CONFRONTI sogni. E questo in due sensi: in primo luogo, nel cercare a tutti i costi compiutezza di significati, anche là dove invece un particolare sogno può esser fatto ancora di brandelli e di confusioni, non sempre di una narrazione coerente; in secondo luogo, nella tendenza ad applicaré ai simboli onirici una tematica decodificante ancora rigida, ancora obbligata. Come è noto infatti, Freud era molto legato a un tipo di repertorio simbolico relativamente limitato - soprattutto di tipo sessuale - che molti analisti moderni non sottoscriverebbero in tutti i suoi aspetti. La teoria freudiana del sogno non è stata bene accettata, in particolare, dagli studiosi che si occupano di psicologia generale e di funzionamento cerebrale. Come in altri campi, psicologia nonpsicoanalitica e psicoanalisi hanno proceduto separate, fra una quantità di incomprensioni reciproche: non ci ha guadagnato il pubblico déi non-specialisti, il quale ne è stato spesso frastornato. Ma vale la pena di segnalare che ora un libro recente (Harry T. Hunt, The MultiplicityoJDreams, Yale Univ. Press, New Haven 19~9) fornisce su questo vasto argomento sia una panoramica molto limpida, soddisfacente e aggiornata, sia, soprattutto, una serie di chiarimenti di cui molti da tempo avvertivano il bisogno. Qui, fra l'altro, Hunt dimostra in modo esauriente che la teoria freudiana del sogno non è necessariamente incompatibile con le ricerche compiute dagli studiosi del cervello. Fra queste ricerche, le più note-anche al grande pubblicosono opera dei neurofisiologi Allan Hobson e Robert McCarley (1977). Secondo questi autori, i sogni non sono altro che il prodotto dell'attivazione di gruppi di cellule poste nelle strutture del tronco cerebrale: queste cellule, durante il sonno, inviano alla corteccia un bombardamento di stimoli puramente casuali e totalmente disordinati, che la corteccia trasforma nelle immagini oniriche. Una teoria simile, ma già meno riduzionistica, è stata avanzata nell'82 e '85 da David Foulkes. Secondo Foulkes il sogno viene costruito a partire dall'attivazione casuale di brandelli di ricordi, ai quali peraltro il cervello fornisce - peruna tendenza or - ganizzante che è tipica di certi aspetti del suo funzionamento - una sorta di strutturazione sintattica, cioè il massimo possibile di · coerenza narrativa. Su una sponda, dunque, gli scienziati (come appunto Hobson, McCarley, Foulkes è altri) hanno sostenuto che il sogno non può avere, in base alle loro scoperte, nessun significato particolare. Sull'altra sponda gli psicoanalisti hanno spesso avuto qualche tendenza a banalizzare e ljquidare sommariamente le ricerche degli studiosi del cervello. E legittimo scorgere una qualche rigidità di posizioni sia negli uni che negli altri. Ci si può perfino chiedere, a questo proposito, se gli psicoanalisti rischino qui talora di esser trascinati a difendere qualcosa che non ha molto a che fare né con Freud né con la psicoanalisi. L'appassionata e umana difesa della significatività e, si potrebbe dire, della piena dignità del sogno, argomentata da molti psicoanalisti contro il materialismo meccanicistico e riduzionistico degli studiosi del cervello, per quanto giustificata rischia di riecheggiare ancora, almeno qualche volta, la nostalgia per un arcano "garantito", cioè la ricerca di una Verità(con la maiuscola) nascosta al di là dell'apparenza del messaggio onirico. Ma, appunto, il libro di 1-Juntci ricorda il fatto che Freud, a differenza di molti suoi seguaci, era uno scienziato e un materialista. H sogno è infatti sempre, per il fondatore della psicoanalisi, non una verità semplice ma il risultato di una dinamica conflittuale: esso è una costruzione a partire da materiali inconsci tendenzialmente primitivi e caotici. Il sogno è insomma'per Freud una "messa in scena", faticosamente organizzata e resa più o meno coerente e accettabile, in cui si esprime un compromesso fra forze interiori elementari in coritrasto reciproco. Esso è pur sempre "fabbricato", non "dato", non "trovato". Si può quindi sostenere che nella loro essenza le teorie di Ho16 Yves Tanguy,Larapiditàdel sonno. bson e McCarley o di Foulkes, e - rispettivamente - quelle di Freud, non sono pernulla in conflitto, ma che anzi addirittura rappresentano le due facce di uno stesso modo di concepire la natura del sogno. Quest'ipotesi, avanzata fra gli altri dal filosofo britannico Brian Farrell in un articolo pubblicato pochi mesi or sono sulla "New York Review of Books", riceve una convincente sistematizzazione proprio nel libro di Hunt. A parere di Hunt, infatti, esistono in ultima analisi due orientamenti principali, o indirizzi fondamentali nell'intendere il sogno come fenomeno. Secondo il primo indirizzo, che è comune sia a Freud, sia anche a neurofisiologi e cognitivisti (come gli autori più sopra citati), il sogno viene prodotto dalla capacità organizzante di talune parti del cervello, le quali lavorano a partire da bisogni o da tracce di immagini (memorie, fantasie, stimoli fra i più vari) la cui natura è origin;uiamente confusa_ed elementare. Secondo l'altro e opposto indirizzo, di matrice molto più tradizionale, e che ritroviamo in Jung, in Hillman, e anche in parte in ta- ,luni freudiani come Jones, le fonti del sogno non sarebbero né primitive né caotiche: al contrario, il sogno attingerebbe le proprie immagini da una sorta di intelligenza simbolica inconscia. Occorre osservare che quest'ultimo modo di vedere il sogno, per quanto sia tacciabile di ingenuità e di curvature idealistiche e spiritualistiche, ha però almeno il merito di controbilanciare una qualche tendenza allo schematismo meccanicistico, presente talora negli studiosi a impronta più scientifica e perfino- come abbiamo accennato - in Freud stesso. Il libro di Hunt è destinato probabilmente a divenire negli anni prossimi il testo di riferimento privilegiato per chiunque si interessi al tema del sogno. Gli va reso merito non solo per la documentazione scientifica, che è amplissima, ma anche per l'equilibrio e il carattere intellettualmente sofisticato delle sue valutazioni.
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