CINQUE POESIE Julio Cortàzar a cura di Danilo Manera Devo la lettura dell'ultimo libro di folio Cortli.zar, Salvo el crepusculo, Alfaguara, Madrid, 1985, alla splendida presentazione che ne fece Mario Benedetti a Salamanca nell'agosto 1988. Lo scrittore uruguaiano vi difendeva la poesia cortazariana, che è stata alquanto trascurata e invece, sebbene assai irregolare nelle forme metriche e non di rado prosaica, è di ottima fattura e costituisce un importante complemento della sua narrativa. Salvo il crepuscolo - aggiungeva - riveste inoltre un interesse addizionale, essendo il libro più soggettivo di Cortàzar, quasi una confessione, l'unico succedaneo possibile dell'autobiografia che non scrisse. Il libro alterna prosa e poesia, benché quest'ultima occupi la grande maggioranza delle pagine e molte prose siano semplici note a suo commento. Un progetto apparentemente suicida, ci dice l'autore, visto che per i due tipi di testo si richiedono attitudini e concentrazione differenti, tanto che il lettore potrebbe vedersi "costretto a cambiar voltaggio ad ogni pagina", col rischio che si brucino le lampadine. Ma Cortàzar si dichiara convinto che poesia e prosa si rafforzino invece l'un l'altra e che la resistenza nei confronti della poesia da parte di lettori ad essa potenzialmente sensibili si debba semmai alla seriosità artificiosa e all' aristocrazia formale con cui è presentata. Ugualmente irrilevante è la cronologia: Cortàzar fruga tra vecchi fogli di anni e luoghi diversi, in opere edite e quaderni manoscritti, guidato dalle scintille che fanno certi versi a incontrarsi tra loro o ad essere riletti a distanza d' aruù, traversie e disincanti. Ma non si tratta in nessun caso di un bilancio o .un florilegio; "Sarei dispiaciuto se, nonostante tutte le libertà che mi prendo, questo assumesse l'aria d'un'antologia. Non ho mai voluto farfalle spillate su cartone: cerco un'ecologia poetica, spiarmi e a volte riconoscermi da mondi differenti, da cose che solo le poesie non avevano dimenticato e mi conservavano come vecchie fotografie fedeli. Non accettare altro ordine se non quello delle affinità, altra cronologia se non quella del cuore, altro orario se non quello degli incontri inopportuni, quelli veri" (p.62). La vita e i libri sono per lui come l'autostop: si è per strada e non si sa se chi arriva ci darà o no un passaggio. Si mescolano così Mendoza e Nairobi, Gardel e Armstrong, Orfeo e Baden Powell, Masaccio e Gautama. L'Italia ha un posto di rilievo, non solo come scenario: Cortàzar pubblica anche tre curiosi sonetti in un italiano tramaccherorùco rinascimentale e cocoliche d'emigrante, che strapparono un "Accidenti!" a Calvino quando glieli lesse (p.108). E ogni ritaglio, rivolo o ricanto porta con sé una frase, il piccolo dono d'un autore caro: spuntano così frammenti di Baudelaire, Aragon, Cocteau, Apollinaire, Keats, Lorca, Cemuda, Trakl, Yourcenar, Dylan Thomas, Drummond de Andrade, Orozco, Vallejo, Paz, Lispector, LezamaLima e molti altri ancora. Il titolo stesso del libro è tratto da un brevissimo componimento del giapponese Basho: Questa strada/ non la percorre più nessuno/ salvo il crepuscolo. Ma non si tratta d'un libro caotico. A creare il campo magnetico che ridisegna e urùsce le schegge c'è la notte, e in fondo alla notte l'amore. Benedetti diceva affettuosamente che per i suoi lettori questo sarebbe stato una sorta di Cortàzar by night. Anche le citazioni rimandano sempre alla memoria notturna e amorosa di altri poeti. L'argentino convisse con l'insonrùa e col sogno. Il sogno si tradusse nella sua peculiare scrittura, l'insonnia gli creò uno spazio sospeso ("un fiume che in se stesso sfocia, la notte circolare", p.267), che moltiplicava l'intensità delle solitudini come delle vicinanze, ed era spesso invaso dal ricordo dell'amore, questa brace ardente quanto l 'irragionevole e irrinunciabile pungolo del sentimento: "Ciascuna delle ragioni che ci riportano all'amÒre è la ripetizione di ragioni esaurite e consunte" (p.182). Un ottimo esempio è il ciclo La notte delle amiche, stampato nella bellagrafiadell 'autore, in cui una notte solitaria si popola di donne reali e immaginarie che si parlano, giocano, s'accarezzano. Se alcune delle poesie d'amore cortazariane devono il loro incanto all'estrema misura e semplicità, in molte altre il linguaggio e le immagini sono assaipiù espansivi di quanto accada nella narrativa. Quest'uomo, che avevatanto pudore a parlare compiaciutamente di sé come certi suoi colleghi,si ritrova nudo nel cuore di queste sue notti, e non lo soccorrono nemmeno il ludismo e la comicità che ravvivano tante delle sue creature diurne. Sembra quasi che l'ultimo riparo escogitato dalla sua ritrosia siaproprio il ricorso ai versi. Non è troppo strano che sia questo percorso notturno e segreto, solitario e interiore l'estremo dono che ci ha lasciato. Anchelui - diceva Benedetti - in quei suoi ultimi tempi, mancatagli prematuramente la compagna più cara, doveva sentirsi crepuscolo e percorsequesta strada per sé e per gli altri.Non si pensi infatti a unrinunciatario: Cortli.zaroffrì fino all'ultimo la sua schietta energia, riversandola ancoranel1'adesione alla rivoluzione nicaraguense e nell'impegno per la rinascita dell'Argentina. Anche questo tango inmusicable, questi passi lungoil cammino che si fa notte sono un segno del suo vitale coraggio; e chiudendo il libro si sente che il gran cronopio è sempre con noi. Julio Cortàzar (foto di Sara Facio, 1967). 65
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==