IL CONTISTO popolazione queste misure socio-economiche radicali furono presentate non tanto come applicazione della dottrina colletti vista marxista, quanto come misure contro il pericolo della risorgenza del fascismo. Si trattava di misure "preventive", che contenevano un assunto tacito di estrema importanza sul lungo termine: stabilivano l'equazione tra grande-capitale e fascismo. Questa equazione- sostenuta da una sommaria rivisitazione storica del capitalismo tedéscò- è diventata un elemento fondante nell'ideologia DDR. 8. Questa legittimazione originaria del "primo Stato socialista della nazione tedesca'tsi è mantenuta intatta, anzi si è rafforzata con il passare degli anni. Si è sentita confermata sia dall'ostilità della Germania federale capitalista sia dai successi della propria economia socialista. Tutte le obiezioni-e le critiche al sistema, tutti gli inviti ad una maggiore "liberalizzazione" politica e di mercato (avanzate dai socialdemocratici occidentali) furono respinti come ingenui o malevoli tentativi di restaurare il-cap,talismo còn i suoi potenziali fascisti. Insomma, nonostante successivi affinamenti ideologici, l'assunto-base polemico della DDR (di quella "poleinicità" che è la sostanza stessa del politico) rimane il nesso necessario tra capitalismo e fascismo. Di conseguenza la coesistenza di capitalismo e regole democratiche, tipica de.isistemi occidentali, lungi dall 'essere vista come fattore di dinamismo per la democratizzazione, è considerata punto di debolezza, per il pericolo di ricadere nel fascismo. Da qui discende un corollario che si rivelerà fatale per il socialismo reale: l'identificazione della "democrazia vera o socialista" con la lealtà al partito e la mobilitazione d'ordine secondo le sue direttive. Il partito detiene il monopolio non solo del potere, ma delle ragioni e dei fini del suo esercizio. È il pedagogo e il tutore dei cittadini. ,Siamo agli antipodi della concezione della democrazia come insieme di cittadini "adulti", capaci di definire e rappresentare interessi non solo individuali ma collettivi, grazie a regole e garanzie condivise. In concreto tutto questo - lo sappiamo - significa pluralismo politico, partitico e sindacale, elezioni, partecipazione e rappresentanza a tutti i livelli, garanzie sociali elementari ecc. Insomma il lungo eppure essenziale catalogo di quegli strumenti e comportamenti che sintetizziamo con il nome fragile di libertà. Ebbene oggi questo catalogo essenziale è stato riscoperto nella,DDR alla maniera antica: in piazza e il'Iriunioni segregate. E la poderosa c9struzìone ideologica dello Stato pedagogo e tutore è crollata. E difficile prevedere se e quanto si salverà delle sue macerie. Ci potrebbero essere pezzi e materiali ancora riutilizzabili. Forse è crollato anche perché al suo fotemo, dietro alla facciata inossidabile, c'erano forze corrosive con intenti positivi. 9. V~rrei appunto segnalare qui alcuni stimo.li innovatori nella DDR non sul terreno propriamente politico, ma su quello dei processi di legittimazione, riguardanti l'elaborazione del passato nazionalsocialista. • · Per l'ideologia ufficiale DDR non esiste più un problema di quel passato, perché è stato risolto una volta per tutte negli anni fondativi della repubblica- non soltanto tramite severi procedimenti legali contro criminali e complici, ma con l'estirpazione delle cause economiche e sociali del nazismo stesso. L'instaurazione della società socialista è per definizione cancellazione di ogni eredità del nazismo e trasformazione del suo ricordo in costruttive "lezioni sul fascismo". In questa chiave si è pensato di aver dato una risposta anche ai traumi cicatrizzati nella memoria di milioni di uomini, donne e ragazzi travolti o coinvolti in quegli eventi (dagli iscritti e simpatizzanti nazisti ai soldati della Wehrmacht, dagli spettatori 14 passivi di eccidi grandi e piccoli ai cacciati e rifugiati dall'est). Quel buco di angoscia avrebbe dovuto essere riempito dalla massiccia, sistematica diffusione di