Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

TEATRO to, deve essere un compimento. lo, quel che mi sforzo d'esplorare, è tutta quella zona dell'essere che è sempre stata trascurata dagli artisti come qualcosa d'inutilizzabile o d'incompatibile per definizione con l'arte. Penso che oggi ogni persona che presta la più leggera attenzione alla sua esperienza si renda conto che si tratta dell'esperienza di qualcuno che non sa, di qualcuno che non può. L'altro tipo di artista, l'Apollineo, mi è assolutamente estraneo". "Ho la certezza che ogni lettera, ogni sillaba, ogni parola, ogni frase, ogni paragrafo, ogni pagina, ogni capitolo di ogni libro avesse un senso, perché è così che Joyce stendeva le sue idee sulla carta. Quanto a me scrivo perché devo scrivere - non voglio dire per guadagnare del denaro, ma per necessità personale. Non so da dove mi venga l'opera, e sono-spesso il primo a rimanere sorpreso per ciò che ho messo sulla carta. Scrivere è per me un processo molto differente da quello che era per Joyce". "Honnisoitquisymbolesyvoit". (ConclusionediWatt,1942) "Ho voluto dire quel che ho detto". "Le storie di successo non mi interessano; m'interessa solo l'insuccesso". "Ho concepito Molloy e il seguito il giorno in cui ho preso coscienza della mia stupidità. Allora mi sono messo a scrivere le cose che sento". "Ho il gran desiderio di continuare il mio lavoro, ma per il momento è impossibile. Finalmente vedo un po' chiaro in quel che faccio: temo di non avere davanti a me che una decina d'anni di coraggio e d'energia per effettuare questo lavoro. Strano, dopo FotoGisèle Freund. 72 tanti anni passati a esprimersi da cieco, questo sentimento di comprendersi alla perfezione". (1948) "Ho cominciato a scrivere Godotper distendermi, per sfuggire all'orribile prosa che scrivevo a quel tempo". "Mi sono messo a scrivere commedie per uscire dalla nera depressione in cui mi buttava il romanzo. La mia vita a quel tempo era troppo spaventosa: pensavo che il teatro mi avrebbe permesso una divagazione". "Sarebbe idiota da parte mia pretendere di ignorare i significati che si attaccano al nome 'Godot', che molti credono significhi 'Dio'. Ma bisognerebbe ricordare loro che ho scritto questa pièce in francese, e che se avevo questo significato in testa, questo-si trovava in qualche parte del mio inconscio; non. ne avevo pienamente cosciénza. E del resto esiste unarue Godot, un corridore ciclista chiamato Godot: come si vede le possibilità sono quasi infinite". "Non sono interessato ali' effetto che i miei testi producono sul pubblico. Mi limito a creare un oggetto: quel che la gente ne pensa~non mi riguarda". "C'è una cosa che m'inquieta: i pantaloni d 'Estragone. Naturalmente ho domandato a Suzanne se cadevano bene, e lei mi ha risposto: a metà. Non bisogna. A nessun prezzo. Non fila con le circostanze. Estragone non ci pensa, in quel momento. Non si rende conto che perde i suoi pantaloni. Non importa la risata che potrebbe accogliere la sua caduta completa. Il significato della piè-· ce, posto che ci sia, è che niente è più grottesco del tragico. Bisogna esprimere questo fino alla fine, soprattutto alla fine. Ho molte altre ragioni per rinunciare a questo, ma te ne farò grazia. Ti prego di ristabilirlo com'è nel testo, e come l'abbiamo sempre previsto nelle prove. Che i pantaloni cadano del tutto, fino alle caviglie. Può sembrare idiota, ma per me è capitale". (9 gennaio 1953, lettera a Roger Blin, alle ultime prove di Aspettando Godot) "Alla fine della mia opera, non c'è che polvere: il nominabile. Nell'ultimo libro, L'Innominabile, c'è completa disintegrazione. Niente lo, niente Avere, niente Essere, niente nominativi, niente accusativi, niente verbi. Non c'è mezzo di continuare". "Non sono io che ho inventato questa confusione; ma non possiamo ascoltare una conversazione per cinq'!e 111inutsienza essere intensamente coscienti della confusione. E tutt'intorno a noi, e la sola possibilità che abbiamo, attualmente, è di lasciarla entrare. La sola possibilità di rinnovamento è aprire gli occhi e vedere il casino. Non è un casino che si possa capire. Ho proposto che lo si lasci entrare, perché è la verità". "Che cos'è più vero di un'altra cosa? Nuotare è vero e affogare è vero: uno non è più vero dell'altro. Non si può parlare dell 'esistenza, si deve parlare soltanto del casino. Quando Heidegger e Sartre parlano di un'opposizione tra l'essere e l'esistenza, forse hanno ragione, non so niente: ma il loro linguaggio è troppo filosofico per me. lo non sono un filosofo. Si può solo parlare di ciò che si ha davanti, e ora c'è soltanto casino". "La parola chiave delle mie pièçe è forse". "Il successo o il fallimento a livello di pubblico non hanno mai avuto grande importanza ai mfoi occhi; in realtà mi sento molto più a mio agio nel fallimento: ho respirato profondamente la sua aria vivificante per tutta la mia vita di scrittore fino a questi ultimi due anni... per il momento, tutto quello che posso e voglio dire, è che questo forno di Miami non mi deprime minimamente, o

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