Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

TEATR(j VERDI SETTORE CULTURA E SPETTACOLO· MIL,\NO CULTURA lEATRO CONVENZIONATO STAGIONE 1989/ 1990 Novembre/Dicembre FEMINA RIDENS In collaborazione con LR.M.A. Teatro del Buratto IL DECAMERONE DELLE DONNE regia di Donatella Massimilla da Julia Voznesenskaja * Dicembre/Gennaio Teatro Variety CREPI IL LUPO con Le Galline regia e testo di Alessandro Benvenuti * Gennaio! Febbraio Teatro del Buratto NEL TEMPO CHE NON È PIU' E CHE NON È ANCORA ideazione di J. Cappi, testo di M. Cu~chi regia di Stefano Monti Granserraglio ELLA regia di Ricky Ferrero da H, Achtembusch TNE/ Teatro delle Moline LA DOPPIA VITA DI ANNA O. testo e regia di Luigi Gozzi * Marzo CSRT Pontedera QUENTIN regia di F. Kahn con Luisa Pasello da W. Faulkner LA MITE con Silvia Pasello da Dostojevskij * Aprile ERCORSO TEATRO ..,•PROGETTO CIBO Spettacoli, ospitalità internazionali, ,ercorsi cinematografici, incontri, arte visiva Teatro del Buratto SI MANGIA?! su testi di G. Manuli, Decio Carugati, J. Braudillard regio di Stefano Monti * Maggio Programmazione da definire * Giugno Italia '90... . UNA POLTRONA PER I MONDIALI CORSI DI SCRITTURA CREATIVA coordmat1 e_tenuti da Giuseppe Pontiggia Il lm~uaggio della prosa La sperimentazione· sulla prosa La comunicazione orale Inizio dei corsi Novembre 1989 Iscrizioni. ed informazioni: Teatro Verdi, via Pa5lren ° n. 16 Tel. 6880038 -6071695 CINEMA macchina da presa che lo riprende in soggettiva. Ma al di là dei suoi film, Ghatak è l'autore del frammento e dell'occasione mancata (innumerevoli sono le sue opere interrotte, censurate, disperse, che formano una vera e propria filmografia sotterranea e "maledetta"). Proprio a Pesaro, quest'armo, sono stati proiettati i frammenti di due film di cui si ignorava addirittura l'esistenza: Bagalar Banga ·Darshandel 1964,curiosissimoremakediQuattropassi tra le nuvole di Blasetti (nelle sue opere e nei suoi scritti, Ghatak si dimostra grande conoscitore del cinema italiano e in particolare del neorealismo) e Ranger Golam del 1960. Frammenti inutilizzabili per avere un'idea compiuta di quello che avrebbero dovuto essere i film ultimati (di Bagalar sono stati proiettati solo 15 sequenze delle 50 previste) ma illuminanti per comprendere il particolare rapporto esistenziale del regista con il cinema e con la realtà sociale in cui agiva. Come intellettuale e come artista, Ghatak aveva un'assoluta fiducia nell'autonoma capacità espressiva della realtà, e una totale sfiducia verso l'arte, o per meglio dire verso i mezzi conosciuti di espressione artistica. Nel Bengala, nel 1943, Ghatak inizia la . sua carriera come scrittore ("Ma la letteratura era un mezzo che agiva troppo lentamente"); all'indomani di una rivoluzione nello Stato del Bengala lavora a lungo nel teatro politico (scrive, dirige, recita per l 'lndian People's Theatre Associati on, IPT A). Infine passa al cinema, ma non per un'irlfatuazione espressiva, soltanto perché il cinema ha la capacità di parlare contemporaneamente a milioni di persone. Ed anche nel cinema, Ghatak non si accontenta di quello che il-cinema gli dà, ma piega il mezzo a quello che a lui serve. Il processo di liberazione (l'invenzione creativa, la punta stilistica, lo scarto linguistico ecc.) deve passare attraverso la norma ma allo stesso tempo operare contro di essa. Tenere conto e nello stesso tempo superare la tradizione proprio attraverso i materiali più convenzionali. Ed è così che Ghatak utilizza elementi dèll'immaginario collettivo creato dal cinema (Chaplin, Eizenstejn, Bufiuel) o della tradizione popolare (la musica, la danza, i riti tribali). Lo stile cinematografico di Ghatak è segnato quasi sempre dalla discontinuità, dalla rottura, dalla riconquista di un precario equilibrio fra il "vecchio" della convenzione e del riconoscimento immediato e il "nuovo" della messa in scena, della provocazione espressiva. "Costruisci il tuo film