Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

CONFRONTI l'ltaliaccia. Regalidi Natale per dissidenti_ GoffredoFofi Storie d'Italia È tempo di regali, ed ecco cosa regalerò io ai miei amici - in particolare ai più giovani. Sono due libri usciti dopo l'estate, e il primo è un libro che tutti, per davvero, dovrebbero avere, e sul quale torneremo ampiamente: la Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, in due volumetti della Einaudi, che avrebbe ben potuto riunirli in uno e, ciò facendo, abbassarne di un poco il prezzo (40.000). L'autore è un giovane storico inglese, di cui ricordo un libro esemplare su Daniele Manine la rivoluzione veneziana del 1848-49 edito da Feltrinelli, per le doti di narratore che già vi si dimostravano, e perché ci accostava una figura e un'epoca confinate dalla scuola (e dagli storici italiani) in nicchie polverosainente eroiche. La dote eccezionale della Storia d'Italia, e il motivo per cui è giustificato che ne parli anch'io, è ancora quella di una narrazione rapida, esemplare, che coglie il particolare nel generale per meglio comprendere la regola e l'eccezione, la continuità e la trasformazione, e l'intreccio dipolitica, economia, società, di collettivo e di pubblico da un lato e di vite private, di condizionamenti e scelte "normali" dall'altro. Non sto ad analizzare le idee di Ginsborg sulla nostra società, che condivido amplissimamente-anche se avrei personalmente accentuato nella continuità un discorso sulla matrice "cattolica", sul basso conio della nostra tradizione morale, così portata al compromesso e al privilegio del particulare. Il suo libro mi ha fatto capire meglio certi momenti che pure ho vissuto, mi ha chiarito meglio la ragione delle mie avversioni (per esempio alle idee e alla pratica di Togliatti) e dei miei amori politico-intellettuali, mi ha anche aiutato a distinguere meglio nel fumo dei miei ricordi di italiano e a oggettivare le mie stesse esperienze; perfino, qualche volta, a cambiare idea e a "correggere" il ricordo. Per la sua grande onestà e per la sua facilità di comunicazione, bisogna soprattutto regalarlo ai giovanissimi - che sappiano da una fonte che non è compromessa (o peggio, corrotta) ed è il più possibile "oggettiva", da che lombi vengono, quale contesto li ha prodotti e li sta plasmando, invischiando, e a loro volta corrompendo. L'altro libro è anch'esso a suo modo un libro di storia, II re degli scacchi di Acheng (Theoria, traduzione di Maria Rita Masci). Ne ho parlato nello scorso numero, e non ci insisto. E poiché di storia si parla, val la pena di ricordare un altro libro, di cui ci si occuperà nei numeri futuri dedicando un "omaggio" al suo autore, che pochi conoscono anche tra i vecchi che dovrebbero: L'orologio di Carlo Levi (Einaudi). Scritto nel '50, rievoca i mesi del governo Parri e del "vento del Nord" che si sfiata sopraffatto dai Foto di Luciano Ferrara !da Napoli e oltre, Mazzotta 19851. miasmi dello scirocco romano - cattolico e democristiano, ma non soltanto. È un r·omanzo- ed è il più bel romanzo politico della nostra letteratura. Per me, un capolavoro, forse anche più importante e certo più "attuale" di Cristo si è fermaJo a Eboli, perché i dilemmi chenarra continuano aessere, moltiplicati, dilemmi di oggi: L'orologio ·racconta la sconfitta di una minoranza "protestante" e resistenziale, più che de "la sinistra", poiché, facendosi chiesa a petto della chiesa cattolica, il PCI tuttavia rim~e e si rafforzò; oggi non si sa più bene cos'è sinistra, e la tentata laicizzazione comunista mi pa-. re escluda, almeno per ora, ogni "rigi;ire protestante", mentre 111inoranze politiche altre che diano affidamento o promettano di crescere "diverse", in giro non ne