Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

TEATRO DICHIARAZIONI SamuelBeckett a cura di Franco Quadri Le dichiarazioni di Beckett qui riportate secondo un itinerario autobiografico, di seguito, anche se non in ordine rigorosamente cronologico, sono estratte da libri, articoli, riviste, lettere. Ci siamo limitati a ·citare la data e il destinatario quando erano necessari a una miglior comprensione del testo. Non abbiamo inserito nessuna citazione autobiografica ripresa da testi narrativi, poetici, saggistici o drammaturgici dell'autore, salvo l'espressione di chiusa di Watt, che figurava anche nel romanzo come rifiuto dell'interpretazione metaforica e quindi in un certo senso virgolettata e fuori testo. "Sono nato un venerdì tredici,che era perdipiù unvenerdì santo. Mio padre aveva aspettato tutto il giorno la mia venuta. Alle otto di sera è andato a passeggio: al suo ritorno ero nato". "Ho sempre avuto la sensazione che ci fosse in me un essere assassinato. Assassinato prima della nascita. Bisognava ritrovarlo questo essere. Tentare di ridargli la vita". "Si può dire che la mia infanzia sia stata felice, eppure sono poco dotato per la felicità. I miei genitori hanno fatto tutto quel che potevano rendere felice un bambino. Ma io mi sentivo spesso solo". "Sono stato infelice per anni. Coscientemente e deliberatamente, dopo che ho lasciato la scuola per entrare al Trinity College di Dublino, mi sono sempre più isolato, ho intrapreso sempre meno cose, mi sono abbandonato a un disimpegno crescente in rapporto agli altri e a me stesso. Ma niente di tutto questo mi sembravastrano.L'angoscia, la solitudine e l'apatia ... costituivano degli indici di superiorità: garantivano il sentimento di arrogante alterità, che mi sembravacosì giusto, così naturale,così poco morbido quanto i modi in cui era meno espresso che sottinteso, osservato, mantenuto disponibile in vista di un'eventuale espressione futura. Si è dovuto attendere che questo modo di vita, opiuttosto questa negazionedella vita suscitassealtrettanti terrificanti sintomi fisici, perché prendessi coscienza di qualcosa d'anormale. Dunque se il cuorenon mi avesse messolamorte nel1' anima, sarei ancora qui a esaltarmi, a trastullarmi, a intrattenermi col sentimento di stare troppo bene per poter fare altro". "Quando ero malato, ho constatato che la sola cosa che potevo leggere era Schopenhauer. Tutto il resto non faceva che aumentareil sentimento di malattia.Era davvero curioso.Come una finestra aperta imp~ovvisamentesulla nebbia". "A un ri.i:;evimento,un seducente intellettuale inglese mi domandò perché scrivessi sempre sulla miseria, come se ci fosse qualcosa di perverso. Voleva sapere se mio padre mi aveva picchiato o se mia madre era scappata di casa, rendendo infelice la mia infanzia. Gli risposi di no, che avevo avuto un'infanzia felicissima. Allora mi trovò ancora più perverso. Lasciai il ricevimento appena potei e salii su un taxi. Sul vetro che mi separava dall'autista, c'erano tre annunci: uno chiedeva aiuto per i ciechi, l'altro per gli orfani e il terzoper i profughi di guerra: non c'è bisogno di cercare la miseria, se vi salta agli occhi anche in un taxi di Londra". "Non ho nessun sentimento religioso. Un giorno ho provato un'emozione religiosa: alla mia prima comunione, nient'altro. Miamadre era profondamente devota, mio fratello pure: s'è inginocchiatoai piedi del suo letto, ogni volta che ha potuto. Mio padre non era religioso. La mia famiglia era protestante, ma per me si trattava solo di una noia e me ne sono disinteressato. Alla loro morte, mia madre e mio fratello non hanno tratto niente dalla loro religione, che al momento cruciale non aveva dimostrato di avere maggior significato di una vecchia insegna universitaria. Il cattolicesimo irlandese non è seducente, ma certo più profondo. Quando si passa davanti a una chiesa su un autobus irlandese, tutte le mani si agitano in segni di croce. Un giorno lo faranno anche i cani d'Irlanda; e forse anche i maiali". "Conoscevo lamitologiacristiana. Nellamia infanziami hanno letto la Bibbia, e ho letto scritti di altri autori che ne erano rimasti segnati e se ne servivano sotto l'una o l'altra forma. Come tutti i temi letterari, la utilizzo quando mi serve". "Non honiente da dire,maposso solo dire finoache puntonon ho niente da dire". "L'esperienza del mio lettore si situerà tra le frasi, nel silenzio comunicato dagli intervalli, e non nei termini enunciati". "L'artista può descrivere lo spazio che si trova tra lui e il mondo degli oggetti; può descriverlo come una terra di nessuno, come un Ellesponto o come un vuoto, a seconda che provi risentimento, nostalgia o semplice depressione". "Ora, mi degrado con la più gran velocità. Un insensibile accumulo di alcool, nicotina e intossicazione femminile. Un mucchio di frattaglie. Senza scopo". (1937) "Questo trucco che si chiama amore non esiste, non è che una scopata. Non c'è che questo: la scopata'. "Non mi piaceva vivere in Irlanda. Si può capire quel che voglio dire: la teocrazia, la censura letteraria, questo genere di cose. Preferivo vivere all'estero. Nel 1936, tornato a Parigi, ho abitato inalbergoperun certo tempo, poi ho deciso di stabilirmi lì per passarci la mia vita". "Non sono un filosofo, non leggo mai i filosofi; non capisco niente di quel che scrivono". "C'è una frase meravigliosa in S. Agostino. Preferirei ricordarmela in latino; è ancorapiù bella in latino che in inglese: 'Non abbandonatevi alla disperazione, uno dei due ladroni fu salvato; non siate troppo presuntuosi, uno dei d,ueladroni fu dannato'. Questa frase ha una formameravigliosa. E la formache importa". "Nella mia opera c'è spavento dietro la forma, non nella forma..." "Non m'interesso a nessun sistema; non vedo traccia di sistema da nessuna parte". "Joyce tende verso l'onniscienza e l'onnipotenza in quanto artista. lo lavoro con impotenza, con ignoranza. Non penso che l'impotenza sia stata sfruttata nel passato. Mi sembra che esista una sortad'assioma esteticoper cui l'espressione è uncompimen- ::r 1

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