STORIE/V ACULIK NOTA SUL CANCRO Pubblicataa .insaputadell'autore Come ogni primavera anche quest'anno ho trovato in giardino un nido di merli. C'erano quattro creature implumi e cartilaginose. Quando hanno avvertito la mia ombra hanno sollevato tremanti la testolina cieca e uno ha spalancato mostruosamente il becco. Mi sono deciso, sul pino si vedeva solo uno scoiattolo, ho allungato la mano e con due dita ho chiuso quel becco per verificare quanta forza ci fosse. Era pochina, ma no~evole.Ho lasciato perdere gli uccelli e me ne sono andato per i fatti miei. In questi due giorni avevo in programma di spargere il fertilizzantee una ricerca sul cancro. Voglio anche contribuireal chiarimento di questo crudele fenomeno della natura che tanto ci terrorizza e che infine conduce spesso a una morte prematura. Come ogni aspirante, mi sono letto un gran numero di articoli, brevi e lunghi, chiari e incomprensibili, sul cancro e le sue cause, sui limitati,eccellenti successi nella cura, sulle prognosi positive per i sani e le audaci speranze per i malati. Soali' incirca che cos'è il DNA (prima serivevanoDNK), e in certo qual modo ho una mia idea dell'intervento del virus sulla cellulanormale, ma non potrei tenere una conferenza in proposito. In questa materia l'ultima parola ("Vesmìr" n.4, 1984) che aveva rafforzato le mie vecchie e infondate ipotesi è la parola oncogène. lo la intendo così, che I'oncogène può anchefar parte della cellulasana e che i virus lo trasportano qua e là finchénon si fissa.Naturalmenteanche il bacillo di Koch fa partedella natura, ma questo si può eliminare dall'organismo dell'uomo. Ciò non vale con il nostro oncogène per via della sua universalistica parvità, che lo colloca nella sfera delle particelle strutturali infinitesimali dellamateria viva. Le misure igieniche non ci proteggono; nessun anticorpo lo attacca con precisione. Temo che i centri specializzati giungeranno a unqualche sistema di difesa individuale, nel campo"dell'ingegneria genetica", ma pernoi altri siprospetta comunque solo una nuova violenza sulla natura e uno spostamento del controllo politico fin dal periodo pre-eiaculatorio. Nel letame ho adocchiato un lombrico.L'ho preso e sono andato a mostrarlo alla nidiata di merli. Ho trovato gli uccellini già ricoperti di un corto piumaggio. Tutti hanno sollevato la testolina e unodi loro con sfrontata sicurezza sul proprio diritto alla precedenza ha spalancato il becco. Ho fatto in due pezzi il lombrico. La parte anteriore continuava a voler strisciare in avanti, la parte posteriore si contorceva caotica. E questa l'ho messa nel becco aperto. Poi, per esperimento, ho offerto il davanti del lombrico, dalla parte mozzata, a un'altro becco che si stava schiudendo ma senza troppa voglia. Appena, per esperimento, ho girato il lombrico, esso abilmente si è arrampicato da solo fino ali' esofago di quell'affarino. Mene sonoandato per i fatti miei e lo scoiattolo sopra di me anche. Visto che l 'oncogène è dunque tanto diffuso e universale, è il caso di continuare a considerare i suoi effetti una malattia? È lecito smerciare,sminuire e forsedavvero calunniare con questaparola la vicenda cosmica di cui i nostri corpi si fanno infelice teatro?Non si nasconderà inessauna qualche essenziale informazione (un credente direbbe addirittura messaggio) sull'origine dell'uomo? Ma la nostra consuetudine, ottusamente, ci vede solo un insidiosodisturbo e lo rimuove come un tempo rimuoveva l'uranio con un pezzo di roccia. 46 Tutti, un giorno, abbiamodovuto decidere se siamo stati creati o se siamo il risultato di un'evoluzione. Noi scienziati abbiamo scelto l'evoluzione, anche lo scienziato più ingenuo è contrario alla creazione: dall'acqua alcuni pesci si sono trascinati fuori sulla terra ferma, e lì perraccogliere i frutti si sonoeretti sugli arti inferiori, Engels gli ha insegnato a lavorare e l'esercito ne ha fatto degli uomini. L'evoluzione naturalmente continua: all'apice c'è quindi la progenie dei segretari-internazionalisti del partito. Per l'aspetto esteriore, dunque per quel che riguarda lo scheletro, i muscoli, la peluria e lo stipendio, l'evoluzione è liscia, limpida e soprattutto giusta. Stanco, non tanto del lavoro quanto del gran pensare, mi sono messo a fare il caffè e l'ho bevuto con calma al tavolino bianco sotto il pero, che durante le mie considerazioni ha avuto il tempo di far spuntare i germogli e di dividere ognuno in un corimbo di germogli più piccoli che si svilupperanno in bianchi fiorellini, e questi vestiranno il tronco del velo nuziale. Tutto in natura corre in fretta e diritto alla meta, solo l'uomo, stolto, non fa che deviare!Con il cucchiaino da caffè sono andato alla capanna aprendere il sacchetto del superfosfato, ho fatto un cenno di capo allo scoiattoloe mi sono avvicinato al nido dei merli.Ma mi sono spaventato!Contro di me sono scattate delle teste nere con occhi aggressivi e tutti i becchi che si aprivano. Ho infilato in ognuno un cucchiaino da caffè di concime, non un grammo di più, e mi sono rimesso ali' opera. Si accetta ormai tacitamente che l'evoluzione fisica deli 'uomo si sia felicemente conclusa. Da questo ora parte l'evoluzione guidata dallo Stato dei gruppi della popolazione differenziati secondo i loro compiti nella produzione. Ma che accade se - questa è la mia antica ipotesi ora confermata - che accade se l'evoluzione dell'uomo, seguita solo nei suoi aspetti esteriori, si svolge interamente nel singolo individuo, ricomincia nelle sue cellule e nei suoi gèni? L'uomo sano: questo è stato introdotto semplicementeper equilibrare, in un certo senso è un organismo fermo, conservato, è davvero il braccio monco del!'evoluzione. Può darsi però che la natura abbia compreso quel che è avvenuto, a cosa mira lanostra avanguardia, e voglia cancellarne l'obiettivo. È stupido sperareche l'ulteriore evoluzione ci bolli soltanto con la calvizie sui crani ipertrofici dei dotti, il sedere del tennista dei direttori e la flebile vocina degli operai! La materia viva progetta continuamente nuove combinazioni. Lavoriamo dolorosamente alla nascita di nuove immunità, organi e facoltà. Col metro di misura dell'evoluzione non è ancora finito il Sesto Giorno! Un po' più in là, nel cespuglio, qualcosa si agita. Vado, ecosa non vedo! Un grosso uccello di strana forma sta calpestando con l'artiglio una preda che si difende ... sì, è il miomerlottino, alto mezzo metro, corto e grasso, che col rostro cerca di suonarle allo scoiattolo. Paralizzato dal terrore e dall'interesse scientifico sto a fissare l'uccelletto che riesce a portarsi la preda al becco e la sta ormai inghiottendo, mentre strabuzza gli occhi duri come il metallo. Solo a questo punto mi sono ripreso e con qualche colpodi pala ho ucciso l'uccello, esau~toper lacaccia e irrigidito dallo scoiattolo in gola. Sonoandato a cercare gli altri uccellini. Non sapevano ancora volare, saltavano solo a un metro da terra, non potevano superare il muro di pietra e la siepe. Due li ho fatti fuori con successo, uno però ha trovato un buco e secondo una ferrea legge della scienza e della ricerca è fuggito nel mondo. (Maggio 1984)
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