Linea d'ombra - anno VII - n. 43 - novembre 1989

IL CONTESTO CONFRONTI Ungiovane, ' rande scrittorecinese ra Jacklondon e il Tao GoffredoFofi' Nella Cina di Deng stava maturando una "rivoluzione culturale" di notevole peso e misurl La produzione letteraria e cinematografica che è stato possibile apprezzare in Occidente è numericamente scarsa, ma tale da giustificare una grande attesa, una grande speranza. Non hanno avuto ancoramolta circolazione i film di Chen Kaige, un regista di rilievo mondiale, un vero e raro poeta, capofila della cosiddetta "quinta generazione" del cinema cinese. E i romanzi e racconti che si sono letti non sono molti (pubblicati in Italia da Garzanti - ma si tratta del romanzo, peraltro molto buono, di W ang Meng, ministro in carica sotto Deng, anche per questo scoperto e premiato in Europa facilmente - da E/O, da Feltrinellì). Bisogna ancora rivolgersi alla Francia e all'Inghilterra, molto più attente dell'Italia a intravedere il nuovo dell~ cultura orientale, per scoprire altri libri importanti. Penso alle memorie della guardia rossa Hua Linshan (Les années rouges), un libro tra i pochi davvero utili a capire la Cina di e sotto Mao (edizioni Seul). E penso alla trilogia dei "Re" di A Cheng, uscita in Francia in un unico volume delle belle edizioni Alinea (Les trois rois, 1988) di cui inltaliaMaria RitaMasci ha egregiamente tradotto il primo racconto per le edizioni Theoria (Il re degli scacchi, pagg. 92, lire 12.000). A Cheng è nato nel '49, figlio di un critico cinematografico importante, ed è stato spedito·per ben dieci anni in campagna quando Mao decise - dopo aver scatenato la rivoluzione culturale.e aver portato nelle città decine e decine di migliaia di giovani turbolenti che non avevano nessuna intenzione di starsene buoni-di mandare gli studenti (gli "elementi istruiti") a rieducarsi nelle campagne. Dove vennero a volte malissimo tollerati dai contadini (bocche inutili e rumorose) e cond~ssero vite ai limiti della sopravvivenza, occupati in lavori agricoli utili soltanto laddove una qualche programmazione collettiva prevedeva l'uso di mano d'opera così massiccia e impreparata. · 28 È a questa esperienza che si rifà la trilogia dei Re, con una pacatezza e serenità invidiabili. A me pare uno dei libri più importanti di tutti gli anni Ottanta. Posso sbagliare, naturalmente, ma credo che A Cheng sia una delle rare rivelazioni del decennio, uno scrittore destinato forse a diventare un vero "grande". Nel Re degli scacchi egli cita London e Balzac (a proposito del cibo, una delle due ossessioni di questo "re", l'altra essendo ovviamente gli scacchi), e sappiamo dalle sue note biografiche che grazie al padre ha potuto leggere per tempo i capolavori della letteratura europea dell'Ottocento da Tolstoj a Dostoevskij, da Hugo a Zola. Appartiene alla schiera più amata, quella ormai sottile degli scrittori narratori, quelli cui la natura e la storia hanno dato il privilegio di saper raccontare cose davvero significative per gli altri, per il proprio popolo e per i propri contemporanei. C'è alle spalle-immagino, e deduco dalla visione del bellissimo film di Chen Kaige dal Re dei bambini - anche la pratica della narrazione orale che, per i giovani isolati e comunitari, costretti al gruppo, dell'esilio rivoluzionarculturale maoista, dovette essere un esercizio di comunicazione necessario e pressoché unico. A Cheng ha sentito molte storie, molte ne ha raccontate e ha imparato a raccontarne, e diventa nei suoi libri come una sorta di testimone superiore e individuale di una estrema esperienza collettiva. (All 'inizio del film da Il re dei bambini una didascalia ricorda la rivolu: zioneculturaledicendo che, nonostante tutto, ebbe un merito: quello di far conoscere a tanti giovani cinesi la realtà della loro terra). La trilogia dei Re comincia con Il re degli scacchi: l'incontro del narratore, che viene da una piccola borghesia istruita, aggredita e avvilita dalla rivoluzione culturale, con Wang il "Topo di scacchiera", che viene da una sorta di sottoproletariato, o proletariato urbano poverissimo. Un terzo giovane