Linea d'ombra - anno VII - n. 43 - novembre 1989

Colpisce, invece, nell'evento più atteso della manifestazione, l'opera di Gerald Thomas e Philip 'Glass Mattogrosso, la definizione utilizzata per la presentazione: "obra do acaso totar' (Gesamglucks-fallwerk) parodiando il wagneriano Gesamtkunstwerk (opera di arte totale), e incuriosisce molto il soggetto descritto come "l'eutanasia di una foresta": una foresta tenta di uccidersi ma deve utilizzare l'essere umano per realizzare questo obiettivo. L'opera si propone di fissare una tappa ver- · so una nuova estetica centrata non tanto sul raccontare una storia, ma sul proporre un seguito di paradossi. E infatti la messa in scena di Thomas si presenta come un banco di memoria, caricato di impressioni sparse che mischiano citazioni da massmedia (Superman, Topolino, il Titanic) con richiami all'erudizione (filosofia tedesca e teatro shakesperiano). La musica di Glass, eseguita da un possente organico orchestrale, cammina parallela all'azione drammatica, slegata in una sorta di schizofrenia scenica poco propositiva, e ripete schemi già conosciuti, salvo un originale richiamo al samba nel finale. Settantacinque minuti di oscuri frammenti estetici intercalati da frequenti dissolvenze a nero; un discreto esercizio formale ma che come opera non è capace di Il cinema iraniano mette a tappeto i "nuovi-critici" afflitti dalla pericolosa tendenza a un ritorno di sociologismo buono per tutte le stagioni. Oggi più che mai, nei festival internazionali (nuova forma di aggregazione cinefila e nomade che ha sostituito le sale sempre più allineate), i ricercatori di una nuova forma di esotismo - e, chi più· chi meno, lo siamo tutti, io credo - frugano con curiosa, legittima, ma anche ambigua passione, tra i prodotti di quelle cinematografie· cosiddette "emergenti", che promettono grandi diversità e nuove, sconosciute filosofie. Con questo risvolto spiacevole; che, dietro l'angolo, sono quasi sempre in agguato la rassegna o l'articolo "a tema". In un film proveniente da "mondi lontani", il cinema finisce facilmente per perdere quota e valore a favore del dato sociologico, ché emerge prepotente. E la diversità ha il fascino dell'oscuro. Questa premessa è per dire a chi è impegnato in un'antologia di film o in saggi dedicati al "fondaCINEMA dimostrare il suo carattere di necessità, e certo non lo potrà fare per opera del caso. Non è certo casuale ciò che si racconta di un'altra foresta. In un drammatico palcoscenico di sette milioni di chilometri quadrati, riempito da tredici biliardi di alberi, che si estende lungo il corso del Rio delle Am·azzoni,si sta rappresentando uno dei più miserevoli spettacoli realizzati dall'uomo. Ce lo ricordano numerosi video di autori brasiliani che sipossono vedere (con l'altro occhio) ai margini del festival. Amazonia a ùltima fronteira, un video di EdilsonMartins che contiene l'ultima lunga intervista a Chico Mendes;Pantanal: the road to survival; O ultimo estuario, e tanti altri titoli che non occorre commentare per la chiarezza con cui si propongono. Epoi i più poetici Sinfonia do Alto da Ribeir:a, straordinario (non recente) filmato su Hermeto Pascoal realizzato mentre fa musica con le stalattiti e le rocce di una caverna o nelle acque di laghi e di cascate; e ancora nello stesso spirito Kra-. jcberg: o poeta dos vestigios di Walter Salles jr., in cui uno scultore famoso si relaziona con lematerie della foresta. Interessi sociali e ambientali con caratteristiche non omogenee, che oscillano dalle ricche produzioni televisive (non dimentichiamo l'invadente presenza di Rete Globo) a poverissimi video di impronta militante; lastessache s_iritrovanei lavori più urbani girati in quelle selve antropologiche che sono le favelas. Emerge complessivamente, in queste opere di autori brasiliani, una vitalità, alimentata da certi fattori sociali (tra l'altro le sospirate elezioni presidenziali) e ambientali (l'Amazzonia nelle attenzioni del mondo intero) che però, mi pare, non trova ancora un puntodi coagulo per esprimersi appieno. Non basta più la centralità del problema dell'identità nazionale, tematica cara al Cinema Novo, e non serve riferirsi ad un modello internazionale,. come