IL CONTESTO CONFRONTI • Grandifarse e grandi tra,edie. Lescorribandeeuropeed1Arthur Koestler Marcello Flores Arthur Koestler nel 194 l , quando scriveva Schiumadella terra (Arch. Il Mulino). Osannato come campione di una libertà che è riuscita a sottrarsi al giogo ideologico della demagogia comunista o vilipeso come simbolo di un tradimento alla cui radice non potevano che stare viltà e opportunismo, Arthur Koestler è stato senza dubbio più citato che letto, più utilizzato che compreso. Molti dei suoi scritti migliori neppure sono stati tradotti, in Italia, e anche all'estero non è stato mai riscoperto come è accaduto a personaggi assai più mediocri. A riproporre l'attenzione su questo ebreo ungherese, agente del Comintem e giornalista, romanziere e scienziato dilettante, protagonista e testimone del decennio più incandescente del nostro secolo, giunge la pubblicazione di un testo scritto nel 1941, che racconta le vicende occorse all'autore nei due anni precedenti, a partire dallo scoppio della guerra (Arthur Koestler, Schiuma della terra, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 260, lire 30.000). Pur se fu il primo testo di Koestler tradotto in Italia - dalla collezione Giustizia e Libertà delle edizioni U - Schiwna della terra era scarsamente conosciuto, e ancor più scarsamente utilizzato nelle polemiche in cui il nome del suo autore veniva coinvolto. È stata questa la stessa sorte, grosso modo, di Spanish Testament, il libro in cui Koestler raccontò la sua esperienza di testimone delle atrocità del campo franchista e di vittima rinchiusa in unacelladella morte aMalaga e Si20 viglia, dove era stato arrestato dagli uomini di Queipo de Llano, uno dei generali ribelli alla Repubblica. Paradossalmente, ma forse non troppo, Spanish Testament e Schiuma della terra sono le opere più intense e genuine di Koestler, quelle di un trapasso drammatico e contraddittorio tra due credenze ugualmente assolute, militanti, esibite, quella cominternista e quella anticomunista, quella degli anni Trenta e quella degli anni Cinquanta. Personalmente trovo Schiuma della terra un libro straordinario, un ritratto completo e impietoso di come si era potuta ri- .durre la democratica Francia a pochi anni dagli entusiasmi del Fronte popolare per non aver avuto il coraggio di intervenire a fianco della Spagna repubblicana. Koestler, nella prefazione, sembra scusarsi con il lettore per l'impostazione "romantica e naive" con cui aveva scritto il libro, ancora vittima di alcune illusioni tipiche della sinistra degli anni Trenta, soprattutto per quanto riguardava la Russia e la solidarietà internazionale. È proprio questa supposta ingenuità, viceversa, a permettere al racconto di intrecciare passione e riflessione, analisi e sentimento, di percepire la bassezza e l'eroismo che convivevano negli stessi giorni e nelle stesse persone, di scorgere lucidamente le forze e le idee che costituivano lo sfondo della immensa tragedia in cui era caduta.l'umanità. Koestler non raggiungerà più l'immediatezza e la sincerità di accenti che caratterizzano queste pagine, né la capacità di mettere in discussione le sue stesse convinzioni, di mostrare le proprie debolezze e insicurezze, di accettare la propria rabbia, odio, pietà. La volontà di dare una testimonianza per così dire ufficiale e di lanciare un messaggio compiuto e coerente sull'ideologia che aveva abbracciato e rigettato, impedirono in seguito a Koestler di sfuggire ad una certa artificiale razionalità del racconto, a un intento declaratorio che appesantiva la trama delle vicende narrate, a una raffigurazione troppo netta e contrastata di personaggisimbolo pensati in modo manicheo. Perfino Buio a mezzogiorno non sfuggirà a questa preponderanza di un volontarismo esplicativo che irrigidisce il racconto, e lo stile stesso ne risentirà. Il sentimento con cui Koestler