Linea d'ombra - anno VIII - n 45 - gennaio 1990

Fotodi Tomki Nemee (Vu/G. Neri). Com'erano possibili giudizi così antitetici sul più assurdo dei confini interni d'Europa? Perché la sua realtà fisica e simbolica diventava ragione intrinseca del sistema socialista? Senza riandare qui ai motivi internazionali che portarono alla decisione del 1961, basti ricordare che in essa ebbe un posto determinante la necessità di fermare una· fuga di massa non dissimile da quella· dell'estate/autunno 1989. Fu un atto di forza contro i propri cittadini, propiziato da un clima internazionale al limite della guerra. Non a caso alla crisi del Muro fect:ro seguito episodi ancora più minacciosi quali la crisi dei missili a Cuba nel 1962. Poi incredibilmente ci fu una rapida e consis!ente inversione di tendenza che diede inizio- con alti e bassi -alla lunga stagione della distensione. I suoi benefici effetti si fecero sentire anche nella,Germania orientale. Negli anni Settanta l'adattamento deÙà popolazione al sistema e il relativo benessere migliorarono il clima interno al punto che si vociferò di un futuro smantellamento .d~l.Muro. Invece con la ventata innovativa di Gorbaciov il gruppo dmgente honeckeriano si sentì minacciato, fece resistenza passiva, irrigidendo in modo intoller-abile la vita tedesco-orientale, proprio in coincidenza con i cambiamenti in Polonia, in Ungheria e nella stessa Unione sovietica. Poi tutto precipita tra la seconda metà di ottobre e la prima decade di novembre del 1989. Manifestazioni di piazza, cambi ai vertici, ammissioni di errori, timidi passi di democratizzazione pur nel permanere dei vecchi apparati. Nelle Accademie delle scienze di ogni genere e grado si fanno . compunte autocritiche e riabilitazioni (Bloch, Havemann). IL CONTESTO 4. Non sta a noi giudicare la sincerità di tanto zelo da parte di chi - non P.iù di due mesi prima - alle critiche (formulate in modo amichevole da chi scrive) a tutto ciò che ora viene deprecato sulle piazze o nella Vo/kskammer, replicava con i noti sofismi dialettici o cercando la benevola complicità del silenzio. No, non ci interessa giudicare, ma capire che cosa sarà della poderosa costruzione ideologico-politica, entro cui si sono formati (e con cui banno fatto carriera) gli uomini che ora si presentano come "riformatori". Quella costruzione non era solo l'universo mentale dei "dogmatici", dei "c~nservatori" contro cui si scagliano oggi gli oppositori radicali. E anche l'universo delle migliaia di militanti che dichiarano di non voler liquicia[e gli ideali per cui hanno sinceramente lavorato in questi anni. E l'universo della classe tecnico-professionale, più ò meno politicizzata; che ha fatto funzionare l'economia. Gli uni e· gli altri hanno radici nella popolazione· che in questi anni ha oscillato tra rassegnazione, mugugno e orgoglio di chi si è fatto da sé. Non è credibile che tutta . la costruzione ideologica del socialismo tedesco-orientale si dissolva nel nulla. Assisteremo ad un tortuoso processo di selezione di elementi che rimarranno e di altri che saranno buttati. Da qui l '.importanza di cogliere i caratteri di questa ultima "ideologia tedesca" forgiata nel.la DDR. Uno dei suoi tratti peculiari è stato senza dubbio il culto dei confini come segno tangibile della statualità. Controllo del terris torio e alta prestazione produttiva sono stati gli indiçatori misurabili del successo del socialismo. La statualità come capacità di governo_della macchina produttiva· e della distribuzione sociale dei beni prodotti erano e sono l'essenza del socialismo tedescoorientale. Esso assegna allo Stato il ruolo di costante e onnipresente pedagogo e tutore del cittadino. A questa idea è stata . sacrificata la partecipazione politica nel senso della democrazia rappresentativa parlamentare (garantita da meccanismi elettivitrasparenti e plurali e integrata da altre rappresentanze articolate degli interessi). Di più: la statualità dei socialismo tedesco ha tentato di assorbire anche quella appartenynza stòrica e autopercezione collettiva che sintetizziamo nel concetto di "nazione" e della sua storia. Per la verità, lo Stato socialista non ha potuto eludere il riconoscimento di una "nazione tedesca" di appartenenza. Da qui la necessità di riappropriarsi della storia nazionale come precedente positivo cui ricollegarsi. Questo atteggiamento .ha caratterizzato la cultura politica della DDR a partire dagli anni Settanta. C'è stato il ricupero dei personaggi.. più positivi e "progressisti" della storia tedesco-prussiana: da Thomas Muentzer a Federico il Grande. Si è valorizzato tutto ciò che nella storia tedesco-prussiana può essere classificato come modernizzazione, sotto il profilo economico e statuale. In questa riappropriazione era trasparente lo sforzo di dare alla efficienza e alla statualità socialista.una profondità storica, che la sottraesse alle ombre del passato più recente. Con questa operazione la DDR ha precorso e risposto in · anticipo alla riscoperta della "storia nazionale", che nel frattempo ha investito la BRD. Qui storiografia professionale e pubblicistica ripropongono insistentemente i temi della nazione, della patria, della identità tedesca e delle sue radici storiche. Come sottoprodotto, negli anni Ottanta rivive con passione inattesa il dibattito sulla unità della nazione tedesca; che fino a non molto tempo prima era riservata a rituali formule di circostanza. Nella DDR ufficiale si è assistito con irritazione al ritorno del tema dell'unità della nazione. Si è cercato di risponderè alle tesi dell'unica nazione tedesca e della "casa comune europea" con morbidi adattamenti e repliche. Erich Honecker pensò di togliersi d'impaccio proiettando la riunificazione tedesca in una futura evoluzione della Germania federale verso il socialismo! 5. Oggi la situazione è ancora cambiata, anche se è tutt'altro 11

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