informazioni positive sulla Resistenza comunista, le sue vittime, i suoi eroi. In questo modo nella Germania protestante si è tentato qualcosa di molto "cattolico". L'adesione alla nuova fede socialista espia l'errore soggettivo dell'adesione all'altra fede (quella nazionalsocialista) o dell'omissione dell'impegno anti-nazista. Un insieme di riti di lealtà verso la nuova società socialista colloca il passato nella giusta prospettiva dell'errore (del ~alo) riparato. Questo procedimento ha davvero pacificato la memoria collettiva? Non· mi si fraintenda: non si tratta di risollevare la questione della "colpa", né in senso giuridico né in senso morale. Per la prima ci sono i giudici, per ia seconda ci sono i confessori (meglio, c'è l'intangibile coscienza del singolo). Mi riferisco a quel tipo di memoria incolpevole eppure complice che la liturgia antifascista ha preteso sanare e ricuperare e che invece non ha mai scalfito. È la memoria di chi all'epoca del nazionalsocialismo viveva nella "norma", in quella "normalità" che oggi ci appare abnorme. I soldati combattenti, i funzionari civili zelanti nel compiere il loro «dovere nazionale", i coloni mandati ad impossessarsi di terre altrui. Ebbene la memoria di costoro non è mai stata ricuperata e superata nel socialismo. È rimasta sofferente e impermeabile e insieme sottilmente inquinante. 10. Di essa si sono accorti alcuni scrittori e cultori della cosiddetta "storia orale". Hanno tentato di entrare in contatto con essa. Da qui la riscoperta e la pubblicazione delle lettere del "soldato qualunque", che non contengono nulla di edificante per l'antifascismo e la costruzione del socialismo, ma al contrario rivelano le ragioni "ovvie" della fedeltà di milioni di uomini al · Fuehrer. Da qui l'intervista ad un ex-SA, diventato in seguito membro della SED, che racconta la sua vita di "tedesco normale", voltagabbana senza particolari traumi, nel segno di un impudente continuismo nel socialismo. Poi ci sono le pagine letterarie più sofferte che fanno la scoperta del "fascismo quotidiano" nella DDR, fatto di prevaricazioné e volgarità dei capetti, degli ideologi, dei delatori di ieri e di oggi. Si scopre con incredulità che non c'è stata autentica soluzione di continuità tra il regime nazista e quello comunista. Si cozza così contro il tabò della correlazione storica diretta tra nazismo e stalinismo, nelle strutture di potere e nella logica di comportamento degli uomini. In prima fila in questo processo di rin:iemorizzazione critica ci sono spesso intellettuali ebrei, che per decenni hanno "dimentica-_ to" fa loro identità ebraica, interamente assorbita in quella della militanza comunista. Meglio di altri, ora, essi sanno decifrare gli indizi che legano il presente al passato. Nell'oppressione di oggi -riscoprono omologie con l'orrore di ieri. Tutto questo è scritto- non sempre tra le righe- in una certa produzione letteraria della DDR. La sua severità fa tutt'uno con la nostalgia per un socialismo mancato, che non sembra aver perso nulla della sua originaria forza d'attrazione. Alla luce di quanto sta accadendo in queste settimane ci si può chiedere retrospettivamente se e quanto abbiano agito, almeno nei gruppi di opposizione giovanili e intellettuali, q1Jestedenunce. Il muoversi prevalenteinente, se non esclusivamente, nella zona franca della letteratura ha esposto molti autori ai rischi del ripiegamento estetico, ascetico. Ma questa era la sola alteft1ativa alla "fuga verso la libertà" in occidente, intrapresa da altri, troppi altri. 11passaggio del confine è sempre stato meno avventuroso per gli intellettuali che per la gente comune. Il Muro co~ì per anni ha funzionato come selettore di espulsione degli elementi intellettualmente più inquieti. Le conseguenze sono state l'o scoraggiamento e l'impoverimento dei potenziali critici interni. Chi è rimasto oggi ha forse la sua rivincita. Ma il processo ché si è messo in moto sta andando ben oltre il segno immaginato.
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