Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

C I N E M A· UNO SCOMODO REGISTAPOLACCO INCONTROCON KRZYSZTOFKIESLOWSKI a curadi MarinaFabbri Dopoavervisto il Decalogo ho notatounoscartoevidenterispettoaifilm precedenti.C'è nel Decalogo unamaggiorconcentrazionesuipersonaggi, unritmopiù distesorispettoalla concitazionedei tu.oiprimifilm. Il criticoPlazeski ha scrittoche si riflette in questaevoluzioneilfenomeno dellaprivatizzazionedell'arte:dallarealtàesternaall'individuo.Comeè cambiato il tuo cinemaoggi e quanto ha influito l'incontro conPiesiewicz? Penso che sia no.rmalecambiare, che la realtà cambi. Ogni giornoci immergiamo in un fiumediverso. Ogni incontro lascia dei segni nella nostra vita, e per me l'incontro conPiesiewiczha significatomoltissimo,manonpensoche abbiamodificatolamia visionedelle cose. Privatizzazione?Sì, si tratta di una buona definizione,ma non sono sicuro che si tratti proprio di questo. Si tratta piuttosto di un percorsoche va dall'osservazione dei rapporti tra le persone all'osservazione dei rapporti all'interno dellepersone.E il ritmoè legatoalle tensioni.Negliultimianni i miei personaggivivono delle tensioniinterne, hannoproblemicon se stessi; prima raccontavo più tensioni tra persone, tra gruppi, tra personee politica, tra persone e i movimenti socialiche guidano le lorovite.Quandoosservilagentecomemassatuttosi fa più fervido; sepoi si trattadi implicazionisocialie politiche,ciòche vedi è più lacerato, il personaggiodipende più dagli altri che da se stesso.Oggi osservo solo due o tre personaggi e i loro problemi fondamentali,equestoportaaunraccontopiùpacato,piùconcentrato. Unelementoricorrentein tutti i tuoifilm è il disorientamentodeiprotagonisti.Raccontisemprestoriedi smarrimenti,diper- . ditadipunti di riferimento,chenel Decalogo arrivanoa trasformarsi in "peccali". Pensocheingeneralesiamotuttiunpo' disorientati,aprescinderedadove viviamo.Forse inPolonia lo siamodi piùper via dei problemiche in Occidentenon avetepiù da tempo:problemipolitici, di comportamento,di sopravvivenzaquotidiana La gente si sentepersa.Non è unamiascelta, né speculosu nulla Non conosco strademigliori che quelladella sincerità,della fedeltàa se stessi.Cioèraccontarequellochevuoi raccontare.Unavoltapuoi esseredi moda, la volta dopo non più, ma hai sempreuna possibilità, che un certo numerodi persone si riconoscanel tuo modo di sentire.Vuol dire che hai colto il tuo tempo, hai centratouno statod'animo, il "clima", qualcosache è difficiledefinirema che senzadubbioesiste. Si puòpersino arrivare in anticipo.Prima di fareun filmnonmi chiedochecosava di moda,mariflettosu che cosa succederàdomani, tra un anno, tra due anni. Se nell'85 ho l'impressione che ci sia un crollodei valori politici, come un disorientamentonella sferadellapolitica, forsene sonoconsapevole primadi tanta altra gente che nel mio paese pensa di poter ancora farequalcosa,mentre iopensoche nonci siapiù nullada fare. Così faccio un film in cui la politica "non c'è più", e quando lo finiscosuccedeche lapoliticanonesistapiù. È questoil mioragionamento:dare la prioritàa ciò che ci interessa'personalmente, nello stesso tempo usando antenneadatte a captareciò che potrà succedere. Il tuocinemaè abbastanzacamerale,soprattutto Decalogo. In ciò ha avuto un ruolo il teatro,visto che hai avutoanche una breveesperienzacomeregistadi teatro, hai studiatoin unascuola teatralee hai anchescrittounariduzione teatraledal tuodocumentario Curriculumvitae? Il teatroè stato-importanteperme molti anni fa, all'inizio della mia carriera, mi ha stimolato,mi ha indicato la strada dell'arte, della passione, della necessità di esprimersi. Il mio incontro con il teatroè stato casuale,ho studiato in una scuolateatralema non regia, bensì scenografia.Per me è stata la prima possibilità chemi ha offerto la vita di lasciaretracce. Il Decalogo lo ritengo più cameraleche teatrale. Il teatro ha una sua convenzione precisa; i mieifilmnon seguononessunaconvenzione.Di frontea un film, ti sembradi entrarenellavitadi qualcuno,osservila suaesistenza, come reagisce alle situazioni difficili... E dalpunto di vistadel lavorocon gli attori com'è stata l'esperienzadel teatro e com'è quella nel cinema?Ci sono analogie o influssireciproci? Non credo si possa parlaredi influenzadel lavoro in teatro su quellocinematografico. Mi sembra che gli attori sulla scena cerèhino di mostraredei sentimenti,di mostrare la vita di altre persone.Nel cinema sono quellepersone. Per quantoriguarda il lavorocon gli attori sul set, non faccio quasi mai prove prima delle riprese.Spiegol'essenziale dei ruoli; senecessario,suggerisco dei toni.Spiego,invece,qualisonoimieiobiettivigenerali,di che cosasi trattae nonchecosadevonofare: l'importantenonè ilruolo ma l'idea generale che voglio esprimere. Dopo, poiché non suggeriscomai come recitare, sono curioso di che cosa mi propongono,delle loro reazioni. Mi interessaaspettareproposteche a voltesonodiversedallemie, spessomigliori,più sagge,più profonde.Questosuccede soltantose si lascia l'attore liberodi essere se stesso, cli utilizzarequelloche ha dentroe non solo il mestiere, se lo si lascia attingerealle sue esperienze personali, alla sua tristezza,alla sua paura, ecc.. Per dare questa libertà, non posso parlare all'attore del personaggio,ma di ciò che abbiamo in comune,che ci unisce, delladirezioneverso cui, in quel momento, camminiamoinsieme.Nonè solouno strumentoo unamarionetta. Le suecapacitàdi professionista,che sapiangereo riderèo far smorfiee gesti megliodi ogni altro, sono un aspetto importante, 91

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