TEATRO LA POLITICA TEATRALE IN INGHILTERRA DALDOPOGUERRALlASIGNORATHATCHER GabriellaGiannachi ·Il panorama teatrale inglese sta lentamente mutando fisionomia: autori, attori, registi e intere compagnie sembrano ridotti al silenzio o costretti alla meccanica ripetizione di opere e tecniche tradizionali. Gli anni di sperimentazione al Royal Court, gli anni del teatro politico, dei workshop e della scrittura di gruppo sono ormai lontani, e con essi è sfumata l'immagine di un governo amico-mecenate, confidente attento e disponibile. Gli anni Ottanta sono anni di incertezza e l'odierno compromesso politico-teatrale "parla" le voci di chi urlava negli anni Settanta ·e "bisbiglia" quelle giovani: ai primi lentamente era dato, ai secondi, con altrettanta lentezza, viene sottratto. L'idea di sovvenzionare il teatro era nata durante la seconda guerra mondiale ed era sfociata, per iniziativa del celebre economista Maynard Keynes, nella creazione di un ente pubblico, l' Arts Council (1945), che, in collaborazione con le varie amministrazioni locali e regionali, avrebbe dovuto distribuire i fondi del govenfo a una serie di compagnie le cui attività fossero ritenute "ad un alto livello artistico". Alcuni fra i più brillanti intellettuali della nazione (ricordiamo J. Gielgud, L. Olivier, P. Ustinov, A. Guiness, P. Ashroft, e in seguito H. Pinter, P. Hall, T. Nunn, M. Attenborough e I. McKellen) si preoccuparono di conciliare gli intenti artistici con quelli del settore finanziario, mirando da un lato alla creazione di un teatro nazionale e di una serie di circuiti regionali disposti a portare il teatro in città e regioni lontani dalla capitale, dall'altro alla ricostruzione dei teatri londinesi distrutti durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, e all'incoraggiamento di voci nuove, più attuali, più giovani. La presenza e l'interazione di di-. versi circuiti di sovvenzionamento, con politiche artistiche talvolta opposte e comunque molto diversificate, facilitò la spontanea associazione di attori, autori e registi in compagnie attivissime dal punto di vista socio-politico e interessate a proporre nuove tecniche recitative, nuove voci, volti e problematiche individuali o di gruppo, a classi sociali che solo pochi anni prima . non avevano avuto alcun contatto con il settore teatrale. compagnie, che difendeva i diritti di parola e di espressione, e incoraggiava il rispetto dei contratti con i vari sindacati, si occupava della salvaguardia delle misure di sicurezza e della corretta distribuzione dei fondi fra i diversi enti regionali, e infine sovvenzionava generi artistici diversissimi come musica, opera, teatro, cinema, video, poesia e letteratura ecc .. Le amministrazioni locali si rivolgevano ai teatri-comunità, incoraggiando il contatto con le minoranze etniche e suggerendo di sviluppare in termini teatrali i problemi della vita di qmµtiere; gli enti regionali si proponevano di creare compagnie locali o di portare i più famosi gruppi della capitale a contatto con zone prive di teatri; gli enti comunali, in particolar modo quello londinese, e l' Arts Council sovvenzionavano sia i gruppi politicizzati, sia le più prestigiose e note compagnie nazionali. Il teatro inglese che noi conosciamo è l'espressione di questo interessante e complesso connubio di disponibilità politico-economica e creatività e iniziativa artistica.All'interno di questo vivacissimo panorama culturale non contano _tantoi nomi di singoli individui o dei gruppi teatrali, quanto la varietà qualitativa, la diversità, la collaborazione dei livelli politici, storico-teatrali e artistici.L'elaborazione di un progetto culturale all'ombra del Bloomsbury e sulle soglie del Welfare State ha portato così alla creazione di un meccanismo "quasi" perfetto che ha operato sui pericolosi e nebulosi confini fra arte e politica governativa per ormai più di quaranta anni con il risultato di "inventare" uno dei circuiti teatrali più vitali e interessanti in Europa. Se da un lato si agiva direttamente sul mondo artistico, sia con Siamo nei tardi anni Sessanta e nei primi anni Settanta: sono attivi i settori "fringe", di avanguardia, politicizzati; quelli nazionali, ovvero i maggiori teatri della capitale e alcuni teatri provinciali; quelli regionali e infine, naturalmente, quelli commerciali. Si trattava del risultato finale di una collaborazione voluta dalle alte sfere dell'Intellighenzia britannica che pagava le compagnie per lavorare con scrittori giovani, non affermati, o per rappresentare testi non messi in scena da tempo, che al tempo stesso pagava gli autori per evitare che fossero troppo condizionati dalle esigenze delle Non c'è alternafiva, fotomontaggio di Michoel Bennett. la distribuzione di fondi, sia con la difesa dei diritti di ciascun operatore teatrale, dall'altro lato si provvedeva, in collaborazione con le autorità didattiche, a fornire un'adeguata educazione teatrale nelle scuole e nelle università, nei centri d'incontro di quartiere e tramite festival. Nascevano così gruppi di teatro per ragazzi, gruppi studenteschi e urliversitari, gruppi di animazione di quartiere e centri ... centri per attori, registi, tecnici, ma soprattutto centri per scrittori dove, secondo il modello americano, si riunivano autori più o meno noti per leggere e quindi discutere i rispettivi testi teatrali. ·Intanto si sviluppavano anche diversi studi teorici di politica teatrale, di amministrazione del settore artistico e di ricerca, a livello di statistiche, sul pubblico, il cosiddetto alter ego delle evanescenti entità di palcoscenico. Si moltiplicarono così i sondaggi d'opinione e tutte le compagnie, da quelle nazionali a quelle d'avanguardia, spesso operanti in quartieri "difficili", si sfar - zarono di identificare e quindi di accontentare il proprio destinatario. Le 80
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