IL CONTESTO della Libertà (! ). Wayne, un fan dell'America ossessionato dalla civiltà di un secolo prima (la nostra America) è un po' il personaggio centrale, ma ogni membro della spedizione porta con sé in America una serie di fantasie da verificare in una terra apparentemente vuota da ripercorrere epicamente sui carri dei pionieri - la sorpresa è quella di trovare che nella geografia e nell'ecologia stessa del paese i vecchi sogni continuano a svolgersi: il modello militaristico del desiderio 'mantiene intatta la sua forza anche in assenza di alcunché per cui combattere. Il mito del continuare ad andare a ovest finisce semplicemente in ancora un altro incontro con l'imperialismo, prefigurato e mascherato dalle proiezioni laser messe in opera da un reincarnato Charles Manson (che funge da Mister President nella stanza dei bottoni dell'appartamento già di Howard Hughes nel mezzo di una giunglificataLas Vegas), dalla Monroe, daMickey Mouse, dagli attori del western, tutte icone vuote del potere che continuano a esercitare la loro minaccia anche se sono ormai dissanguate di ogni sostanza. In questo fin troppo ricco diorama terminale del sogno americano (Manson finirà per darsi la morte col suo Titan a testata nucleare, che vaporizzerà anche la mitica 'città dei giocatori') Ballard affronta tuttavia un tema che è centrale alla nostra esistenza contemporanea: il tipo di liberazione immaginativa (non solo tale?) che potrebbe succedere alla libertà dalla necessità che in qualche modo si è finora ottenuta - quella libertà che, non fosse per la bramosia dell'avere e la nostra paura del non avere, potrebbe diventare prerogativa di ognuno su questo pianeta. Questo è il punto di partenza di Ciao, America: la percezione che la cultura americana, l'immaginazione americana come ora la conosciamo, è stata la prima a servire una società che, di gran lunga, ha liberato i suoi membri dalla lotta per la sopravvivenza, la prima a coesistere con la società di massa, coi mass media, la prima che non sia stata compro.- messa con un passato preindustriale. I prodotti di questo, le sue mitologie che occupano la nostra coscienza occidentale e ne sono imbevute, possono perciò essere i primi passi di una coscienza liberata dell'uomo: ci attraggono ossessivamente - ma ... ma sono anche primi passi profondamente lordati dalla sostanza unica della rapacità e dall'orrore della società americana. Per rappresentare questo complesso di percezioni, questo nesso conoscitivo, Ballard ricorre a un veicolo narrativo superficialmente fantascientifico. Ma c'è di più: se vuole rappresentare questo reale lo fa unicamente imitando le modalità in cui il reale pos trnodemo così soavemente dispone di se stesso. Il piacere un po' morbido dei complessi ma eticamente vacui ingrandimenti della disperazione, dello stato terminale, allinea lo scrittore ai molti tentativi di messa in scena di unfrisson feticistico. Il punto insomma non è tanto che si soffra troppo per una nostalgia del reale quanto che non se ne soffra abbastanza: di fronte a questo sfoggio di decadenza - "così ricco e così corrotto" - viene un po' voglia di dire: "se siamo davvero a questo punto sono davvero questi gli scrittori che più hanno a cuore le sorti di questo nostro mondo?". Il che non vuol dire "non leggiamo più Ballard". 24 MEMORIA I silenzi di PaolaMasino Sandra Petrignani Foto di Paola Agosti. I cassetti pieni di racconti e di poesie mai pubblicati Paola Masino cercava di ignorarli. Ne parlava con un'alzata di spalle. "Forse", diceva, ''se avessi avuto davvero talento non proverei questa indifferenza. Forse è bene che siano rimasti li". Eppure aveva scritto negli anni Trenta (ristampato nell '82 dalla Tartaruga) un romanzo bello e stravagante, ironico o tragico, visionario e attento al dettaglio realistico, quel Nascita e morte della massaia che Enrico Filippini aveva definito "uno dei più belli di quella stagione letteraria". Sisentivamolto sola e in guerra con il mondo intero, questo mondo moderno