CINEMA sione era negata dall'ideologia dominante. Ebbene, quando sono venuto in Italia, a Pesaro, a far vedere il film, il pubblico mi ha fatto praticamente le stesse obiezioni della censura di allora: che io giustificherei il traditore. È incredibile: due paesi, due realtà così lontane e diverse, due mondi opposti, da destra e da sinistra, che mi facevano le stesse obiezioni. Proprio strano. Adesso, da noi, tutti sostengono che i loro lavori erano stati vietati dalla censura sovietica: è una specie di biglietto da visita. Anche persone che sono sempre state coccolate dal potere, piene di medaglie dalla testa ai piedi, da sempre occupati a baciare le mani ai capi (e fossero solo le mani ...), anche loro amano raccontare quali e quante difficoltà hanno dovuto superare. La mia storia, invece, ha avuto un percorso veramente singolare, che forse vale la pena di ricordare: non soltanto i miei film venivano vietati, ma obbligavano lo studio anche a risatcire i danni. Da noi c'erano vari tipi di divieti: o ti proibivano semplicemente di fare il film, oppure pagavano la troupe ma non distribuivano mai il film. Anzi, era un segno di prestigio quando il tuo film era vietato sul mercato interno ma era fatto vedere in Occidente. La gente ci scherzava su e diceva chy quei film erano come la polpa di granchio e il caviale, che erano destinati ali' export. Ma c' erano anche i divieti più subdoli, come quando lo studio doveva risarcire allo stato i danni per aver prodotto un film che poi era stato vietato. In questo modo, lo studio doveva detrarre dal suo budget il costo del film e c.osì non poteva pagare i premi ai suoi dipendenti. Capitò anche a me e allora rischiavi di avere contro tutti i tuoi colleghi e tutti tecnici perché tu eri la causa dei loro magri stipendi. Certo, adesso non posso lamentarmi del mio destino: i miei film sono usciti tutti, Lapsin è stato messo tra i dieci migliori film sovietici degli anni Settanta, ma quel periodo ci ha lasciato dentro qualcosa, qualcosa di genetico: ci siamo come abituati ad adeguarci alle situazioni, abbiamo imparato a parlare nella lingua di Esopo, attraverso fiabe e metafore. E invece sarebbe stato sufficiente imparare a dire la verità, mostrare veramente la povertà in cui viveva la gente ... Certo oggi la situazione è cambiata, ma non vorrei che ad occidente si pensi che qui siamo tutti entusiasti, perchéabbiamoraggiunto i massimi gradi di felicità e di gioia nell'arte. Per niente. Anzi, penso che siamo ben lontani dal raggiungere questa felicità e che la burocrazia oggi ha molti strumenti con cui continuare ad opprimerci. Oggi sorridono di più, ma i problemi sono rimasti. Certo, molto è cambiato e questa stessa intervista è la dimostrazione di come siano diversi i tempi, ma se vogliamo fare dei film dobbiamo fare ancora moltissime fatiche. Il problema però che tormenta maggiormente il nostro paese è quello della nazionalità. ~rima, questa che io chiamo malattia veniva repressa, soffocata. E bastata però un po' di glasnost e di democrazia e tutti i nodi sono esplosi. Qualcuno poi soffia sul fuoco, certi intellettuali, certi burocrati che hanno paura di perdere la loro fettina di potere, certe persone che mi sembra abbiano perso il gusto per la vita se riescono a condividere questo odio degli uni verso degli altri ... E se tra loro ci sono degli artisti, sono sicuro che si stanno condannando da soli all'impotenza artistica, perché quello che è alla base delle loro opere non è l'amore, o la compassione o laricerca di una verità eterna, ma l'odio. Non penso certo che una persona che ha detto venti volte "russi, russi, russi ..." faccia con ciò una dimostrazione di nazionalismo. Quello può essere uno sfogo naturale. I problemi arrivano quando la gente sostiene che essere russi è un bene e essere di un'altra nazionalità è un male. Penso che questo sia il problema più grave e schifoso che oggi divide la nostra gente. Io poi sono una persona di sangue misto, nel senso che sono per tre quarti rus60 so e per un quarto ebreo, e quindi non posso rispondere all 'appello di quello scrittore che ha detto che ognuno deve essere fiero del proprio tratto nazionale. Facendo così rischiamo di diventare un popolo di galli, dove tutti vorranno alzare la cresta contro tutti. È un problema grosso quello dell'odio che sta serpeggiando tra i nostri popoli e su questo argomento sto pensando anche a un possibile film. E forse è per questo che a me sembra di non essere capace di girare film fuori dal mio paese, anche se ho ricevuto molte proposte ali 'estero. Ma se le accettassi rischierei di fare un film ridicolo, come era ridicolo per noi Una giornata di Ivan Denisovic fatto da Casper Wrede in Gran Bretagna. Nella scena in cui Ivan, sperando di essere esentato dai lavori pesanti, si fa ricoverare in infermeria, si vede il medico mettergli il termometro in bocca. E queste cose, qui, fanno ridere. Ma se io girassi in Occidente, sicuramente incorrerei nei medesimi errori e scatenerei le medesime risate. A me interessa girare un film sulla vita sovietica, qui, da noi. In un altro paese non saprei cosa fare, fors~ non riuscirei nemmeno ad abituarmi ai loro ritmi, perché quando giro faccio molta fatica. Ho avuto anche delle proposte per girare un film in Italia sulla campagna italiana. Ma cosa capisco io della campagna italiana? Niente. Per questo ho rifiutato, perché non voglio ingannare nessuno. E se non riesco a girare i film che mi interessano in Unione Sovietica, preferisco impegnarmi nel trovare fondi a registi esordienti. È un impegno che mi coinvolge molto, perché la strada per le giovani generazioni non è ancora aperta e bisogna andare avanti a testa bassa, come un buldozer. Certo, ci sono anche registi senza talento, quelli che io chiamo registi-camerieri, perché erano capaci di preparare qualsiasi cocktail secondo il gusto dei capi. Ce n'è un'intera schiera, e con loro bisogna comportarsi come fanno certe mamme gatte con i gattini ciechi: li affogano subito, altrimenti si generano persone infelici che ti guardano e ti chiedono lavoro e non capiscono di non servire più a nessuno. Ma non tutti sono così. LINEDA'OMBRA incollaborazione c LaNuovCaorsia eilGoethlnestitudtiMilanorganizzano: unseminadriostudisou D1nR1cHBoNHOEFFER il pensiertoeologiceolaresistenzalnazismo venerdì 1 O novembreore 21 · HeinEz .Todt L'itinerario bonhoefferiano verso la resistenza al nazismo AlbertGoallas Non santi, ma uomini. sabato 11 novembreore 15 WolfanHg uber I grandi temi teologici M.CristinLaaurenz La proposta del cristianesimo areligioso pressosalaConventSo.Carloe,.soMatteotti1, 4 · Milano
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==