accoglie la notizia del patto germano-sovietico, il tentativo di spiegare all'amica G. cosa esso significasse per chi era o era stato comunista segna il punto d'avvio di questa cronaca vigile e tesa, narrata con consapevolezza, per comprendere e far comprendere con semplicità qualcosa di ovvio e ineluttabile: "Si doveva combattere una guerra: gli uomini della sinistra avrebbero combattuto, ma nell'amarezza e nella disperazione; perché è duro combattere se si conosce soltanto ciò contro cui si combatte e non ciò per cui si combatte". La "grande farsa" rappresentata dal comunismo sovietico - a cui tutti o quasi avevano creduto - sembrava sgretolarsi tutta d'un colpo. Ma con disprezzo e sarcasmo Koestler fudividuav a nel percorso "da sinistra a destra" dei politici francesi l'espressione politica della debolezza di un popolo. Le discussioni sulla guerra con occasionali conoscenze francesi, l'ottuso e volgare comportamento della burocrazia parigina, la complice attesa della polizia in attesa della disfatta e della vergognosa sottomissione agli occupanti nazisti, offrono uno spaccato impressionante della realtà francese e del suo spirito pubblico, della mancanza di forza morale di una collettività frantumata dalla propaganda e dai pregiudizi. La nobile e disperata rassegnazione con cui la schiuma della terra - gli stranieri antifascisti invisi a tutte le autorità, primi fra tutti i tedeschi e gli spagnoli-si convinceva ad avere fiducia nella tradizione democratica del paese che li ospitava suo malgrado, si intrecciava al dramma dei comunisti francesi, messi fuori legge e perseguitati e con ciò stesso legittimati a soprassedere ai tragici dubbi creati dal patto russo-tedesco. "In quei giorni - ricorda Koestler commentando la varia umanità con cui, dopo aver abbandonato lo stadio di Roland Garros in attesa di conoscere il proprio destino, era giunto al campo di Vernet - il continente europeo aveva ormai raggiunto una fase in cui si poteva, senza ironia, dire a un uomo che doveva ringraziare il cielo se invece di strangolarlo, decapitarlo o batterlo a morte, si limitavano a fucilarlo". Il campo sui Pirenei in cui Koestler rimase per tre mesi, tra i pochissimi ad avere la fortuna di uscirne, "era lo zero dell'ignominia", e i prigionieri non avevano difficoltà a confrontarlo con i campi di concentramento nazista. Il racconto della vita passata lì dentro, dal coraggio ed il senso collettivo dei comunisti tedeschi al modo in cui erano stati ridotti i sopravvissuti delle Brigate Internazionali spagnole, dalla differenza tra politici e comuni a quella tra intellettuali e laVOJ;j.tori, èuno dei migliori esempi della vasta letteratura che su questo tema è apparsa nel dopoguerra. Sofferenza fisica e oltraggio morale, egoismi e sacrifici, discussioni politiche e solidarietà umane, scorrono in queste pagine con lucida semplicità, con la consapevolezza di narrare qualcosa di incomprensibile e di terribilmente reale e ripetibile: "Comunismo? Democrazia? Fascismo? Un mozzicone di sigaretta nel fango era la realtà, mentre le idee politiche avevano gradualmente perduto ogni significato; ma pochi lo ammettevano". Le forme e i modi della sopravvivenza, le strade e i percorsi dell'adattabilità, il coraggio della resistenza e la capacità di indirizzare l 'odio dove più poteva servire, permettono a Koestler di indagare sui limiti di sopportabilità umana, sul r_!¼pportotra sofferenze fisiche e morali, senza impedirgli di esprimere le sue simpatie e antipati~. l'insofferenza per i comunisti tedeschi e la paura per i detenuti comuni, ma soprattutto il disprezzo e la condanna per le autorità francesi che, responsabili della disfatta militare, avevano permesso e creato, senza suscitare proteste, una forma di repressione e annichilimento analogo a quello nazista. E che
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