frastornante, volgare, affollato che non capiva e si rifiutava. di capire. Si sentiva una sopravvissuta, una clandestina a bordo di una nave inutilmente complicata che non valeva la pena esplorare. Forse per questo nascondeva lo sguardo dietro occhiali assurdi, dalla montatura nera e pesante, enorme sul suo piccolo viso, con lenti scure che non permettevano di capire dove esattamente guardasse. Un giorno di maggio molto piovoso di questo suo ultimo anno (è morta in luglio, a ottant'anni) ero andata a trovarla. Non si sentiva bene, stava a letto, e per la prima volta l'ho vista senza gli occhiali. Mi ha sorpresa la sua bellezza, più che una semplice traccia del passato. La pelle molto chiara, gli occhi molto chiari, i capelli sciolti e lunghi, radi ormai ma con le onde aggraziate che dovevano aver costituito il loro fascino di una volta. Ora PaolaMasino, distesa e sofferente, somigliava al ntratto che le aveva fatto De Pisis, appeso in salotto, tanti anni prima. In pochi tratti essenziali il pittore aveva saputo cogliere della giovane scrittrice non solo l'altera bellezza, ma soprattutto I 'intelligenza e l'intransigenza. Se in un aspetto Paola Masino era rimasta tutta la vita fedele a se stessa era proprio nell' intransigenza. Esercitata prima di tutto verso se stessa. "La vita come ricerca e come conquista di un assoluto eroico" era la sua aspirazione. Una vita, cioè, impostata su principi di giustizia, rettitudine, moralità (intesa in senso totalmente laico) in cui i raggiungimenti importanti erano di tipo spirituale, intellettuale, letterario, e le esigenze materiali ridotte ali' indispensabile. Non vorrei però che questo ricordo facesse pensare a un temperamento severo e inaccostabile, perché Paola Masino era una donna gentile e socievole, ironica senza essere sprezzante, orgogliosa ma \)isognosa di affetto e di calore. Non c'era, a Roma, prima teatrale o apertura della stagione operistica che non la vedesse presente. Agli appuntamenti annuali del Premio Strega, incasaBellonci, nonmancavamai, nonostante il suo giudizio sulla società letteraria fosse severissimo. In un 'intervista dell '84 mi aveva dato questa lucida descrizione degli intellettuali di oggi, che riporto per intero perché rivela di lei più di quanto si sospetterebbe: "Si sono adattati ai tempi. Sono manager di se stessi. Vede, il problema oggi è che anche i più grandi artisti per entrare in un circuito di vendita, per piazzare i loro prodotti, non possono più fare affidamento solo sul valore della loro opera. È necessario un apparato di sostenitori che parlano continuamente di te, che ti citano, che ti pubblicizzano, che ti invitano in televisione, alla radio. È necessario essere continuamente presenti sulla scena, scrivere sui giornali e via dicendo. Questa rete porta naturalmente con sé una serie di legami, di amicizie che servono e quindi non rende più attendibili certi giudizi critici. Ma l'alternativa al compromesso è il silenzio, la povertà, l'oscurità. Non tutti si sentono di fare una scelta così poco produttiva. La Ortese l'ha fatta, per esempio. Ma uno scrittore, un artista, ha bisogno del pubblico. Senza un consenso la vena artistica inaridisce. Credo purtroppo che in una società incolta e approssimativa come quella italiana di oggi non si possa eludere un simile meccanismo, se si vuole esistere come intellettuali, se si vuole scrivere, dipingere, comporre". Non è un caso che ricordandola adesso il pensiero vada al personaggio, alle sue idee, e non ai suoi libri. La ragione non sta nell 'esiguità della sua produzione, (oltre la Massaia, una manciata di prose, poesie, racconti dal forte contenuto allegorico e dal tema ossessivo della morte, raccolti in libri introvabili: Decadenza della morte e Monte lgnoso del '31, Periferia del '33, Racconto grosso e altri del '41, Poesie del '47 e alcuni libretti d'opera): Laragione è che PaolaMasino si lasciò intimidire da due grandi personalità che hanno contato tanto
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==