Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

CINEMA mo nella guerra che i quotidiani italiani hanno scatenato tra loro per la supremazia editoriale e che ha portato all'ampliamento dei vari settori in cui sono organizzati i giornali, primo fra tutti quello degli spettacoli dove il proliferare di autori degni di attenzione critica ha moltiplicato i campi di intervento del critico (o del giornalista che aspira a quel ruolo), che in questo modo non si limitano più alla recensione vera e propria ma svariano dall 'intervista all'autore alla presentazione di un film in uscita, dal reportage durante le riprese ali' influenza che un film può esercitare nei settori più vari, dalla moda alla musica, al linguaggio quotidiano. · Un'attenzione e una curiosità che ritrovano le loro radici in quella voglia di coniugare cinema e resto del mondo che si era respirata con tanta il)tensità sul finire degli anni Sessanta, ma che rischia di trasformarsi in una specie di imperativo critico-sociologico, che obbliga ogni film ad avere referenze dirette e spesso schematiche con questo e con quello, con lo spirito dei tempi ma qualche volta anche con i tempi delle spiritosaggini. Questa massa di informazioni più .o meno critiche pone comunque uri altro problema, quello della giustificazione di tutta questa attenzione al cinema. Nemmeno presa in considerazione.l'ipotesi di essere un po' troppo in sintonia con le strategie di lancio e di mercato, ecco che la cinefilia offre se stessa come possibile spiegazione universale. Il procedimento più o meno inconscio è quello che inevitabilmente succede all'innamoramento e che cerca di giustificare razionalmente l'oggetto del proprio amore: lo amo perché · merita il mio amore dal momento che è bello, bravo, intelligente o, detto altrimenti, perché è ben fatto, usa il carrello e non lo zoom oppure recita in presa diretta. E siccome il crocianesimo è definitivamente fuori moda, eccd che la cinefilia diventa il criterio fondamentale di giudizio. Ma è una cinefilia che ha completamente stravolto se stessa, lontana le mille miglia da quella critica come art d' aimer di cui parlava Jean Douchet. Il metodo critico di Douchet, che della cinefilia storica fu uno dei veri maestri, si fondava tutto sulla propria sensibilità, sulla capacità di autoanalizzare le proprie reazioni emotive davanti all'opera d'arte: "se un film produce delle Una scena di Radiazi,oniBX, distruzione uomo di Jack Arnold. . emozioni, delle sensazioni, io devo passare attraverso di loro, investirle, giudicarle, soppesarle, compararle per arrivare al cuore del soggetto". Inevitabile quindi che alla razionalità si sostituisse la passionalità, ad un sistema critico dato si preferisse l'intuizione: "la critica consiste in una instancabile ricerca di armonia all'interno della coppia passione-lucidità". Ma un conto è analizzare Il covo dei contrabbandieri di Fritz Lang, un altro le performance di Massimo Boldi o gli exploit di John Lafia, e allora non resta che sforzarsi di trovare nei brutti film di questi anni qualche pagliuzza dell'oro che luccicava nei capolavori di ieri. La prima caratteristica della cinefilia degli anni Ottanta è proprio il bisogno di sottolineare (e quando non si trovano, anche di inventare) riferimenti ad un passato sicuramente più ricco e più succoso del presente. Se un regista vuole una patente d'autore allora, per certi critici, è sufficiente disseminare qualche strizzatina d'occhio, qualche citazione è il gioco è fatto. Il caso di John Lafiaedel suo sconclusionato Blue iguana non è che l 'esempio più sorprendente, ma praticamente tutta la storia.dell'horror che ha ripercorso la strada aperta da Texas Chainsaw Massacre · sarebbe costellata di capolavori, tali solo perché una battuta del dialogo o una qualche maschera sanguinolenta rimanda a qualche suo predecessore. • Viene il dubbio, comunque, che questa caccia alla citazione non nasca da un disperato bisogno di cinema classico, di cui si cercherebbero piccole dosi qua e là, da iniettarsi comunque e dovunque, ma dal tentativo, piutto$to, di adattare e nobilitare alla critica cinematografica una forma mentis plagiata 'e modellata sul perverso connubio tra cinema e televisione, così come è nato e cresciuto in questi ultimi dieci anni. Il discorso può sembrare un po' lungo e tortuoso ma mi sem~ bra meriti un approfondimento. Se si ripercorre quello che può essere l'elettrocardiogramma dello spettacolo in Italia negli anni Ottanta, ci si accorge che le scosse, le punte e i picchi sono soprattutto dovute alla televisione. O forse sarebbe meglio dire all'aura Chf ha avvolto la televisione. Abbagliati dalla lotta tra Rai e Berlusconi, tra Innovazione e Conservazione, tra Varietà e Informazione, tra Spettacolo e chissà cos'altro, ci siamo abituati giorno dopo giorno a mettere sullo stesso piano prima e confondere poi Canzonissima con gli Oscar, il festival di Sanremo con quello di Venezia. In Francia hanno addirittura inventato una sigla per indicare quello che una volta si chiamava villaggio globale: P.A.F., paesaggio audiovisuale francese. E annegati giorno dopo giorno dentro questo paesaggio, è diventato praticamente inevitabile che le caratteristiche del mass medium più vitale (la televisione, ovvio) diventassero le qualità vincenti in assoluto, quelle da riconoscere e lodare in ogni campo dello spettacolo. Comun-, que e dovunque. Due erano (e sono ancora) le caratteristiche più salienti. La prima è la capacità di trasgressione che ha surrogato l'obbligo del nuovo e ha decretato il successo di certi spettacoli quasi esclusivamente perché stravolgevano quelli precedenti o quelli concorrenti. L'altra caratteristica è stata la lenta e costante vampirizzaziont che la fiction televisiva ha operato sul cinema. Per fare degli esempi e decretare dei campioni si possono fare i nomi di Antonio Ricci (per la trasgressione) e quello dei fratelli Vanzina (per la vampirizzazione). Secondo me, ma non mi sembra di essere lontano dal vero, in un universo critico senza molte certezze queste idee hanno usato la loro forza vincente alla televisione per imporsi, con qualche piccolissimo aggiustamento, anche al cinema. Altrimenti non si riesce a spiegare perché le categorie critich~ nazionali sembrano essere quasi esclusivamente queste due: la niettura del genere e la citazione o la strizzatina d'occhio. Per altro, due categorie che permettono gran sfoggio di cinefilia. 65

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