Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

TEATRO Medea per la Fenice in una ospitale villa veneta, lo raggiunsi là, più e più volte, per parlargli di Comment e' est. L'idea lo intrigava e gli bastò ascoltare un nastro di Trifirò e confrontarlo con la sua viva voce, per entrare nel progetto e nel corso di una notte riempire fogli di disegni e di piani: vedeva l'interprete su una macchina, al centro della scena, tramonitor, amplificatori e registratori, che dessero più livelli d'immagine e di suono a questa messinscena della sola prima parte, per la durata di un'ora, mentre sullo sfondo, per tutta l' apertura e per tutto il tempo, sarebbe passato il fùm di un paesaggio in movimento, da tiprendere da un'altra macchina sull'autostrada. Lo spettacolo fu inserito nel cartellone '82-83 del Centro di Pontedera, ma non entrò mai nella fase operativa, finendo cancellato dal sogno utopico e mastodontico di Civil Wars, che avrebbe completamente assorbito il regista americano fino alle Olimpiadi di Los Angeles. Era una prova estrema di fedeltà allo spirito di colui che aveva scritto di non essere fatto per il successo, ma per il fallimento. Neppure il video sarebbe arrivato in porto, ma per motivi finanziari. Defmita la sceneggiatura e il piano delle inquadrature, lo studio di produzione fu costretto a rivedere i preventivi (e noi la nostra decisione) per consentire l'opzione qualitativa dell'operatore, intenzionato a girare in 35 mm. e b/ n e convertire solo in seguito la copia in video, col risultato di una spesa cinque volte superiòre a quella già predisposta. La scena era stata spostata decisamente nel quotidiano, ossia nel mio studio, con Trifirò seduto al mio posto di lavoro, al tavolo ingombro di volumi e di carte, mentre altri volumi avrebbero dovuto occhieggiare alle sue spalle, nelle librerie laccate di nero e chiuse da vetri. Ma il personaggio non sarebbe mai apparso per intero alla "camera" che, rimanendo fissa, avrebbe bloccato, fotogramma per fotogramma, dei particolari del suo sembiante, la bocca, un orecchio, i capelli, la nuca, l'altro orecchio, delle dita tambuBillie Whitelaw e Beckett provano Passi (foto di J. Haynes, Londra 19791. 80 rellanti, un occhio, un dito su una guancia, il naso, un sopracciglio, eccetera, cambiando di primo piano a ogni pausa di scansione tra i successivi versetti del testo. L'immagine ricomposta del soggetto non la si sarebbe mai dovuta vedere in diretta, ma solo per rifrazione, specchiata nei vetri delle librerie o su un'altra superficie liscia, oppure davanti a lui, su un monitor dove si proiettava un altro video, in una riedizione - con mezzo mutato - dell'Ultimo nastro di Krapp: era questo uno dei termini di riferimento, insieme alle foto soprattutto di Beckett che dovevano apparire sul tavolo, guardate con un binocolo dall'io narrante (o perlomeno parlante, anche se mai in sincrono), o da lui presi di mira con una telecamera o una macchina fotografica. Si voleva ribadire così la sensazione della presenza dell'autore dentro al testo, anche se deformata dalle angolazioni e dalla messa a fuoco, oltre a moltiplicarne le personificazioni e successive rappresentazioni, dal personaggio all'autore del video, all'interprete con la sua giovinezza spiazzante rispetto alla tradizione beckettiana. Si può da qui già anticipare quale sarebbe stata la mia linea, quando Federico Tiezzi, un giorno, mi chiese un consiglio per il Beckett che intendeva realizzare. A Giornifelici, su cui era orientato, contrapposi, assieme aComment e' est, alcuni degli ultimi brevi testi. DiComment e' est dissi quello che penso: che è il punto d'arrivo di un'opera letteraria e la storia del mondo, che è teatro per sua natura, ma per diventare teatro sul palcoscenico avrebbe dovuto essere reinventato completamente. Una volta che mi trovai impegnato a preparare il testo per lo spettacolo, sa~ pevo"che non mi toccava né un adattamento né una riduzione scenica, ma semplicemente la messa a punto verbale di un originale teatrale già esistente; che non avrei dovuto modificare neanche una parola, né aggiungerne; ma toglierne sì, perché stavolta non ci si sarebbe potuti accontentare di esprimere impressionisticamente una situazione, ma bisognava affrontare e sviscerare il testo nella sua complessità strutturale. Prenderne l'integrità del disegno, e procedere agli alleggerimenti interni d 'obbli-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==