Linea d'ombra - anno VII - n. 43 - novembre 1989

IL CONTESTO to, come è stato sostenuto in {IlOdotroppo perentorio da Cacciari, una sorta di radicale sfiducia nei confronti del linguaggio in quanto tale - alla maniera, per intenderci, di Wittgenstein. Anche perché, se non altro, una simile idea sarebbe apparsa a Michelstaedter troppo ingenua, e veramente in balia della rettorica, se per esempio pensiamo che al principio del secolo era stata prima divulgata da Bergson, e poi orrendamente banalizzata dai dilettanti di filosofia Papini e Prezzo lini. Il problema di Michelstaedter è invece un altro: come fondare un'espressione, contemporaneamente lette~aria e filosofica, che esprima non la persuasione (la quale per definizione, quando è, è incomunicabile), ma la via alla persuasione. Non esistono, è ovvio, ricette dogmatiche, viaggi collettivi e socializzanti - secondo la moda dei contemporanei e ben accessoriati futuristi, tutti a bordo dell'automobile marinettiana, e con le cinture di sicurezza allacciate. Lo stile, che è sforzo di conoscenza e di scavo argomentativo, deve essere ogni momento rifondato e ridiscusso: anche se poi il punto di arrivo, il centro dell'argomentazione, è in qualche misura già noto. Deriva di qui quello che volentieri chiamerei un procedimento 'a spirale', un movimento dalla periferia al centro, una sorta di deduzione costruita su poche parole invarianti, dentro le quali è scoperto un senso che, paradossalmente, esse già possedevano, anche se in modo solo virtuale. Tipico è il caso del peso che pende e che dipende, dove tutta la complessa argomentazione si fonda, in sostanza, sull'analisi delle implicazioni etimologiche immanenti alle tre parole, che sono costrette a rivelare il loro significato implicito, e tuttavia non convenzionale. Ed è noto Il canto delle crisalidi, un testo poetico che coniuga di fatto due soli significati, 'vita' e 'morte', aggrediti da un'ipnotica furia ripetitiva che ne rovescia dialetticamente il valore ("Vita, morte,/ la vita nella morte;/ morte, vita,/ la morte nella vita/ .../ Ma se vita/ sarà la nostra morte/ nella vita/ viviam solo la morte"; e il ritmo è quello di un vitalissimo slogan luttuoso: provate a scandirlo-se con gli slogan avete familiaritàe vedrete). Del resto, sia in poesia sia in prosa la tecnica della ripetizione sbilanciata verso un fuoco di senso, un centro di significato, è talmente diffusa da richiedere, per illustrarla, la trascrizione di intere pagine. La guerra alle parole è insomma guerra per un significato diverso, non reificato (per "l'attribuzione di un nuovo senso delle parole", ha affermato Francesco Muzzioli). Anzi, Michelstaedter sembra in qualche caso avere una fiducia persino eccessiva nelle istituzioni dell'arte, e in modelli tutti in qualche modo classici: il poema parmenideo e i dialoghi platonici; Leopardi e Carducci, con- sullo sfondo -magari anche Petrarca e O' Annunzio. Ma è soprattutto Leopardi ad agire in Michelstaedter (sia con i Canti sia con le Operette), proprio per il suo paradossale 'sperimentalismo' classicista, legato contraddittoriamente a un'istituzione, ma pronto anche a superarla. E non si tratta di una scelta idiosincrasica, se negli stessi anni attingono al modello Leopardi poeti come Saba, Sbarbaro e Rebora, e se soprattutto i primi due pervengono ad analoghi esiti di scavo paziente, praticando una critica dell'esistente che si avvale di un discorso formalmente composto e non avanguardistico. Per Michelstaedter, inoltre, il legame con Leopardi è probabilmente ancora più importante. Entrambi postulano infatti una 'filosofia' inattuale e controcorrente, in qualche modo semplificatoria e riducibile a poche invarianti: ma è appunto nella prassi espressiva, cioè nel testo, che quella visione del mondo acquista il suo più vero senso. Per entrambi il pensiero deve farsi scrittura, e sa che la letteratura è sempre un atto di interpretazione totalizzante, unificante, della realtà. Ben istruito da Leopardi, Michelstaedter si muove stando fermo, combatte consistendo. Postula un valore, adialettico, dualistico, ma poi lo cala in una dialettica che sembra spesso metterlo in crisi. Fra i suoi progetti, il pensatore Michelstaedter aveva quello di imbarcarsi come marinaio. Ma, si sa, le buone filosofie sbucano sempre dove meno te le aspetteresti: è rettorica pensare che sulla piazza Tian An Men un bel po' di gente si è incamminata sulla strada della persuasione? (Maggio 1989) Una nuova collana: 32 - I Rombi "Un orizzonte in tasca" Sull'orizzonte, sulla carta nautica o sulla bussola il rombo è figura che esprime la direzione delle trentadue aree di vento. Prende il nome dalla forma dell'ago magnetico e, per estensione, indica la linea lungo la quale si muove la nave. Il rombo è tuttavia qualcosa di meno definito, di meno preciso della rotta e porta con sé l'idea della variazione, della ricerca d'orientamento, del tentativo. I "saggismi" che verranno proposti in questa collana di tascabili, a prezzo contenuto, senza delimitazioni cronologiche e generalmente nuovi per il lettore italiano, vorranno anch'essi indicare alcune, differenti, direzioni, senza avere l'ardire, per ora più velleitario che romantico, di stabilire una rotta unica. · Nell'affrontare i differenti temi, di attualità o inattualità, nei confronti di scrittore con scrittore e nelle loro diverse metamorfosi, non tutte già previste, I Rombi tenteranno, come diceva Musil del saggio, "il massimo rigore raggiungibile" in campi "in-cui, per l'appunto, non sia possibile procedere con esattezza''. Siegfried Kracauer Sull'amicizia Il cameratismo, la colleganza, l'amicizia intermedia e il dialogo fecondo. Le due voci che si cercano da sempre. Pagine 128, lire 15.000 John Gardner Come si di~enta scrittori Prefazione di Raymond Carver I particolari. Le nevrosi. Le tecniche. L'esperienza di un maestro di "scrittura creativa". Pagine 176, lire 16.000 ,

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