sul bianco, sul silenzio, sull'immobilità". E soprattutto sulla "discontinuità" che si ripete, e quindi diventa un segno di continuità in una comunicazione che è indipendente dalle regole della struttura comunicativa. Pieni di eccessi visionari e straordinari squarci realistici (i villaggi sugli estuari dei fiumi, la vita dei pescatori scandita dalle battute di pesca e dalle cerimonie propiziatorie, girate con il taglio "narrativo" di chi le vive dall'interno piuttosto che con l'occhio incuriosito e oggettivo dell'etnografo), i film di Ghatak sono uni versi dell'immaginario complessi e spesso enigmatici, in cui insieme alla necessità di partire comunque da un dato reale, di tenere presente uno sviluppo narrativo, c'è sempre la tentazione dell'irruzione fantastiça, una punta romantica ed evocativa, se non addirittura simbolica (come il sogno di una risaia in mezzo alla desolazione di un deserto, o l'immagine di un grande albero che protende i suoi rami sempre un po' oltre i confini dello schermo, così come la realtà è sempre un po' più complessa e diversa da quellarappresentatae traditadalcinema). ·È proprio in questo modo di operare con il cinema conoscendone e denunciandone i limiti, la lezione più autentica di Ghatak che si ritrova negli autori più interessanti del cinema indiano contemporaneo. Autori come il raffinato Mani Kaul, di cui quest'armo alla Mostra di Pesaro si è visto il bellissimo Be/ore my Eyes (Davanti ai miei occhi, 1988) e, soprattutto, Siddeshvari, storia romanzata di una cantante interprete della tradizione del thumri, un canto che condensa (appunto come il cinema di Ghatak) le privazioni e i problemi dell'adolescenza, la danza e lagestualitàdelle prime esperienze di vita, con gli orrori e i sogni quotidiani della città di Benares; o come Kumar Shahani (Khayal Gatha, 1989); o comè Adoor Gopalakrishnan, forse l'autore più direttamente "politico" per tematiche e scelte espressive. Un modo di fare cirlema che, pur con tutte le differenze riscontrabili all'interno, si pone in posizione alternativa rispetto ai problemi della "commercializzazione", intesi non come semplici rapporti produttivi/distributivi, ma anche in termini di immediata utilizzazione (e quindi usura) da parte degli apparati della cultura ufficiale. Non è un caso che autori già aff.\èrmati come Kaul, Shahani, o a suo tempo John Abraham (autore marxista dello Stato del Kerala, morto drammaticamente nel 1987), o anche autori più giovani, come Anup Singh o Jill Misquitta si pongano in termini di aperta polemica con Satyajit Ray, considerato troppo legato alle dimensioni della "comunicazione" immediata e poco attento ai problemi espressivi, alle scelte linguistiche, alle possibilità di operare rotture, trasformazioni, o balzi in avanti. Se irlsomma Ghatak non si è mai posto coll).emodello di cinema, ha comunque delineato per successive negazioni e contrapposizioni la fisionomia del cinema da rifiutare, del cinema con cui non scendere a compromessi. Come ha ricordato Shahani, nel corso di un dibattito tenutosi a Pesaro: "Ghatak ci ha insegnato ad essere soprattutto abili artigiani delcinema, ma anche a non restare semplici artigiani. Così lui, ad ogni passo, contraddiceva il passo precedente, e anche il suo stesso insegnamento". Il fatto è che Ghatak non voleva essere né artigiano né autore, perché sentiva che il problema stava oltre e prima, e riguardava il momento della comunicazione, del perché e del per chi comunicare. In questo senso Ritwik Ghatak è stato uno degli autori che più lucidamente ha vissuto la drammatica esperienza di fare film per una so:ietà che sentiva (e v,oleva) senza pace. 3. ''Tutte .le teorie estetiche - ha scritto Ghatak-cercano di abbrac.ciare la realtà. Ma la teoria è un apriori sempre inferiore alla somma totale della realtà. Il suo destino è ·di mancare sempre per poco l'obiettivo che si è posto,

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