quello ad esempio delle avanguardie statunitensi, che proprio qui hanno mostrato il loro esaurimento e la loro ripetitività. A questo proposito, simbolicamente, tuona ancora lo spirito impetuoso di Glauber Rocha per lanciare un ennesimo avvertimento. L'occasione, e siamo ancora a Tucano Artes, è la presentazione, pochi giorni prima della sua messa in onda negli Stati Uniti, di Ile Aye. Ultimo lavorodi David Byme, attesissimo video documentario sulla cultura del nord del Brasile, in particolare Bahia e Salvador. Il tramite è Paloma Rocha, figlia di Glauber, che espone una denuncia KAFKA A TEHERAN SCOPERTADELCINEJ\t\AIRANIANO PieraDetassis mentalismo islamico" (è stato, per esempio, il caso dell'edizione '89 di "Rimini Cinema") di evitare di · scegliere come terreno privilegiato quella cinematografia, l 'iraniana, che a ragione potrebbe apparire come patria elettiva di tale ideologia. A chi cerca conferma di una confusa idea dell'Iran komeinista mediata dai giornali, gli autori iraniani rispondono senza giri di frase: semplicemente con il cinema. Chador, Corano, lapidazioni e moralità islamica sono assenti dagli schermi. O, quanto meno, non sono queste le immagini che il "Farabi Cinema Foundation" sceglie di esportare all'estero. Benché il catalogo ufficiale, infatti, si apra con una prefazione titolata - più per dovere, lo si intuisce, che per passione-"IntheNameofGod", tutti i discorsi che vi si trovano nominano la Rivoluzione del 1979 solo per chiarire lo sforzo di incremento produttivo e di protezionismo interno (vietata, in particolare, l'importazione di film americani) messo a punto, nei confronti del cinema, dall'apposito Ministero della Cultura e dell'Orientamento Islamico. Lo stesso catalogo, prima ancora dei pochi film che ci è stato possibile vedere e di cui parleremo più avanti, suggerisce una sorta di doppia esistenza: i fùm possono essere di carattere storico o contemporaneo, racconmotivata dalla non corretta utilizzazione di diversi brani del fùm Barravento (Rocha 1961) da parte di Byme. In particolare si riferisce anche a un uso eccessivamente folcloristico delle sequenze scelte. Il risultato è la proibizione della sua trasmissione in tutto il territorio brasiliano. Un colpo pesante che ricade sul già fragile lavoro del regista-musicista americano. Il video, che ha come centro il rito del candomblè inserito inun vasto contesto culturale che va dal1' arte culinaria al football, dalla religione al cinema, non riesce a trovare la vena felice di True Stories e, come dicono i giornali brasiliani, "si ferma, forse per discrezione, sul sagrato". Ripensando al candomblè, alla mia nottata con là telecamera nell'occhio, all'ossessivo raccogliere immagini di questo rito immerso nel ritmo incalzante delle percussioni; ripensando a questa pratica che ho visto diffusissima del documentare tutto, non solo turisticamente ma anche per scopi più nobili, accade di notare una foga tipica di chi vuole raccogliere gli ultimi frammenti di cose che vanno sparendo, siano essi un rituale o il modo di costruire una canoa - una impressionante esigenza di catalogare, archiviare, memorizzare, tentare quasi disperatamente di far coincidere immagini ormai troppo differenti. tare episodi della guerra con l'Iraq o accennare al tempo prima della Rivoluzione, ma mai affrontano. quello che noi occidentali riteniamo il nodo fondamentale della vita e dalla società teocratica iraniana: la religione. Gli autori di Teheran, è evidente, evitano di addentrarsi in un terreno troppo insidioso, dove il blasfemo è sempre a due passi. Ma questa autocensura, associata a un altra che si può intuire e concernente più direttamente il sociale, ha, in qualche modo - e per il poco che posso testimoniare, avendo visto, in tutto, quattro film-affinato l'arte e lo stile dell'allusione, dando luogo -adun cinema senza troppi referenti, vicino alla categoria del "poetico", ma con violenta adesione ad una realtà che preme ed è espressa con tanta efficacia proprio perché costretta a farsi immagine a partire dal non detto, dal silenzio. I film di cui parlerò sono: Khaneh Doost Kojast (Dov'è la casa del mio amico?,1987) di Abbas 87

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