Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

CONFRONTI a volte censurate, soprattutto laddove espongono schiettamente il regime di scarsità del bilancio interno inglese o dove - come in una incisiva trasmissione del 16 maggio del '42- Orwell indica, più che i fatti immediati della guerra, il processo decennale che ha scosso il mondo e scatenato gli appetiti nazionali fino dal '31, con l'invasione giapponese della Manciuria, con il beneplacito della Lega delfe Nazioni; e poi l'esempio dell'eroica resistenza repubblicana in Spagna, la resistenza cinese all'invasione giapponese del '38 (in ambedue i casi la censura del MOI, il britannico Ministerù dell'Informazione, è ampia sul testo orwelliano). Qui Orwell parla pianamente, ma con lucidità, di una guerra che non può essere considerata "un evento tipo partita di calcio, che ha luogo in un preordinato lasso di tempo e fra due squadre fisse" e si sforza di dare un quadro più generale della guerra nel suo complesso che possa aiutare "a situare gli accadimenti dell 'immediato futuro in una più giusta proporzione": la guerra qui o là non è insomma, spiega Orwell al suo uditorio 'medio', un conflitto locale, ma qualcosa che si è esteso nel tempo, a macchia d'olio, e secondo meccanismi di attrito e intesa, a tutto il mondo, tale che "un significato e una finalità che non erano apparenti ali' esordio sono diventati chiari nel corso del tempo". Domanda d'obbligo: dov'è, qui, l'autore di 1984? Forse nel cubicolo del programmatore BBC, nel suo microfono 'deviato' dalla censura del MOI, nella 'noia' percepita da alcuni ascoltatori nella voce di Orwell - come a dire stanchezza per incapacità di dire il 'segreto' di cui sarà depositario Winston Smith? DiffiNovità . IL DISEGNO DI ARCHITETTURA a cura di Paolo Carpeggiani e Luciano Patetta Analisi del significato del disegno di architettura e insieme discussione dei problemi di interpretazione, di catalogazione e di approfondimento conoscitivo dell'immenso patrimonio in possesso di archivi e biblioteche. Una raccolta di immagini preziose offre un panorama di opere d'arte fino ad oggi quasi inesplorato. pp. 320, L. 65.000 Giuseppe Varchetta RELAZIONI La passione dello sguardo Immagini che suggeriscono parole, parole che inventano immagini. Ventiquattro intellettuali commentano nei modi più diversi le curiose fotografie in cui Giuseppe Varchetta coglie il momento centrale della fruizione dell'opera d'arte da parte dello spettatore. pp. 128, L. 40.000 RELAZION '----------J.. Roberto Crocellà .DILMUN GIARDINO DEL MONDO Dèserti, ghiacciai, foreste, ricami d'acqua; la natura come giardino del mondo. Le splendide fotografie a colori di Roberto Crocellà sono presentate da Fulco Pratesi, l'introduzione è di Franco Cardini. pp. 112, L. 60.000 V E ASSOCI.\ 11 20 cile dirlo, e forse il problema non si pone a quest'altezza. Meglio cercare di analizzare il punto che più sembra interessare Orwell circa la prospettata invasione giapponese dell'India in queste 'cronache': i metodi di resistenza, in specie la guerriglia (è del' 40 una bella recensione orwelliana a un libro su di essa, Armies of Freemen, del compagno di lotta in Spagna Tom Winthringham). Ma c'è di più. . Ripartiamo dall'84, anno in cui, quasi fatalmente, 1984 el'intera politica di Orwell cadono nel mirino delle critiche, non tutte celebrative. Prendiamo, per esempio, un articolo interessante di Salman Rushdie, dal titolo Outside the Whale (Fuori della balena), che risponde a un famoso saggio, datato 1940, di Orwell stesso,daltitololriside the Whale (Dentro la balena, sì proprio come Giona) - quest'ultimo, apparentemente, resa al mare dello status quo e accusa dell'impegno politico dei poeti inglesi trentisti, Auden in primis. Rushdie accusa Orwell di "logica della ritirata", proprio in anni in cui tutti si domandano cosa sarebbe oggi Orwell se fosse vissuto: 'left-right', 'right-left', uomo di centro, di quel capitalismo liberal che negli anni Trenta, nello scontro frontale fascismo-antifascismo, appariva sussunto tutto nel primo termine ? "La verità- conclude Rushdie - è che non c'è nessuna balena. Viviamo in un mondo senza nascondigli; i missili ce l'hanno assicurato". Nel novembre del '45 Orwell scrive un pezzo per "Tribune" dal titolo You and the AtomBomb: in esso attribuisce all'esistenza della bomba atomica lo sviluppo di "tre grandi imperi". In questo pezzo insomma viene adombrata la concezione basica del mondo di 1984, proprio pochi mesi dopo Hiroshima e Nagasaki. Sono in pochi a vedere nel pianeta di 1984 un mondo da dopoguerra atomico, ma lo è: la guerra atomica è una parte essenziale della storia delle tre società del romanzo. Come Orwell predice nel saggio citato, le tre grandi potenze producono ognuna la bomba-A e si bombardano l'un l'altra finché le ruling classesdicono basta; l'accordo è: basta con la guerra "vera" - d'ora in avanti le faremo finte. Forse non si è capaci di immaginarlo, sebbene un certo numero di pagine in 1984 lo descrivano, proprio perché questa vicenda non è per niente drammatizzata nel romap.zo. Invece è presentata come saggio discorsivo nella forma di parte di quel rilevante blocco del romanzo che è il libro di Goldstein, quello dato a Winston Smith da O'Brien e poi letto da Winston e da lui trasmesso, a voce alta, a un'annoiata Julia. Questa sezione del romanzo presenta alcuni fenomeni che ci sono oggi diventati familiari: le risorse delle società del mondo sono svuotate per finanziare la guerra, in parte come modo per liberarsi del surplus: "Anche quando le armi da guerra non vengono in realtà distrutte la loro costruzione è un modo conveniente per spendere forza lavoro senza produrre niente che possa ess(',reconsumato". Un esempio da 1984 è la "Fortezza galleggiante", prodotta da un lavoro immenso e poi rapidamente obsoleta: d'accordo, si tratta di poca roba secondo gli attuali standards; dopo tutto, il costo di un sottomarino atomico uguaglia il bilancio educativo totale di sessanta paesi del Terzo mondo. Se solo Orwell avesse fatto di tutto questo una parte funzionale e centrale del romanzo! Se noti fosse morto l'anno successivo alla pubblicazione di 1984 forse avrebbe potuto davvero mettere a fuoco un elemento come questo. E qui torniamo a Cronache di guerra, a quèl biennio settimanalmente, o quasi, speso dietro un microfono cui si prestava la propria o l'altrui voce per trasmettere il proprio testo - sì, va detto: "anche per Orwell non c'è migliore profezia di una guerra reale".

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