Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

accademico o del sistema editoriale e tra questi corridoi si gioca la sua esistenza e il suo spessore. Il critico si sente perlopiù un emissario giunto dalla zona dei noùmeni, parla di noùmeni e se trova qualche fenomeno lo' evita per non guastarsi i rapporti coi noùmeni. Forse è egli stesso un noùmeno. Diversamente è un attivissimo broker letterario che compra, vende, premia, intasca, colloca, scambia all'insegna di una logica meramente operativa del tutto indifferente al valore. In questo senso il critico è una caratteristica del mercato, tanto quanto il mercanteggiare è una solida caratteristica del critico, Ma chi coopera con l'autore? chi dialoga col pubblico? Già, abbiamo detto che quest'ultimo se ne infischia. Ma il pubblico, tra i soggetti che compongono l'area della produzione e del consumo di poesia, è quello più incolpevole. Come fa il pubblico a scegliere, a distinguere, a ricordare, in una situazione di equivoco generalizzato? come fa ilpubblico, coinvolto in un gigantesco e obliquo show editoriale, a separare l'immagine del poeta da quella d~l cretino di passaggio (che pure ha anche lui le sue ragioni)? È per questo che il pubblico tace ed è questo l'unico, terribile silenzio della nostra epoca, il silenzio di chi possiede le parole ma non trova più i significati. Forse se alla poesia venisse in testa di attravers¼iflo,questo silenzio, di misurarne l'oscura circonferenza, di scovarne le imniagini seppellite, qualcosa potrebbe cambiare. In realtà la poesia continua a passare di qui, ma pochi sembrano volersene accorgere. Essa è solo una traccia in mezzo alle altre, ma è quella che nel tempo può diventare sentiero sul fragile costone dell'esistenza. È questa, credo, una delle vie "moderne" all'assoluto: un misto ditecnicaedistupore, unocchioai sassi che rotolano e uno alla lontananza. Nessuna accensione lirica, ma solo un tentativo di restare incolumi e poi di raccontarne qualcosa. È così che i poeti si rendono necessari ed è per questo che alcuni tenacemente li capiscono, perché, nonostante la fifa, se ne vanno lungo i precipizi, perché ogni tanto mettono lì una parola che magari verrà cancellata, ma intanto contiene un suono, un'idea che spezza la fatica. Allora per un attimo si dirada l'ombra che copre il nostro piccolo mondo di cose morte e splende il sole. 28 CONFRONTI TRADURRE Condizioni per l'assunzionedel cibo Franz Hohler · Riprendiamo con questo racconto la serie, iniziata con la Aichinger, di testi tradotti dal tedesco nella "officina" di traduzione dellaScuolaGermanicadiMilano. DueparolesuFranzHohler:è un cabarettista e scrittore svizzero nato nel 1943 e attualmente residente a Zurigo, da dove però si mette inviaggio volentieriper mezzo montkJ apresentare i suoi spettacoli. Ha composto una decina di opere tutte di taglio breve, e ha ricevuto numerosi riconoscimenti siaper l'attività letteraria che teatrale. Di teatrale c'è parecchio anche in questo racconto. Mi pare che il protagonista non sia tanto il bambino tirannico né che il tema sia una polemica - peraltro un po' vecchiotta-sull'educazione "liberistica" del laissez-faire, quanto il meccanismo infinito, la tiritera sul topo che viene mangiato dal gatto che viene morso dal cane che eccetera, ad accumulazione infinita.Non siamo quindi di fronte a un discorso serio sul ribaltamento dei ruoli, ma al gusto più maligno della beffa, al gusto più ludico del paradosso. Da parte sua l'autore ci aggiunge un linguaggio freddo, quello delle relazioni impersonali, quasi burocratico, da ispettore sanitario - in contrasto con la tenera quotidianità di oggetti come la pappa e il campanellino,dicuirivelaunanatura nuova, maligna e beffarda. Il testo di Hohler è tratto Der rand von Ostermundigen,Luchterhand 1973. (Chiara Allegra) Mi è noto il caso di un bambino che, poco dopo aver compiuto un anno, non volle mangiare più niente. Quando si cercava di dargli damangiare, di imboccargli lapappa, sicoprivalafacciaconlemani, scuoteva la testa e si rivoltava in modo da rendere impossibile infilargli in bocca una sola cucchiaiata. Qualora però si fosse riusciti a imboccarlo, sputava subito fuori tutto e si metteva a gridare. L'unica cosa che accettava era un po' d •acqua, ma non appena si cercava di sostituirgliela con del latte, non ne voleva più sapere. I genitori erano preoccupati e non riuscivano a spiegarsi questo cambiamento improvviso. Daprincipio cercarono con le buone di convincere il bambino ad accettare la pappa, poi con minacce e schiaffi, ma invano; gli misero davanti una banana, che