Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

CONFRONTI Crepenel ghiaccio•. I racconticanadesi di AliceMunro MarisaCaramella La lettura dei racconti di Alice Munro, e non solo di quelli contenuti in questa sua ultima raccolta (Il percorso dell'amore, Serra & Riva, pp. 357, L. 28.000), lascia sempre una vaga sensazione di disagio, di insoddisfazione. Come se il distacco emotivo della scrittrice finisse, trasmettendosi al lettore, col ridursi a indifferenza. Non che questi racconti appartengano alla categoria di quelli "impalpabili", solitamente scritti da donne, giocati per lo più sui sentimenti e le loro sfumature. Le cose "accadono", nelle storie della Munro, e sono spesso cose violente, traumatiche, destinate a segnare la vita dei personaggi; ma perfino trauma e violenza sembrano appartenere a un luogo distante, dove le emozioni non vengono vissute nello stesso modo in cui è abituato a viverle il lettore. E forse proprio in questo sta la qualità "misteriosa" di cui parla il risvolto di copertina riferendosi alla scrittura dell'autrice. Queste storie appartengono al Canada, a un mondo evidentemente a sé, assai diverso dal1'America, per esempio, con la quale viene spontaneo fare un paragone, data la vicinanza geografica tra i due paesi e la non grande diversità delle loro strutture sociali. Sembra proprio che quel confine dritto, tracciato col righello, che separa lo stato di Washington dalla British Columbia, o il Vermont dal Quebec, non si linùti a tagliare in due grandi foreste di alberi identici, ma segni molto più decisamente di quanto non si possa pensare il modo di esistere degli abitanti. Le fattorie isolate nelle campagne sterminate, i villaggi raggruppati intorno alle main streets fangose, sono gli stessi cui ci hanno abituati la letteratura e la cinematografia statunitensi. Ma il modo in cui la scrittrice li mette a fuoco, il modo in cui dipana, lentamente, la matassa dura, compressa, della sensibilità dei loro abitanti, li rendono lontani dal nostro modo di percepire la realtà quasi quanto le strade di Bombay o le favelas di Rio. Le storie della .Munro possiedono una qualità che si può davvero definire "esotica" senza paura di creare equivoci. Non sono necessarie lunghe e dettagliate descrizioni di boschi innevati e casolari stretti nella morsa del gelo, per comunicare a chi legge quella sensazione di durezza, di difficoltà, di parsimonia di gesti e insieme di parole; propria di chi vive al freddo. Quello che conta, però, sia nella scrittura della Munro che nelle vicende dei suoi personaggi, è il momento del "disgelo", della rivelazione. Che hon arriva come allentamento di una tensione o culmine di un crescendo, ma in modo discreto e improvviso, con rumore leggero ed effetto devastante, come la crepa nel ghiaccio, più che il lento sgocciolio della neve che si scioglie. Le storie della Munro si sviluppano a scatti, con una discontinuità, di tempo, 24 AliceMunro. di luogo, di stile, che mette a disagio il lettore. Prendono forma lentamente, quasi per tentativi, fino aquandononsi arriva al momento rivelatore. Ma ci si arriva già stanchi, stremati dalle divagazioni, dai flashback, dagli spostamenti, dall'introduzione quasi surrettizia di personaggi. dei quali si fatica a ricordare il nome. Verrebbe voglia, leggendo, di impartire a queLasconfitta di Bolivar (e di GardaMcirquez?) Alberto Cristofori L'ultima fatica di Gabriel Garcfa Marquez (Il generale e il suo labirinto, Mondadori, 27 .000 lire) racconta gli ultimi mesi di vita del ·"Libertador", Sim6nBolfvar, prendendo spunto, come l'autore stesso si premura di dichiarare, da un racconto di Alvaro Mutis sullo stesso tema. Il romanzo gioca su un triplice p'iano temporale: anzitutto segue con ordine cronologico, quasi giorno per giorno, la vita di Bolfvar (egli avvenimenti pubblici che la influenzano e ne sono influenzati) tra 1'8 maggio 1830 (data in cui Boli'.var,dimessosi da presidente della Colombia, comincia il suo ultimo viaggio da Bogotà verso la foce del fiume Magdalena) e il 17 dicembre dello stesso anno (data della morte dell'eroe). Ma il quadro si allarga fin dalle primissime pagine, attraverso le riflessioni del personaggio che rievoca il passato e del narratore che anticipa il futuro, e sottopone al lettore la storia di una parte dell'America Latina dall'inizio delle guerre di liberazione al completo fallimento delle utopie e delle speranze che quelle guerre avevano suscitato. Il progetto di Garcia Marquez è particolarste storie l'accelerazione che rende tanto buffi i movimenti dei personaggi dei film muti. Così come sono, si imprimono nella memoria a fatica, in modo vago. Il momento della rivelazione si inserisce senza scosse nel flusso di una narrazione priva di tensione, e poi, in genere, la storia continua, come prima densa di particolari, di altre divagazioni. E sono spesso le divagazioni, i particolari, le cose su cui si concentra più volentieri l' attenzione del lettore. Come inM ucchio bianco, dove l'immagine dei bambini di una scuola costruita vicino a una fabbrica di dolci, che si buttano pazzi di gioia sul mucchio dei rifiuti, fatto di zucchero vanigliato e frutta candita, come nelle favole, ha il sopravvento sulla storia del1'amore che fulmina una protagonista pronta a farsi fulminare. O in Una catena di preghiere, dove la parentesi del servizio funebre di una ragazza giovanissima morta in un incidente, dentro la cui bara le compagne di scuola cominciano a gettare, spontaneamente, i gioielli che portano addosso, si imprime nel ricordo più che non la vicenda della protagonista che lascia libero l'amato pur di non vederlo infelice. O la passeggiata notturna nella neve di uno dei personaggi di Scosse, che scorge tra i bagliori del gelo un luccichio diverso e si trova davanti uno spettacolo sorprendente almeno quanto quello, orribile, che ha dovuto affrontare la mattina la moglie, quando ha trovato morti, vittime di un suicidio teatrale, una coppia di vicini: lei tace, di quello e di chissà quali altre cose, lui non vede I'oradicorrereacasa a raccontare la sua "avventura". mente ambizioso e interessante: da un latoriprendere in esame le condizioni "iniziali" del suo paese per mettere in luce le cause lontane dei mali attuali (la rivoluzione liberale che non riesce a diventare rivoluzione sociale, per fare un esempio un po' scontato); dall'altro mettere in scena un personaggio "nùtico" come Sim6n Bolfvar, non nel momento della sua massima gloria ma in quello della massima debolezza politica ed esistenziale (cioè nel momento in cui vede fallire il suo sogno politico - l'unità di tutta l'America ex-spagnola - mentre si manifesta con violenza la malattia che lo condurrà alla morte). Il titolo del libro (che prende spunto da una delle ultime, deliranti frasi del Libertador, pronunciata una,.settimana prima di morire) si riferisce proprio a questa condizione che possiamo chiamare di duplice prigionia: il labirinto del tempo (l'inganno del tempo che scorre, dei ricordi che sbiadiscono, della vita che se ne va) diventa il labirinto della storia, e quindi della politica (in sostanza: l'impossibilità di realiz- .zarenella storia un piano razionale e morale, la necessaria sconfitta degli ideali positivi di fron-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==