Linea d'ombra - anno VII - n. 43 - novembre 1989

STORIE/BRANNER Come poteva scoppiare una guerra in un mondo d'amore appena sbocciato? L'indomani la grande arteria lottavaancoracon i germibianchi. Ma oraeranosopraggiuntii segnid'una infezionenuova:uniformi. Uniformi marroni e azzurre.Non si vedeva quasi nessun soldato, solo ufficiali. Erano comparsi all'improvviso, come se un segnaleconvenutoli avessefattiuscireallo scoperto.Entravano nelleporte e uscivanodalleporte, avevanocon sé dellecartelle, i lorovolti sotto le fogliedi querciaerano impenetrabiliegravi. La genteli guardavae si facevadaparte. Per le stradec'era anche più polizia.E il silenzioparevaessersi estesoal traffico:tuonava e rimbombava, certo, ma con un cupo silenzionell'intimo. Lo si sentivanei nervi. "Ma non può essere poi così grave, ancora", dissi a Winnie. "Ci sarebberodegli assembramenti.Sfilerebberodei cortei, con tanto di discorsi e tumulti. Sarebbe tutta un'altra cosa." Lei non rispose, da tempo stavapensando a qualcosadi pre- . ciso. "Attraversiamo",dissea un tratto. "Forse verremoa sapere qualcosaall'agenzia di viaggi scandinava." Scendemmo in metropolitanavicino all'Odéon. Il treno era strapieno,la gente stava in piedi e leggeva i giornali.Un treno di giornali trèpidantie sobbalzantiin corsa attraversoun lungo tunnel nero; sguardiche saltellavanoal di sopra delle righe;mascelle che masticavano i virus. Ma quando uscimmo al sole, nella piazza dell'Opéra, tutto fu improvvisamentediverso, molto più luminoso e più tranquillizzante.Le tende rosse luccicavano, la gentecamminavain una fiumanacicalante, laggiùdavantial Café de la Paixc'era una quantitàdi personeelegantichechiacchierava vivacemente.Pareva che tutta la riva destradellaSennaparlasse ancora. Discendemmol' avenuedel 'Opéra ed entrammonell'agenzia di viaggi.Anche lì si parlava, una quantità di personegridava in danese e svedese. Il funzionariodanese si appoggiavacon entrambele mani al banconee assicuravaa due sig~e che non sarebbe scoppiata la guerra. "Ma no, la guerra non c1sarà", lo sentimmodire, "possono crederea quel che dico. È tuttoun falsoallarmecomein set~embre...I giornali?Suigiornalinonpossonofar conto.E inognicaso hannotuttoil tempoper pensarcisopra.Tornino domani, dopodomani. Oppure la settimana prossima. C'è tempo."Poi si rivolse a unasignorasvedesee ledissele stessecose con accentosvedese.Le ripetéa una terzapersona,a unaquar~ ta, se nestavapiantatosulleduemani,poggiate sulbancone,e faceva da diga contro la correntedi panico. Winnie e io non aspettammo il nostro turno, uscimmo dall'ufficio. "Lo vedi", dissi, "non è niente." Tende rosse brillavano, la via era ricca e larga, molte lingue turbinavanonell'aria. Lì le nazionidell'uni verso s'incontravano eparlavanoancoratradi loro.Ragazziniinuniformeazzurrastrillavanoi titoli dei nuovi giornali,le loro voci squillavanodi luminosa fiducia. lo cominciavogià a ridere della guerradi Winnie. Poi ci fermammoa guardare cosa succedeva in fondoa una traversa.C'era una lunga fila di persone davanti a unaporta a vetri. Nonparevanospaventate,nonparlavanonemmenotraloro, se ne stavanotranquille,pazienti, e aspettavanodi essere fattepassare a gruppi.Quando uscivanoda un'altra porta avevanoognuno un involucrometallicoappesoal braccio.Non potevatrattarsiche di maschere antigas. "Ma è solo una misura di sicurezza", dissi a Winnie. "Di per sé non significa