IL CONTESTO crinarsi della sua base sociale, significa a mio parere incorrere in un errore di politicismo, rimuovere la precedente estraneità sostanziale del Pci alla rivolta studentesca, e dimenticare che gli stessi protagonisti delle lotte operaie si mossero su di una lunghezza d'onda tutt'affatto diversa, solo in seguito- e solo parzialmente, provvisoriamente - ricomposta nel movimento dei consigli di fabbrica. Insomma, è già negli anni Sessanta che il togliattismo va in crisi, prima an_corache la "catastrofe del comunismo storico" sancisca il venir meno di modelli e riferimenti internazionali. Da questo punto di vista, lo sforzo del "Manifesto" di coniugare insieme la tradizione comunista e le nuove culture emerse dai movimenti, che pure si è tradotto in una funzione importante di raccordo, oggi mostra tutti i suoi limiti. Perché, ad esempio, il femminismo, l'ecologismo e la cultura della nonviolenza che vanno acquistando un loro peso significativo all'interno del nuovo corso comunista, davvero sono inconciliabili con la concezione togliattiana della politica e dell'organizzazione. . E allora questa specie di ritorno al passato del "Manifesto" rischia di connotarsi come un'operazione ideologica, ovvero come l'inaccettabile intento di selezionare in base all'ideologia chi è di sinistra e chi no. Davvero non ne sentivamo il bisogno. La continuità impossibile Come guardare all'Est MarcelloFlores La cronaca dell'Unione Sovietica è stata dominata, negli ultimi mesi, dalle vicende costituzionali e da quelle relative alle manifestazioni, proteste, iniziative legate in qualche modo alla questione delle nazionalità. La formazione, nel Soviet Supremo, di un gruppoparlamentare di evidente tendenza radical-democratica, organizzatosi con lo scopo di accelerare il processo di rinnovamento iniziato da Gorbaciov con una congiunta azione dal basso e dentro le istituzioni, ha rappresentato una novità difficilmente contestabile. Quello che nessun commentatore ha avuto l' onestà di puntualizzare, è che il processo di democratizzazione in Unione Sovietica non solo non può avvenire attraverso la semplice introduzione dei meccanismi della democrazia parlamentare, ma, ove ciò avvenisse, sarebbe destinato semplicemente al fallimento. Quello di cui non si ha forse piena coscienza, e che Moshe Lewin ha ben messo in evidenza in LaRussia in unanuovaera (Bollati-Boringhieri1988), è che i mutamenti profondi che hanno conosciuto in Urss le forme di una rivoluzionedall'alto, sono avvenuti sulla base di mutazioni materiali e sociali che non potevano più essere gestite con il sistema stalinian-brezneviano. Non è stata dunque una richiesta di democrazia - pur se questa esisteva evidentemente nel corpo sociale e si manifestava puntualmente - a mettere in moto la perestrojka e la glasnost, ma la contraddizione, per parafrasare termini marxisti, tra lo sviluppo delle forze produttive e della realtà sociale ed il sistema politico ed istituzionale esistente. Secondo una modalità che richiama con forza, pur in un contesto storico assai diverso, l'esperienza europea e russa del dispotismo illuminato. Per metterla ancora più chiaramente, ed in modo ovviamente schematico, occorre dire con chiarezza che la sconfitta storica del comunismo non può coincidere, come vorrebbe un'opinione pubblica totalmente succube all'ideologia neoliberale dominante, con la vittoria della democrazia: perché è una sconfitta che nasce dalle contraddizioni interne, ed in cui il ruolo di ideologie esterne può solo essere parziale e strumentale. La situazione di Gorbaciov sembra paradossalmente opposta a quella in cui si trovò Lenin, anche se i due dirigenti sembrano accomunati da uno stesso duttile e determinato realismo. Lenin aveva alle spalle un'ideologia ed uri programma che sembravano rispondere ad ogni esigenza, ma doveva scontare un'arretratezza economica e strutturale eccessiva per il fine propostosi (il socialismo), pagando a caro prezzo il fallimento della prevista e necessaria rivoluzione europea. 6 Gorbaciov non ha alcun preciso programma, e la forza della sua posizione sembra risiedere nella spinta di una società e di un'economia ormai troppo cresciute per il sistema e nel radicale mutamento di prospettiva che irapporti internazionali devono attuare se si vuole salvare l'umanità e la terra da catastrofi non troppo lontane. IIpunto di partenza di Gorbaciov, come era stato quello di Lenin, risiedeva dunque in una valutazione della realtà mondiale. Per il capo bolscevico la fiducia nella imminente rivoluzione mondiale, per il leader sovietico la convinzione che la salvezza dell'umanità e delle prossime generazioni può fondarsi soltanto su un reale e completo superamento delle contrapposizioni e dei blocchi creatisi nel Novecerito tra i differenti sistemi socio-politici e le diverse ideologie. Gorbaciov, in sostanza, ha suggerito che le evoluzioni ed i mutamenti, necessari ovunque, avvengano tenendo presente la tradizione, la storia e la concreta realtà di ogni paese, evitando rotture e capovolgimenti improvvisi. Solo un miope ed imbelle attardarsi a valori e mentalità ormai estranei alla situazione esistente (e che tuttavia son ben lungi dallo sparire, soprattutto in chi trasmette ideologie e produce i luoghi comuni della psicologia collettiva) può illudersi di ridurre questo complesso processo di mutazione storica ad una tardiva resa dei conti tra sistemi ed ideologie che sono ormai ugualmente sorpassate e obsolete. Non sono dunque la libertà e la democrazia che finalmente prorompono nel cuore stesso del totalitarismo da esse sconfitto, ma è l'aprirsi di un nuovo orizzonte che non serve a nes-. suno delineare e raccontare con tratti e categorie vuote, buone per fare la storia ma incapaci di pensare e interpretare il presente. II dissolvimento- lento e tutt'altro che automatico- del sistema degli stati socialisti, e la dimostrata incapacità della dottrina e del pensiero comunista di identificarsi e rispondere ai nuovi e vecchi bisogni di una società migliore, pongono all'ordine del giorno la creazione di nuovi orientamenti, programmi,. proposte, idee per affrontare i problemi esistenti nell'ottica del nuovo millennio, non del vecchio. E ciò non può certo avvenire con la ug-. giosa e sterile rimasticatura di categorie ottocentesche e di un pensiero indebolitosi fin quasi allo sfinimento. Se l'uscita dal comunismo è una necessità storica, un'esigenza altrettanto reale è quella di ridefinire le problematiche della libertà e dell'uguaglianza in modo del tutto nuovo, non più sulla falsariga dell' orizzonte quarantottesco (1848), ma affrontando le nuove questioni sul tappeto, molte delle quali riemergono in tutta la loro dramma-
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