normalmente avrebbemangiato senz •altro,ma il bambino non la prese. Fu solo un caso fortuito a offrire la soluzione. La camera del bambino era chiusa da un cancelletto fissato allo stipite della porta, di modo che si poteva lasciare il bambino nella camera con la porta aperta e sentire che cosa faceva, senza che lui avesse la possibilità di uscire. Al terzo giorno di rifiuto del cibo, il padre allungò il piatto alla madre, che si trovavagiàincamerapermetterea letto il bambino, quando quest'ultimo si avvicinò al cancelletto alzando avidamente gli occhi alpiatto. Il padre si chinò subito e cominciò ad allungargli le cucchiaiate di pappa al di là del cancelletto, e il bambino, tenendosiconlemanialle sbarre e riuscendo appena ad appoggiare il mento sul bordo del cancelletto, sembrava tuttocontento e si mangiò tutta la pappa. Il mattino seguente il padre diede da mangiare al bambino nello stesso modo, prima di andare al lavoro, senza il minimo cenno di protesta da parte di quest'ultimo. Ma quando la madre a mezzogiorno cercò di dargli la pappa al di là del cancelletto, ilbambino corse via e sbatté il coperchio della cassa dei suoi giochi fino a quando la madre non si fu allontanata dalla porta. Quella sera accettò nuovamente senza problemi la pappa dal padre, al di là dal cancelletto. A questo punto il bambino aveva ricominciato amangiare, ma la circostanza che volesse essere imboccato soltanto dal padre creava molti problemi ai genitori. A parte il fatto che così faceva solo due pasti al giorno, non era facile per il padre arrivare puntuale ogni sera per somministrare il cibo al bambino; infatti doveva allontanarsi spesso per lavoro dalla città. Una volta arrivò in leggero ritardo e, sentendo già il bambino urlare, buttò di corsa il cappotto su una sedia, andò nella cameretta e gli diede da mangiare. Solo dopo aver terminato si rese conto di essersi dimenticato di togliere il cappello. Quando il mattino seguente tornò da lui, il bambino non voleva mangiare e continuava ad indicare la testa. Allora il padre si ricordò, andò a prendere il cappello, se lo mise, e finalmente il bambino si lasciò imboccare. Da quel momento in poi il padre dovette sempre avere un cappello in testa, se voleva che il figlio mangiasse. Fino allora la madre era sempre stata presente mentre il bambino mangiava, ma un giorno, dopo aver dormito male la notte, rimase a letto, essendosi ilpadre offerto di accudire lui al piccolo. Il bambino però si rifiutò di mangiare la pappa in assenza della madre, e al padre non rimase nient'altro da fare che andare achiamare lamadre, la quale si sedette in camicia da notte su una seggiolina. Quella sera stessa il bambino si ribellò gridando all'affronto di volergli fare mangiare la pappa, benché fosse tutto al suo posto. Il padre era in piedi al di fuori del cancelletto con il cappello in testa e anche la madre era presente. Però indossava vestiti normali e, siccome il bambino continuava a indicarla, la madre decise alla fine di andare amettersilacamiciadanotte e di tornare nella stanza. Il bambino però non fu contento prima di aver visto la madre risiedersi sulla seggiolina e da lì osservarlo mentre mangiava. Da allora in poi la madre dovette indossare sempre la camicia da notte alle ore dei pasti del bambino, perché in caso contrario non sarebbe stato nemmeno pensabile fargli ingerire del cibo. Presto il bambino cominciò a non farsi più ispirare da avvenimenti accaduti accidentalmente e che voleva venissero sempre ripetuti, ma si-mise a inventare di sua iniziativa nuove pretese. La prima cosa che fece fu indicare l'armadio nella stanza, guardando contemporaneamente la madre. La madre si avvicinò all'armadio con l'intenzione di aprirlo, ma il bambino si mise a frignare e indicò la parte più alta dell'armadio. La madre disse che no, questo non l'avrebbe fatto, e allora il bambino si buttò per terra agitando braccia e gambe, emettendo al contempo strilli acuti, alquanto fastidiosi. I genitori decisero tuttavia di non soddisfare questo desiderio del figlio, che quindi dovette andare aletto senza cena. Entro il mattino successivo - speravano - gli sarebbe certamente passata di mente quell'idea. Quando il mattino dopo la madre si sedette in camicia da notte sulla seggiolina e il padre con il cappello si mise davanti al cancelletto, il bambino rifiutò nuov amente, indicando la parte più alta del1'armadio. I genitori non esaudirono il suo desiderio, ma il bambino non mangiò niente. Dopo due giorni, quando cominciò a mostrare segni di debili-

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