nulla." Restammosedutiperun po' sull'angolo, alCaféde laPaix, osservand.:l>agente.C'erano signoricon il panciottobiancoe il monocoloe signorecon la lorgnettee il barboncinoal guinzaglio.Ci fecerorideree ci rassicurarono:finché se ne stavano lì sedutinon potevascoppiareunaguerra.Non sipoteva rimaneresedutie avere quell'aria subito prima di una guerra. Parlammoanimatamentetutto il tempo, ci sentivamopieni di vitanel nostrointimo.Comeper unagioia che fosse tornataa noi. Ci venne in mente un piccolo ristorante dov'eravamo stati quasi dieci anni prima, un posto dove la luce entrava smorzatadalle tendinea quadretti e dove c'era stato servito il migliorecibo che avessimomai mangiato. Ci alzammo immediatamente, volevamoprovarea ritrovarlo,vederese esisteva ancora.Eramoltolontano e dovemmocercare a lungo, ma lo trovammo,ed era come . unavolta.Anche il padronee la padrona erano gli stessi.Sedemmo alla luce smorzatadietro le tendine a quadretti e il modo con cui fummoservitici dicevacheci eravamoappenaincontrati,che non eravamosposati affatto,Winnie non era che l'amante di un uomo e io l'amante di una donna. Il padrone versò del cognac e ioversaidel cognac,e ci raccontammoavicenda,intre lingue,che non ci sarebbe stata la guerra. E il padrone e la padrona sorriserocomeadireche laguerraeraun'assurdità inunmondodoveesistevamonoi due. Come poteva scoppiare una guerra in unmondo d'amore appena sbocciato? " ...pas guerre, kein Krieg, no war..." Su quella disposizioned'animo basammo tutto il resto della giornata,eanotte tardastabilimmoche non saremmotornatiacasa. Avevamocomunque una settimana, e la volevamotenereper noi.Cipromettemmoa vicendachenon avremmopiùparlatodella guerra e non ci avremmonemmeno pensato. La mattinasuccessivamanifestibianchi eranospuntaticome fiori su tutti i muri e gli steccati:Mobilisation!Non facemmoparoladi queimanifesti,ma li vedevamodappertutto. La grandecircolazionesanguigna presentòun nuovo fenomeno,i soldati.Prima li si vide uno a uno, come piccole macchie brune, poi si raggrumaronoin gruppi, poi in colonne. Erano dappertutto, i volti tranquilli,e la gente passava loro accanto con il volto tranquillo, senzanominarli.Il gran silenziosi estendeva semprepiù, e attraversoquesto silenzio penetrarononuovi rumori: calpestiodi cavalli e rombo di ruote pesanti. Di notte, distesi sul letto, li sentivamo sul boulevard. Non ne parlavamo, ce ne stavamo ognuno dallasua parteeaspettavamochefinisse.Maduravatuttalanotte. Le fasidellamalattiacambiavanodi ora inora, tuttosi trasfor- · mava intonoa noi. Un pomeriggioche eravamo seduti in riva alla Senna vedemmo un'interminabile fila di autobus verdi attraversareuno dei ponti - erano tutti gli autobus di Parigi che comeunmiraggiosvanivanodinanziai nostri occhi.Unaltropomeriggioeravamoseduti propriodi fronte alla Gare St.Lazare e vedemmoarrivare un furgone dopo l'altro - prima ancora che si fermasserosaltaronogiù dei piccoli ufficiali stretti nelle loro divise, ognunocon la sua valigia,e si affrettarono in direzionedei treni. In mezzo.ali'atrio della stazione, i soldati semplici formavano una massa compatta di lana, e un po' a distanzac'erano le donne,vestitecome di consueto,con i volticonsueti.Nonvedemmotracciadi pianto o di abbracci,se ne stavano lì stranamenterigidi,comese un gruppononavesse in realtà nientea che farecon 55

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