vedo. Ma il discorso diventa troppo sull'oggi. Bastiperdirechetipodi emozioni e riflessioni è in grado di ridestareodestareancoraoggiL' orologio di Levi. Alla cui rilettura (la terza o la quarta della mia vita) ha fatto seguito per caso (per caso? il caso è spesso "oggettivo", ricordavano i surrealisti seguendo Freud) quella di La ferita dell'aprile di VincenzoConsolo, ristampato negli Oscar Oro. Consolo rievoca una infanzia, un ingresso nell'adolescenza, negli anni dell'immediato dopoguerra (e il 18 aprile del '48 vi è data chiave, come nel libro diGinsborg, come nella spinta di Levi a scrivere L'orologio). Questa narrazione è la sua prima e quella che io decisamente prediligo. Sarà per motivi autobiografici (ho solo quattro anni meno di Consolo) o perché in modi dh'.ersi ho vissuto storie simili in ambienti non dissimili, sarà perché non conosco molti libri che riescano a restituire un sapore così immediato di quegli anni e. a permetterne una lettura, allo stesso tempo, così distante: La ferita dell'aprile è una ferita dell'Italia, perché quel mondo è scomparso per sempre, con quel che di bello (caloroso, aspro) aveva, e anche con quel che di cupo, chiuso, a suo modo spaventato. Dalla parte del torto di Piergiorgio Bellocchio (ancora Einaudi) è un altro libro su cui torneremo (per penna di Cases). Ma mi pare -nella sua amarezza e ostinazione, nel suo "non mollare" - frutto di una passione civile che ben ricorda quella di alcuni personaggi deL' orologio, e descrizione spe·culare di problemi non nuovi (nel presente turpe-quotidiano degli anni di ogni disfatta - gli Ottanta che per fortuna volgono al termine con la Storia che, almeno altrove, ricomincia, e che quindi sbalordisce gli stolidi nostri intellettuali di regime e delle nonopposizioni). E per spiegare gli Ottanta, aggiungerei un altro libro di matrice · "protestante": Lavorare in Fiat di Marco Revelli (Garzanti), cronaca-storia "di operai, di sindacati, di robot" - ma anche di padroni, e del loro modo di governare. È anche questa una "narrazione" vivacissima, di scrittura solida e incatenante, anche per i "profani", e che ben sostituisce, anche questa, il romanzo contemporaneo che nessuno ha saputo darci. In modo parallelo e complementare con la "narrazione", sul versante del giornalismo d'inchiesta, avanzata dal Gad Lerner di Operai circa due anni fa, su uno dei fatti crudeli dei nostri anni e il più silenzioso e triste del pacifico dec.ennio;la sconfitta definitiva e la progressiva scomparsa della "classe operaia". Crudeltà Due romanzi crudeli, bellissimi, uno di oggi e uno di ieri. Quello di ieri, testé ristampato nella BUR nella traduzione di Pia Bellini, è/ signori GolovljovdiMichajl Saltykov-Scedrin, credo il meno' noto al pubblico dei lettori tra i grandissimi della letteratura russa dell'Ottocento. Una famiglia della nobiltà di provincia, su un arco di decenni e di decadenze, vi regna in tutta la sua banale dissolutezza. - di alcol e pigrizia, e di costanza solo nello sfruttamento dei contadini e dei servi -che porta ottusità e rovina. Sì, la letteratura dell'Ottocento è piena di famiglie de- · cadute ma, vi assicuro, non ce n'è una che possa battere i Golovljov. Saltykov era un umorista sarcastico, feroce, e però del genere realista, attento alla verità delle situazioni e dei personaggi, cattivo a freddo. Qui è come preso da una smania vendicativa, ricorre a tutta la sapienza che gli può venire dal romanzo del suo tempo e ci fa sentire tutto l'odio suo per gli ambienti e i personaggi che descrive. Rispetto ad al'tri grandi è meno pietoso, non perdona, l'indignazione per la brutalità dell' esistenza di chi comanda e per l'avvili1 r

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