Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

TEATRO nico di acquistare diversità e profondità, come mostrano i cambiamenti realizzati dagli attori. Il "paesaggio" di Finale dipartita diventa trasparente come una sezione geologica. Si inizia con una parte provata recentemente. Dall'orchestra, senza intervenire, Beckettsegue per qualche minuto il gioco ancora incerto. All'improvviso si precipita verso la ribalta: "No, non va, è un cattivo lavoro." Sale in scena dalla scala laterale. "Stiamo procedendo troppo in fretta; soltanto l'inizio· funziona, più o meno ..." Nonostante tutto, sembra scusarsi con gli afrori contriti. Che chiedono un week-end prolungato per studiare il testo. "Quattro ore al giorno di studio del testo, e l' ammirazione che le porto avrà fine", replica Schroder. Ci si lascia ridendo, riconciliati. Sabato 26 agosto Prova con la Genest e Wemer Stock. Ancora difficoltà con i bidoni provvis~ri. Fissati malamente all'impianto della scena, rischiano di rovesciarsi. Si lavora con prudenza. È incredibile quante sfumature sottili Beckett scopra nella dizione e nel gioco scenico quando il dialogo, di una durata di pochi minuti, si svolge tra due personaggi immobili- due teste, pressoché immobili- in un'atmosfera dominata dalla monotonia. Impiega una tecnica da orologiaio. La "messa a punto" ha la precisione di un ingranaggio: piccole rotelle devono ingranarsi le une nelle altre. In ciò che è stato elaborato finora, Beckett precisa differenziazioni e armonizzazioni. Qualche esempio: emergono le mani, separate da una distanza precisa, disposte simmetricamente sul bordo dei bidoni, dove restano immobili tranne quando hanno una funzione precisa nel gioco, come la mano destra di Nagg nell'episodio del biscotto o la mano sinistra di Nell nel gioco con Clov prima della sua "uscita di scena". Così, il pubblico deve vedere il biscotto soltanto quando viene a "giocare" un ruolo attivo. Quindi la camicia di Nagg deve essere fornita di una tasca che possa contenere il biscotto. Beckett trova un'eco nel movimento: invece di piangere, Nell distoglie leggermente la testa per esprimere la sua emozione. Dopo "un tempo" (Beckett ama questa parola), Nagg ripete lo stesso gesto prima di chiedere: "Piangi ancora?" "Piange." "Dunque è vivo" (commenta Hamm a proposito di Nagg). Stock interviene precisando che questa frase è quella che preferisce. ·ci si mette a chiacchierare. "Nell'opera si piange tre volte", spiega Beckett, "a ognuno la sua lacrima". È un caso? chiede qualcuno tanto per dire qualcosa. Beckett risponde perentorio: "No, in Finale di partita niente è causale, tutto è costruito su analogie e ripetizioni." Sembra che le sue spiegazioni siano sempre definitive. È difficile poter discutere. La Genest ci prova, ponendo una domanda suggestiva: "Ma Nell muore?" Beckett prende tempo, si nasconde dietro un sorriso e finge un'ironica incompetenza: "Sembrerebbe, ma nessuno lo sa." La gag di Nagg con i pantaloni. Beckett spiega l'analogia. "Esattamente come Harnm, Nagg articola il suo racconto con tre voci che deve differenziare chiaramente." In Hamm si alternano la voce del narratore, la sua e quella del mendicante; in Nagg, la voce del narratore, quella del cliente e quella del sarto. Questa concordanza, l'eco, devono risultare chiare al pubblico. E come in Hamm, gli sguardi devono sottolineare i cambiamenti dei "ruoli". "Il cliente sta in piedi, il sarto in ginocchio." Stock è un attore scrupoloso che entra spontaneamente in sintonia con il razionalismo analitico di Beckett e la sua passione per la struttura e la composizione. Accetta immediatamente quando Beckett desidera introdurre nel gioco una sottigliezza ulteriore; per esempio, i movimenti che nella storia dei pantaloni si oppongono alla logica del discorso diretto.,Le tre domande del cliente, sempre più infuriato, sono contrastate dalle tre risposte del sarto sempre più irritato. "Vi prego," dice Beckett, "un solo gesto per la gente e per i pantaloni." Il movimento della mano e lo sguardo suggeriscono le cose che si trovano a sinistra e a destra del bidone. Stock si interrompe quando gli capita di essere inesatto. In caso di necessità, Beckett fa il suggeritore. Sorride, con il suo sorriso da maschera, sembra molto soddisfatto. "Questo va molto bene." Dall'inizio delle prove, è il primo complimento che gli esce dalla bocca. Lunedì 28 agosto Per interiorizzare il gioco, Beckett ha già proposto una serie di semplificazioni. Pensa che molti dei dettagli indicati dalle didascalie - per 78 