le emozioni e i sognidi milionidi ebrei(...)sonostatiespressiinquestalingua", annota Abba Eban nella sua Storia del popolo ebraico (edita in Italia da Mondado22 ri nel 1971). E avevano,per la maggior parte le parole di questa lingua le urla e i lamenti dentro i carri bestiame dei treni che attraverso l'Europa portavano ai campi di concentramento, così come anche gli ultimi sospiri nelle camere a gas. Con i sei milioni di ebrei trucidati (un terzo della popolazione ebraica del mondo, all'epoca) è stato seppellito quell'universo umano che oggi storici e critici letterari definiscono ricorrendo a un termine yiddish, la "civiltà dello schtetl" (paesino, borgata). Rimasero a usare il suo marne loschn (linguaggio della mamma -come si dice, invtX:e.di"lingua materna"-) i pochi sopravvissuti delle loro popolazioni distrutte nell'Europa dell'est e la prima generazione degli emigrati da quell'area verso ovest, in maggioranza oltre l'Atlantico, i cui figli e nipoti si esprimevano però nella lingua locale, essendosi integrati nella società in cui erano cresciuti. i "E così, tu sai parlare e scrivere l 'yiddish ... Che bello!": triste, sentirti ammirato perché conosci una lingua che in Italia pare qualcosa di esotico ma che è quella che tu hai udito fin dalla nascita, la prima con cui hai imparato a dire le cose. Triste, ascoltare qualche ebreo italiano c_pesa tutto quello che c'è da sapere a proposito di questa lingua ma non avere nessuno con cui poter semplicemente dialogare usando quei suoni caldi e quelle cadenze gustose. Nemmeno un arcivescovo! Si.trovano lontano, in Argentina, gli ormai pochi capaci di farti rivivete le sensazioni date dalle parole e battute che faceva piacere sentire quando insieme s'era ragazzini. Lontano quel tempo. A Buenos Aires sembrava, allora, che fosse sbarcato tutto un pezzo d'Europa, un
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