vicende. Oggi, una "costituente della sinistra" non può avere come interlocutori privilegiati i soggetti politici: questi ultimi sono - e giustamente - gelosissimi della propria autonomia (e penso, in particolare, alle diverse aggregazioni verdi); e sarebbe scarsamente produttivo (oltre che culturalmente desolante) affidarsi a ipotetiche componenti interne a partiti come la Dc e il Psi. D'altra parte, anche le maggiori associazioni nazionali (come la "laica" Arei e le "cattoliche" Acli) sono vincolate a complesse lealtà multi-partitiche, che le rendono indisponibili a processi di radicale ridefinizione e ricollocazione politica. Diventa, dunque, scelta obbligata (provvidenzialmente obbligata) rivolgersi a quanti agiscono nel sociale, agli attori non formalizzati come soggetti politici, alle aggregazioni del volontariato, dell'associazionismo civico e solidaristico, del sindacalismo extra-confederale. Dunque, a tutti i cittadini che mettono in discussione "autorità e competenza a decidere della pubblica amministrazione": e, poi; "la decentralizzazione di istituzioni amministrative, che spesso serve a eludere le domande sociali, stornandole alle istituzioni periferiche; il pubblico interesse forgiato dai partiti politici durante le campagne elettorali; i tradizionali canali di rappresentazione che sono monopolizzati dai partiti politici; le politiche particolaristiche che sono 'coperte' dall'egida universalistica del welfare state; il neocorporativismo che implica spesso gravi imposizioni fiscali" (3). Intorno a tali questioni e ad altre ancora (vertenze sulle identità etniche e sulle culture locali, sull'autodeterminazione dei tempi di vita e delle forme di relazione, sul riconoscimento delle differenze sessuali e degli stili di comportamento privato, sul diritto alla riservatezza); e intorno a conflitti di valore (su tematiche come la salute, la vecchiaia, l'inabilità, l'aborto, l'eutanasia, l'ingegneria genetica) cresce la partecipazione e, in qualche caso, la mobilitazione della società civile. Tale mobilitazione va, innanzitutto, rispettata e - se necessario - "protetta" da prevaricazioni e interferenze. E, dunque, il Pci (e chiunque altro, beninteso) deve guardarsi dalla tentazione di assumere, sussumere o annettere (e dai vari sinonimi, come egemonizzare,mediare,organizzare,sintetizzare.politicizzare e quant' altri ...) ciò che si muove nel corpo sociale e nei mondi ILCONTESTO vitali. Perché ciò non avvenga sono necessari due requisiti: a) un ripensamento globale e radicale della teoria e della prassi del partito di massa: e non solo di quel centralismo democratico che ne costituisce una variante tecnica di particolare successo; b) un 'autoriduzione del ruolo del partito e un "dimagrimento" della sua organizzazione, del suo apparato e delle sue prerogative. Quanto prima detto a proposito della necessità di investire altrove le proprie energie va, dunque, collegato a una opzione essenziale: l'elaborazione di una teoria della moderna organizzazione federativa, fondata sulla pari dignità tra partito politico e altri soggetti e su un sistema di rapporti tendenzialmente ugualitari tra attori di differente collocazione e ruolo. Questo comporta la riduzione del partito a una funzione, appunto, di parte: un partito leggero, flessibile, tendenzialmente minimo, che non surroga, non tutela, non supplisce. (4) Un partito che muove dalla consapevolezza della rigorosa, e inconciliabile, divisione dei compiti tra attori politici e attori sociali; e che (mentre affina e, possibilmente, rende più produttive le competenze destinate alle sedi politicoistituzionali) "si mette a disposizione" della società civile: si trasforma, pertanto, in agenzia di servizi che fornisce risorse e mezzi, esperienza e professionalità alle domande elaborate dagli individui e dai gruppi. La mia è - palesemente e intenzionalmente - una ipotesi destabilizzante, il cui esito si presenta incerto. Di più: si tratta di una prospettiva ad alto rischio. Ma ci sono alternative decenti a questa "vita spericolata"? 10-19 novembre 1989 Note 1) Iref, Rapporto sull'associazionismo sociale, Franco Angeli 1988 2) D'altra parte, non va dimenticato che permane, nelle società avanzate, il conflitto industriale e che - per renderlo più produttivo e restituirgli un ruolo, oggi in accelerato declino - molto è necessario lavorare, organizzare, elaborare. 3) Carlo Carboni, "Cittadinanza sociale, classi e movimenti", in Carboni (acuradi) Classi emovimenti in Italia 1970-/985, Laterza 1986. 4) Basti pensare ai terribili guasti prodotti dalla supplenza svolta (e dal tutoraggio assicurato) dal Pci nei confronti dell'autorità giudiziaria. Prendetevi la città Considerazioni poco allegre sulle elezioni nella capitale Marino Sinibaldi Se c'è una cosa desolante quasi quanto l'esito delle elezioni a Roma, è lo stupore scandalizzato del residuo popolo di sinistra. È vero: su tre persone che passano, su tre vicini di casa, su tre colleghi di lavoro, uno ha democraticamente votato per la DC di Giubilo e Sbardella (e Andreotti, naturalmente). Ma davvero qualcuno pensava che per rovesciare un sistema di potere così ramificato e funzionale come quello democristiano o parademocristiano o neodemocristiano bastasse uno scandaletto come l'affare delle mense scolastiche? Davvero nella capitale di un paese dove democristiani e alleati dei democristiani governano anche quando finiscono in galera, o nelle liste della P2, nei dintorni della Cupola e della Piovra, potevano bastare un paio di appalti truccati? In realtà il senso di delusione prevalente a sinistra è la prova di un persistente, continuato errore di prospettive, di valutazione, di comprensione; è conseguenza di quelli che sono ormai i principali difetti di quella cultura (chiamiamola come vogliamo: di sinistra o solo critica o di alternativa, d'opposizione, eccetera eccetera): mancanza,di sensodella realtà e assenzadi memoriastorica. L'assenza di memoria storica mi sembra clamorosa: a Roma non è accaduto nulla di sorprendente a paragone di quegli anni, o solo mesi o giorni forse, a metà degli anni Settanta quando la DC · sembrava letteralmente sparire, un intero sistema di potere e di gestione del potere pareva disgregarsi, l'alternativa- la confusa e in verità inesistente alternativa di comunisti berlingueriani, socialisti già precraxiani, ex estremisti in via di conversione - dietro l'angolo. Sappiamo come finì: non solo la DC resistette bene, ma in soccorso alla trincea democristiana arrivarono i suoi possibili espugnatori. Il rientro nei ranghi, il ritorno all'ordine cominciò nella società ben prima che gli intellettuali se ne accorges7
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