esempio il coinvolgimento del pubblico o il pallore e il rossore dei volti- siano superflui e distraggano l'attenzione dall'essenziale del dramma. Ci si interroga sull'utilità del plaid che copre le gambe paralizzate di Harnm. "Forse non ci serve," pensa Beckett. Schroder non è d'accordo. In ogni caso vuole legarsi le cosce con una cintura per provare fisicamente l'immobilità del paralitico, lasciando libero soltanto il tronco. Ora si passa al monologo di Harnm. Schroder ci ha lavorato durante il week-end. Non c'è niente di più difficile della memorizzazione di questo "grande" monologo concentrato, il cui contenuto non è altro che la debole eco di un dramma accaduto tanto tempo prima, e una successione di allusioni oscure. Beckett vuole abbandonare il gioco scenico con il fazzoletto grigio (non ha più le macchie di sangue della prima versione), che ormai appare due volte soltanto: all'inizio e alla fine dell'opera. Qualcuno si avventura a chiedere se il fazzoletto non rappresenti il sipario. Riceve in risposta un "sì" scontroso. Beckett modifica in qualche· punto il testo tedesco, per ottenere nuovi effetti d'eco. La frase "Dagegen ist kein Kraut gewachsen" diventa "Dagegen gibt es kein Mittef' e "lebensliinglich" diventa "das ganze Leben". Beckett sollecita di nuovo una "tensione interiore." Per fare un esempio, pronuncia qualche frase, condensa la voce in un mormorio irritato, pieno di disprezzo e disgusto, e dice: "Uscivano da ogni parte." L' impegno di Schroder è totale. La sua immagine di Hamm accentua il carattere comico del ruolo. Quando s'impenna invano, è trattenuto dal peso delle gambe paralizzate; accenna un gesto d'impotenza, di paura, e infine un gesto con cui implora, impaziente, la fine. Tutto ciò costituisce il riflesso ironico di un'entrata in scena classica, la parodia di un Hamm invecchiato. Beckett si avvicina a Schroder e·gli appoggia leggermente una mano sulle spalle. "Stanco?". Il gesto di gratitudine dura pochi secondi, poiBeckett si volta rapidamente. "Dobbiamo attenuare tutto, deve diventare molto semplice grazie a movimenti precisi e smisurati." "Gli attori sono come dei bambini generosi", dice Schroder, ''vogliono dare tutto subito, ed è un errore. Infatti andranno solo in purgatorio, e poi diritti in paradiso." Martedì 29 agosto Prova in scena, di sera, senza convinzione, atmosfera un po' tesa. Gli attori lavorano senza il testo. La suggeritrice deve intervenire continua-- mente. "Non-c'è-più-pappa". Beckett è insoddisfatto. "Mi sembra che l 'effetto della presa di distanza non funzioni." Allora si prova a dire la frase normalmente. Per Beckett è ancora peggio. La vuole più avvelenata. In nome della sua esperienza di teatro, Schroder obbietta: le frasi importanti devono essere pronunciate nel modo più semplice affinché rimangano impresse nella memoria del pubblico. Beckett guarda davanti a sé borbottando. Insiste: "Dev'essere più accentuato." Per quanto riguarda l'accentuazione e i tempi, l'orecchio di Beckett è un vero sismografo. "A questo punto, più in fretta," dice con tono ~- coraggiante, precisando il ritmo con un toc-toc-toc. Un esempio significativo: il dialogo tra Hamm e Clov, dopo il loro giro del mondo (quarta sezione). Hamm esige di essere ricondotto al proprio posto. "È il mio posto?", chiede con ansia, "sono proprio al centro?" (commento ironico della regia: Hamm non è al centro). "A questo punto," interrompe Beckett, "non bisogna essere logici". In un modo altrettanto "irrealista", al ritmo rapido delle repliche, intervallato da due brevi pause inserite con precisione, devono corrispondere i piccoli calci stizzosi che Clov assesta alla sedia a rotelle, fingendo di correggere la posizione di Hamm. Beckett lo chiama "gioco puro". Tutto questo deve essere provato con cura. Beckett assegna a Finale di partita un carattere rjpetitivo. Questo principio formale emerge poco a poco dalla rappresentazione. Il sipario si apre su una giornata qualunque, che fa parte della catena infinita delle giornate che che si suppongono totalmente identiche. Nel rifugio tutto è immobile. I cambiamenti sono congelati nella dimensione del ricordo (''Ti ricordi ... l'incidente di tandem in cui abbiamo perso le gambe?" chiede Nagg), oppure condannato alla superficialità (l'attenzione di Hamm per Nell: "Va a vedere se è morta"), oppure trasposto in un futuro lontano (Hamm a Clov: "Un giorno, sarai cieco come me."). Da Materialen zu Becketts "Enspiele", Suhrkamp, Francoforte 1968.

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