Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

STORIE/FRASSINETI Per i somari, che sono i paria per eccellenza, non c'è, come per le sette ereticali e per tutti i perseguitati d'altri tempi, un Nuovo Mondo che aspetta. piatto, non dico la Carta dei Diritti del Somaro, ma almeno la garanzia della libera circolazione del piede d'opera fra i paesi della C.E.C.A. o rlell'U.E.O. o del G.A.T.T .. Non è chiedere molto. Per i somari, che sono i paria per eccellenza, non c'è, come per le sette ereticali e per tutti i perseguitati d'altri tempi, un Nuovo Mondo che aspetta. . So bene di non essere il primo a levare la voce in nome della dignità e dei diritti del somaro. Ma, fra i tanti avvocati, temo di essere il solo ad aver posto la questione nei suoi termini veri. Un grande poeta iberico, a esempio, il poeta di Platero, ha scritto in materia, lo ammetto, parole veritiere come queste: "Leggo in un dizionario: Asinografia: sf,: si dice, ironicamente, per descrizione dell'asino. "Povero asino! Così buono, così intelligente come sei! Ironicamente. Perché? Nemmeno una descrizione seria meriti, tu, la cui descrizione esatta sarebbe un racconto di primavera? Se al1'uomo che è buono dovrebbero dire asino! Se all'asino che è cattivo dovrebbero dire uomo! Ironicamente ... Di te, così intellettuale, amico del vecchio e del bambino, del rivo e della farfalla, del sole e del cane, del fiore e della luna, paziente e riflessivo, malinconico e amabile, Marco Aurelio dei prati ... "Platero, che senza dubbio mi comprende, mi guarda fisso con i suoi occhioni lucenti, di una blanda durezza, nei quali il sole brilla, piccolo e scintillante in un breve e convesso firmamento verde cupo. Ah! se la sua pelosa testona idillica sapesse che gli rendo giustizia, che io sono migliore di questi uomini che scrivono dizionari, quasi buono come lui! "E ho messo sul margine del libro: Asino grafia: sf,: si deve dire con ironia-è evidente-per descrizione dell'uomo imbecille che scrive dizionari." Parole veritiere, ho detto, ma, debbo aggiungere, parole da letterato, da poeta borghese, da padrone ed utente di somari domestici: non da sociologo e nemmeno da moralista, consapevole e duro, come si vorrebbe: non da intellettuale vero, cioè immune da interessi di casta. Per tutto il suo discorso, altrimenti ammirevole, serpeggia, soavemente soporifera e mistificatrice, l'ideologia del privilegio di classe, e l'asino vi è pur sempre considerato come un reietto ignaro della propria condizione, dall'alto di una posizione sociale talmente sicura di sé da potersi concedere, appunto, lo scialo del guardare ali' ingiù, piamente, verso coloro che sottostanno per natura o per divino rescritto e la cui virtù preferita (dal riguardante: virtù di comodo) è sempre la bontà. Sì: mi permetto di avanzare delle schiette quanto rispettose riserve sulla qualità della vena ideologica che si avverte sottesa alla presa di posizione del grande iberico di cui parlo, perché conosco assai bene, in fatto di propensioni encomiastiche, i possibili punti di arrivo dai diversi possibili punti di partenza. "Ma perché alcuno non mi calomnij, ch'io habbia chiamati a_sinigli Apostoli, (scrive Enrico Cornelio Agrippa di Nettesheim* e traduce Messer Ludovico Domenichi), discorremo in poche parole i misterij dell'asino uscendo pian piano ma non fuor di proposito: percioché i dottori degli hebrei dicono che questo * Vedasi il suo De Vanitate Scientiarum, opera per altri versi apprezzabile, benché profondamente antistorica. animale è unò esempio di fortezza e di valor mirabile, di patientia et di clementia et che l'influsso di quello deriva da Serphirot e che vien detto "hogma", cioè sapientia. Percioché le condizioni di quello sono molto necessarie a un discepolo della Sapientia. Egli vive di poco pasto e contentasi di ogni cosa, patientissimo d'ogni persecutione, di semplicissimo et poverissimo spirito, sì ch'egli non sa discernere tra le lattughe e i cardi, di core innocente e mondo, e senza còlera, et ha pace con tutti gli animali et patientemente sottomette le spalle a tutti i pesi; in merito a questa sua bontà non à pidocchi, rare volte inferma et più tardo di ogni altra bestia muore." Ecco qua un chiaro esempio di come sia possibile, anzi, direi, inevitabile, togliendo l'asino a simbolo di virtù, nel quadro di una cultura classista supinamente accettata, disegnare di lui un ritratto tendenzioso e degradante. In particolare, è il caso di chiederci quand'è che la finiremo con questa diceria calunniosa dei cardi e delle lattughe, tanto cara e tanto conveniente ai proprietari di somari, ai padroni dei proprietari e a tutti i paladini screditati ma duri a morire dell'ordine presente. L'8 di luglio del 1395, il tribunale della città di Sèves condannava un somaro al taglio dell'orecchia destra per una questione appunto di lattughe; e ciò con tutti i crismi della legalità più ortodossa, come risulta dagli atti processuali (che il Damhouderius riporta nella sua "Pratica Giudiziaria delle Accuse Criminali") dove, fra l'altro, trasecolando, si legge: "Quale sindaco e procuratore e in nome della comunità e della Parrocchia di Sèves, imploratoil divino ausilio, dichiaro che l'asino del fu Messer Bertrado, testèdefunto, penetrò il giorno 14 del mese di febbraio dell'anno· in corso 1395 negli orti degli illustrissimi signori Guidobaldo Forteuil e Filippo Peroud, facendo strage di lattughe, erbe, fiori e germogli e insozzando turpemente il luogo senza alcuna riverenza per le persone e i beni dei sudditi signori." E più oltre: "Noi, vicario di Sèves, sentiti i testimoni, udito il consiglio degli eminentissimi dottori in merito, corrispondentemente alle usanze ecostumanze del paese di Sèves, avendo Dio davanti agli occhi, condanniamo l'asino del fu Messer Bertrado, rappresentato qui dal presente suo procuratore signor Antonio Falelli, al taglio dell'orecchia destra, avvertendo che, ove egli ricadesse nel medesimo misfatto, gli sarà tagliata anche l'orecchia sinistra. Infine, ove fosse colto in flagrante una terza volta nella proprietà di qualsivoglia cittadino di Sèves, sarà impiccato come un ladro comune. Dato a Sèves, il'dì ottavo del mese di luglio dell'anno del Signore 1395.* Che cosa si pretende di più perché sia riconosciuta una motivazione pienamente razionale all'ambiguità della politica gastronomica dei somari? *Sembrerà agli sprovveduti poco credibile che l'occlùuto oscurantismo ministeriale in materia di somari si estenda alle biblioteche di stato. È un fatto, però, che non mi è stato possibile accedere al testo del Darnhouderius e che debbo valermi, qui, di una tarda trascrizione probabilmente romanzata di quelle fonti. Il che peraltro non infirma la verità sostanziale dell'episodio. L'asino aveva a quel tempo, formalmente, diritti e doveri compiutamente codificati al pari dell'uomo; ed esiste al riguardo una giurisprudenza copiosa pur se inaccessibile a chi, come me, vorrebbe valersene a fini non puramente accademici. 97

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