Linea d'ombra - anno VII - n. 44 - dicembre 1989

CONFRONTI Scrivere in staio d'assedio Il Sud Africa In bianco e nero Alessandro Triulzi "Scrivere in stato d'assedio" è il sottotitolo di un libro di saggi (Mapmakers. Writing in a State of Siege, London, Faber and Faber, 1983) che André Brink, narratore e critico sudafricano poco noto in Italia ma tra i maggiori del suo paese, ha raccolto sul tema di fondo della letteratura sudafricana contemporanea, letteratura nata, intrisa e fortemente soggiogata dalla particolare situazione 'd'assedio' in cui vive oggi la società, bianca e nera, di questo paese. Certo, nòn sono solo gli autori sudafricani a dover vivere e scrivere sentendosi assediati dal mondo che li circonda, ma qui lo stato d'emergenza è non solo interiore ma palese, visivo, turba coscienze e motivazioni, condiziona scelte individuali e comportamenti collettivi, dilania cuori e corpi e menti. La letteratura ne è lo specchio, èd è specchio deformante perché, come in ogni società assediata, si sviluppano al suo interno meccanismi di difesa, di rimozione, di censura. Il dramma, la sfida, la vitalità della letteratura sudafricana contemporanea è tutta qui, e non è un caso se il primo paragone che viene alla mente è quello con la narrativa latino-americana, anch'essa tradizionalmente sottoposta a varie forme di assedio e di costrizioni esterne, anch'essa favolisticamente impegnata a 'immaginare il reale' non potendo spesso descriverlo. Di qui il dramma, per i letterati, di ogni assedio: se esercitare il proprio mestiere di scrittori dentro o fuori la cittadella assediata, e dunque se partecipare alla letteratura delSoweto 1976 (foto di Peter Magubane). la resistenza o a quella dell'esilio. In Mapmakers André Brink torna più volte su cosa voglia dire, perun autore sudafricano, "scrivere in stato d'assedio" soprattutto a partire dal 1963, data ufficiale in cui la censura governativa ha iniziato perseguitare con durezza la dissidenza letteraria. Al contrario delle società "relativamente aperte", afferma 1'autore, dove "l'intero alfabeto dell'esperienza umana dalla A alla Z" è accessibile allo scrittore, in una società chiusa come quella sudafricana "lo scrittore ha la libertà di pronunciare solo le lettere dalla A alla M" e le sue parole acquistano un peso particolare quando "rischia non solo il suo benessere mala sua stessa sicurezza personale se sceglie di usare la N, la V o la Z" (p. 164). Queste parole di André Brink mi sono tornate alla mente mentre leggevo alcune opere di autori sudafricani recentemente tradotti in Italia e al loro diverso peso, e presa, sul pubblico di lettori dentro e fuori la cittadella assediata. Cominciamo dal primo, Per ordini superiori (Milano, Leonardo, 1989, tit. orig. The Powers that Be), di Mike Nicol, giovane autore sudafricano bianco (38 anni) alla sua prima esperienza narrativa dopo che unasuaraccolta di poesie, Among the Souvenirs, ha vinto nel 1980 un importante premio letterario. Il romanzo è la storia di un uomo d'ordine, il capitano Sylvester Nunes, e del suo straordinario odio per la piccola comunità di pescatori stralunati e peccaminosi, gran giocatori di domino e bevitori di vino di melone, che è chiamato da ordini 'superiori', e dunque interni, à governare. E lo fa con ' 13

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==