Linea d'ombra - anno VIII - n 45 - gennaio 1990

Festadell'Unità (loto di Luigi Baldelli/Contrasto/G. Neri). appartiene a un partito, italiano o bulgaro che sia, ma all'umanità o ai "proletari di tutto il mondo" finché la sua speranza non sarà abbandonata o superata- perché anche quest0 può darsi! . Si può essere soddisfatti della propria storia ii:idividualeo collettiva, ma anche questo non è un buon motore per il cambiamento, una buona disposizione per l'analisi dello stato di cose presenti, che pare ancora aver molto bisogno di un movimento che le abbatta. · Se si coglie il senso, la vita del nome e non la storia, non è nemmeno più necessario o opportuno pensare alla sua difesa o al . suo rilancio. Questo si può proporre in altri momenti: in quei momenti in cui può seinbrare che la pesante storia sia ferma e i pensieri leggeri dei filosofi siano tutto un fermento. Quando la storia è di nuovo in movimento e si aprono frontiere, si liberano coscienze, si mettono in moto entusiasmi, si può sinceramente non aver bisogno di vecchie bandiere: non c'è niente di male se rischiano di restare sepolte tra le macerie dei muri abbattuti. · Il fatto è che siè molto più lontani da Praga o Berlino di quanto non si voglia ammettere. Così come ieri si era più tranquillamente vicini al socialismo reale contro la lettera e lo spirito dei documenti del dissenso e dello strappo. La novità e la verità sta nella "rivoluzione" .e nella tensione politica• che attraversa i paesi e i popoli dell'est europeo, nella difficoltà di interpretare e condividere un momento e un movimento eccezionale che attraversa la storia e la coscienza di molti distanti e sconosciuti (compagni?); e la difficoltà è dovuta per davvero ancora una volta alla "diversità italiana", ma nel senso dell'insufficienza di impegno e dell'inadeguatezza di analisi che caratterizza la cultura e l'attività politica della sinistra nostrana. È obbligatoria una rifondazione radicale, forse non limitandosi a voltare pagina ma arrivando a cambiare il IL CONTESTO libro, ma "possiamo e vogliamo per davvero viverla?", sembrano chiedersi in molti. • E ripiegare sulle tradizioni e sui simboli da non perdere è una difesa istintiva che tradisce una consapevol~ rilassatezza e sfiducia. Forse è preferibile "il trauma" e la discussione sul passato piuttosto che affrontare il "salto nel buio" di un futuro per nulla obbligato. Si rischierebbe magari di verificare che l'attività e l'impegno politico- quello sentimentale - è diventato impossibile o peggio indesiderabile. Perso anche il nome, il simbolo cui affidare la statica e comoda tesaurizzazione di una identità, "non si corre il rischio di ritrovarsi nudi e per di più lontani dalla mèta?", potrebbe pensare più di un iscritto e di un lettore. E potrebbe infatti aver già scoperto come la loro attuale militanza sia assorbita dal gioco condominiale delle amministrazioni, giù giù fino al minimalismo dei propri comodi di quartiere - sempre più nell'accezione di appartamento. Oppure come il dibattito sulla qualità obesa della vita abbia sostituito quello sui bisogni della (povera) gente si consumi nella ricerca febbrile dei compromessi centristi e delle posizioni intermedie: sui giovani e le donne, sulla droga e l'ecologia, sulla corruzione e la stupidità, ma più propriamente e concretamente - per quanto attiene alla Base - sulle aiuole e le siringhe, l'infonnagiovani e i telefoni rosa, le raccomandazioni e le competenze. Non c'è niente di male in tutto questo, ma può non bastare più o può assuefare del tutto. In entrambi i casi il rischio vero è che gli entusiasmi siano destinati a restare al di là del muro. Da quest'altra parte la Coop potrebbe anche rispondere come il municipio di Berlino Ovest. Offrire buoni sconto su tutta la mercanzia e: "buoni acquisti, compagni!". 9

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