Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

MUSICA tà, il rhythm'n'blues. E per quanto riguarda la parte verbale, l'oratoria, i giochi di parole, i dozens e signifin' con cui si sfidavano i ragazzi nel ghetto. "Storie improvvisate in versi, cariche di riferimenti mitici e metaforici all'esperienza afroamericana", spiega Sandro Portelli: "La tradizione da cui provengono i maestri della black comedy contemporanea, da Dick Gregory a Richard Pryor a Eddie Murphy". Tradizione e avanguardia. Capacità di riassumere il conflitto e la resistenza nella metropoli, e ancor più capacità di essere uno dei metalinguaggi più forti per la descrizione della frammentarietà e del pastiche postmoderno. Contro le letture correnti del postmoderno come fine dei conflitti, contro' le nostalgie antitecnologiche del rock indipendente, la cultura hip hop rappresenta esattamente il conflitto (e il suo fascino) dentro la società postmoderna. Sarebbe poco esatto e romantico, tuttavia, sostenere che il rap sia la voce incontaminata del ghetto contro le manipolazioni delle case discografiche. Sarebbe altrettanto stupido, d' altra parte, sostenere il contrario. Il rap ha subito processi di manipolazione, e continua a farlo, ma non più della media delle musiche pop. Non è questo, bisogna sottolinearlo con forza, il centro del conflitto. Non la commercializzazione e lo snaturamento di un fenomeno, ma la capacità di cogliere i processi di ricostruzione dell'identità e del conflitto in un mondo di merci e logo pubblicitari. I rapper si sono appropriati di simboli di moda e abbigliamenti sportivi, contro tutte le regole del copyright, allo stesso modo in cui si sono appropriati dei vecchi dischi. Ei;primono una cultura che mette assieme la ambigua rivolta della mobilità sociale col moralismo di Malcom X e del ritorno dell'Africa. Tra queste due posizioni non c'è una vera e propria battaglia politica, quanto piuttosto una sovrapposizione, un rumore, in termini di comunicazione che rappresenta oggi paradossalmente il più forte messaggio della cultura hip hop. La nuova scuola Attorno alla metà degli anni ottanta l'avventura discografica e cinematografica della prima cultura hip hop finisce male, lungo i binari della banalizzazione e dell'exploitation. Un po' per razzismo, un po' per incapacità, l'industria discografica non si dimostra in grado di comprendere il fenomeno. Solo di banalizzarlo. Sull'onda di film come Wild Style, Hollywood produce film bruttini di serie B sulla cultura hip hop (Break dance, Electric Boogaloo), piccoli melodrammi adolescenziali più vicini a Flashdance che a Shaft. I graffitisti, coccolati dall'establishmènt artistico per un po', vengono abbandonati al loro destino. Chi non è morto sotto una metropolitana, muore di overdose e di noia (è la storia di Basquiat). Dall'85-86, sarà la cosiddetta nuova scuola a riportare il rap al centro della musica afroamericana, e questa volta anche in cima alle classifiche di vendita. All'avanguardia sono ora i gruppi della Def Jam di New York, come Cool J., Public Enemy, Run Dmc. Ma il rap nel corso degli anni è diventato un fenomeno complesso, un linguaggio e una pratica che è uscita dal ghetto fino a raggiungere mezzo mondo: break-dance in Urss e in Cina e scratch a Londra, Roma, un po' dovunque. Sono accadute molte cose, dai tempi del Bronx. Attraverso l'uso degli strumenti campionatori, i d.j. hanno aggiunto nuove armi alla loro sfida tecnologica. Ora alla pratica dello scratch si aggiunge la possibilità di lavorare su un complesso tessuto sonoro ad incastri, fatto di loop, sequencer, voci rubate un po' dovunque. Il nuovo rap attraverso la diffusione a macchia del fenomeno, nelle grandi metropoli Usa e in parte in Inghilterra sottolinea una volta di più le sue caratteristiche di cultura postmetropolitana, laddove l'identità è sempre meno legata al territorio e sempre più alla capacità di costruire sistemi di appartenenza. "Manhattan, Brooklyn, Long Island, Tue Bronx", elencano Eric B. e Rakim nei loro saluti alle posse di New York, alla fine di The R. A questo si aggiungono imeccanismi dello star system discografico: il rap va in classifica, è un ingrediente ?fondamentale della black music, flirta indifferentemente con il jazz di Brooklyn e lo swingsoul di Bobby Brown. Accoglie in sé i meccanismi e i gesti della militanza politica. I Public Enemy citano le Black Panthers, i Black Muslims, il nazionalismo culturale, in una ricerca del rumore e dell'attacco a tutti i costi. Rappers come Roxanne Shante, Salt'n' Pepa, ci aggiungono la tradizione femminista di lunga durata dei girls groups. La nuova scuola rap ha messo da parte i giochi di abilità dei d.j. - i suoi campionamenti appartengono in gran parte alla tradizione del soul funky: James Brown, Kool and the Gang, Bobby Byrd. Soprattutto la qualità delle produzioni di questo genere diventa straordinariamente minimale, basata spesso soltanto sulla batteria elettronica, le voci, e pochi semplici frammenti campionati. Si insiste piuttosto sull'impano complessivo, sul messaggio, sulla qualità discografica del rap. Eric B. e Rakin usano un rap lento e seducente, i Run Dmc sperimentano la fusione con l'impatto del rock e dell'heavy metal, la scuola di Los Angeles (Ice T, Eazy E, Nigger with Attitude) gioca soprattutto sulla violenza e sull'iperrealismo delle performance, spesso legate con qualche compiacimento alla guerra per bande di quella città (fondamentale a questo proposito l'intera colonna sonora di Colors, il film di Dennis Hopper). Esiste un rap dalle cadenze pop: Cool J. è maestro in questo, le Salt'n' Pepa e D.J. Jazzy Jeff hanno venduto grandi quantità di dischi. I rappers, infine, prestano la voce alle complicate ragnatele ritmiche della house music: così il cosiddetto stile hiphouse di Kool Rock Steady o Mc Merlin. Più recentemente il rap sembra aver ritrovato quell'eclettismo che era proprio dei suoi inizi, attutendo di molto certo separatismo culturale della sua ala oltranzista. De La Coal e Digital Underground sono capaci di campionare per le proprie basi ritmiche le canzonette più strane e costruire buffe cosmogonie f.antascentifiche o da serie di cartoni animati. C'è una tradizione anche in questo: quella del P-Funk degli anni settanta di George Clinton e dei Funkadelic. Interpretando da parte loro questa uscita dai luoghi comuni della cultura hip hop, i gruppi di New York, Public Enemy in testa, si sono impegnati nel progetto Stop the violence, un tentativo, di nuovo, di fermare la guerra tra bande che ha da sempre il centro di gravità attorno al quale nel bene e nel male la cultura hip hop ha ondeggiato fin qui. Comune di San Casciano in V al di Pesa Regione Toscana Provincia di Firenze Wabco Westinghouse S.p.A. Il racconto del nostro presente Storie e immagini ispirateda San Casciano in Val di Pesa Un libro Racconti Giuliano Scabia Gianni Celati Giorgio Van Straten Fotografie Luigi Ghirri Gabriele Basilico George Tatge Postfazione Carlo Bertelli Edizioni Alinari In mostra L. 35.ooo' Una mostra San Casciano in Val di Pesa Chiostro delle Benedettine 22 dicembre 1989 7 gennaio 1990 Informazioni 055/8229920 87

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