compare nel racconto, Ni Bin, di antica stirpe e cultura, ma ugualmente coinvolto, e per di più scacchista appassionato anche lui, al contrario del narratore. W ang vive di scacchi e ha due punti fermi culturali nella sua vita: il cibo, attorno a cui sa ragionare con darwiniana competenza, e gli scacchi. Ovvero il corpo eia mente, e la mente vuol dire anche la morale. La sua passione lo ha portato a contatto con alcuni rappresentanti della vecchia Cina: emarginati filosofanti, o provinciali che hanno visto negli scacchi, come insegnano a W ang, uno specchio della Vita La strategia degli scacchi è la strategia della Vita: e il vecchio grande campione che alla fine W ang batte, lo elogia per aver "fuso il metodo taoista e quello Zen" e per "l'abilità nella pianificazione" della partita. Il raccoglitore di cartaccia che in città gli avevafattoleggereunvecchiomanuale di scacchi, gli aveva anche insegnato la superiorità degli scacchi (della filosofia e della espe- ~enza piena della vita) sulla politica e le sue contingenze: "ci sono ogni giorno nuovi dazibao, ma si può intravederne il senso solo in parte, non si può arrivare a penetr_aretutta la verità: non tutti i pez-. z1 sono nella scacchiera, è una partita che non si può giocare" (p. 39). Gli scacchi - che nella bella Novella degli scacchi di Stefan Zweig servivano al protagonista prigioniero dei nazisti come esercizio intellettuale pernon diventare pazzo - sono le cose date, immutabili, chiare, dentro le quali è però possibile scegliere il percorso, la propria personale saggezza. Sono le cose dette e scoperte, non quelle mai del tutto aperte e sempre manipolanti, e sempre o quasi sempre menzognere della politica. Agiscono nel racconto di A Cheng, n~l finale della grande partita, come una sorta di efficace metafora globale. Lo scontro può ricordare anche il finale di un film affascinante come il vecchio Spaccone di Rossen, sull'arte del biliardo, (o un western fordiano o langhiano) ma ll la filosofia era solo lalondon-hemingwayana-una., delle componenti della cultura di A Cheng, ma non la sola. Il terzo dei suoi racconti, Il re dei bambini, è il più semplice, il più commosso: perché ora A Cheng si presenta in prima persona e parla di sé, chiamato a far da insegnante, dopo sette anni di lavoro in montagna, in una miserabile scuola, e naturalmente entusiasta, e naturalmente aggredito dalla Politica ( dalle Direttive, dal Programma, dai Funzionari del "Grande Timoniere"), ma senza risentimenti-e con la convinzione di aver molto imparato: sugli altri, sulla pedagogia come legame del nuovo con quella filosofia che è "visione del mondo"; del mondo contadino e dell'antica Cina, di cui i vecchi de Il re degli scacchi sembravano dover essere gli ultimi esponenti e messaggeri. Nel racconto di mezzo, il protagonista è Xiao il Nodoso, un boscaiolo dalla vita picaresca invisa alla linearità dei burocrati, che muore quando - dietro la spinta che si vuole nuova e rivoluzionaria del fanatico studente Li Li, l'impeccabiledottrinarioconi!Libretto Rosso sempre in mano - i membri del gruppo di lavoro abbatteranno un meraviglioso, enorme albero in cima a una collina. Di esso Xiao sa che è la Natura, che è l'Eterno, che è il Mondo che ora il Progresso finirà con il distruggere. Qui la metafora del racconto si fa di una straordinaria pregnanza, anche extra-cinese, molto universale e molto ma molto attuale: un racconto per i verdi senza bandiera, che speriamo di veder presto tradotto. Gli 80 anni di Norberto Bobbio Bobbio ha compiuto 80 anni alla fine di ottobre, ed è stato festeggiato da più parti come di dovere. Egli è uno dei sempre più rari intellettuali al cui insegnamento abbeverarsi, dal cui rigore politico e morale . prendere esempio. "Linea d'ombra" ha pubblicato suoi testi e testi sulla sua opera, della quale continuerà a occuparsi in futuro, e gli è grata dell'attenzione con la quale ha voluto seguire la sua evoluzione, orgogliosa di poterlo considerare tra i suoi maestri. Ancora per molti anni, e sugli argomenti davvero di. fondo.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==