TEATRO totitolo: Vermut italiano senza intervallo, un testo rimasto clandestino fino a tre anni fa e visto nella messinscena del Teatro-Studio Celovek): è la storia tragicomica, resa in modo iperrealistico, di tre amici sorpresi tra un gargarismo e l'altro di Cinzano. A giudicare comunque da un altro ex-testo proibito della stessa autrice, Coro moscovita, si vede che i personaggi della Petruscevskaja non sono capaci di esternare in modo aperto i propri conflitti, esattamente come quelli di Slavkin nel Cerceau (Il cerchio), diretto in modo fantasioso da Vassiliev, stella ormai istituzionalizzata del teatro sovietico e regista anche del personalissimo anche se, sempre per noi ovviamente, poco eretico, Sei personaggi incerca d'autore. Lamiscela di avanguardiae tradizione, speculazione intellettuale e improvvisazione è certamente originale, come lo è la dichiarata ambiguità di Vassiliev di proclamarsi "di retroguardia", spiazzando sia chi all'Est non è abituato alla manipolazione degli elementi linguistici o connettivi di uno spettacolo, sia chi all'Ovest ironizza già sulla presenza nel teatro russo, oggi così di moda, di sperimentazionidemodé. Ci sono poi le grandi messinscene immutabili, gli allestimenti dei classici secondo canoni altrettanto classici fatti per esempio dal teatro d'Arte (ma anche le operazioni ironiche e colorite che un regista visionario ed eclettico come Eimuntas Nekroscius sa realizzare): un ensembleenorme inamovibile, emblematico di quella "stabilità" tipica dei complessi più "ufficiali" o comunque finanziati che è il principale problema della tanto invocata "democratizzazione". Il nuovo tipo di teatro, che pure sarà coinvolto nel processo di rinnovamento delle strutture teatrali che si sta verificando in Urss prima ancoradi una legislazione definitiva, è il Teatro Studio (ma ci sono anche, novità assolute, le cooperative). IANTOLOGIAI ALFABETIZZIAMO LEPUGLIE TEATRALI UN INEDITODI VITO PANDOLFI a cura di Stefano De Matteis I nostri tempi non permetteranno mai una riconsiderazione di Vito Pandolfi, né lo ammetteranno tra le figure emblematiche del dopoguerra. Essi sono allergici agli eretici, e tale fu Pandolfi in tutte le sue attività. Un convegno, che lo ha recentemente ricordato (SanMiniato 19-20 maggio), ne ha ricostruito la poliedricità e, tral'amarcord e la comunicazione dotta, vi è stato tracciato il ritratto di un combattente, di un insoddisfatto, di un critico ostinato di tutto e di tutti, di un uomo estremo e radicale. Non si deve però commettere l'errore di considerarlo un genio: piuttosto un intellettuale che con costanza e passione, guidato da forti principi morali, ha portato avanti una personale ricerca, sul teatro e nel teatro, in cui ha fatto confluire tutti i suoi interessi e stimoli culturali e politici, dagli scambi con Panzieri, alla militanza nel Pci fino all'intesa con Ernesto De Martino. Da questi contatti gli venne la convinzione dell'importanza del- !' inchiesta e della ricerca dirette per conoscere l'Italia in un momento di radicale trasformazione antropologica, quella tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Proprio in quegli anni nasce la grande inchiesta sui gèneri popolari, Copioni da quattro soldi una geniale lettura del genere popolare da quello radicato fino al nuovo consumo· di massa di "Lasciaoraddoppia". Lo stesso decennio era invece stato aperto da Spettacolo del secolo ('53) un libro dove egli era andato a cercare tutte le novità teatrali e dove coniugava questa ricerca con l'esigenza esistenziale di un senso nuovo dell'attività creativa, di un impegno che doveva impostare criticamente il rapporto teatro-società. Da questi testi si disegna una sintomatica dicotomia: la sua ricerca, che ha sempre avuto come centro l'attore, aveva due riferimenti estremi, da una parte lariconsiderazione di quella "linfa popolare" che tramite il teatro comico ir1carnava l'essenza produttiva della nostra cultura, e ali 'opposto l'avanguardia teatrale. Tra questi due estremi nulla era compreso, perché tutto era medietà. Una tale posizione, chiarita fin dai primi Se il "nuovo" teatro sovietico, quello delle istituzioni più tradizionali e delle nuove generazioni presenta allestimenti diversi per tonoeimpegnoproduttivo, lo stesso si può dire dei testi, con la maggior parte dei quali si entra nel vivo dell'operazione di confronto con la realtà e col passato, di riappropriazione della propria storia individuale - che, proprio per questo, si diceva, lascia spesso in secondo piano gli esiti espressivi (tra l'altro oggi si afferma da più parti, in Unione Sovietica, che il realismo socialista non è mai esistito come fenomeno artistico perché riducibile a edificio ideologico privo di qualsiasi contenuto. Ma allora sono stati i politici i veri formalisti!). Ci si chiede anche se davvero il rinnovamento in-atto della scena sovietica sia stato l'anticipazione artistica del nuovo corso, se il palcoscenico sia stato effettivamente riscoperto come luogo di riflessione etico-sociale, di confronto concreto su temi e situa- • numeri del "Politecnico", alla cui fondazione Pandolfi aveva collaborato, è esemplare per definire la sua tensione politica e quindi culturale: in qualche modo, le "sciocchezzuole" petroliniane rivivevano solo nel gesto assoluto di un teatranted' avanguardia come Carmelo Bene. A questo era anche connessa la sua consapevolezza che il teatro nascesse al sud; solo qui esistevano le caratteristiche geo-politiche che permettono il teatro, non altrove: sicuramente non a Milano, dove aveva anche zioni attuali. (Il teatro gode certamente in URSS di un'enorme popolarità, di una risonanza-legata anche al forte concetto del valo-· re didattico del mezzo - che però paradossalmente non sembra essere adeguatamente sfruttata). A chi sostiene che il teatro sta svolgendo lo stesso ruolo polemico dei giornali si obietta che gli autori di teatro sono invece indietro rispetto alla stampa, abituati come sono a raccontare per metafore. Ma i testi teatrali non devono ovviamente limitarsi a fornire informazioni dirette e concrete (come nei vari teatri-inchiesta e drammi "giornalistici"), anche se non manca il tentativo "poetico" di trarre la parola dal contesto della cronaca e della storia per cercare di dare un valore nominale più alto allo spettacolo. E allora? Forse semplicemente, come ama ripetere Rolf Hochhuth, "il teatro deve essere la cattiva coscienza di una nazione. Sta ai politici fabbricare quella buona". collaborato al Piccolo; e da allora anche Strelher aveva contribuito a farlo dimenticare. A volte, molto raramente, i convegni sono utili, ma non sufficienti a portare la figura di Pandolfi ali' attenzione del pubblico e a farne oggetto di riflessione: egli resta tutt'oggi un personaggio scomodo, un regista fastidioso, un teorico e uno studioso troppo esigente. Per gentile concessione di Paolo Faloja, che ringraziamo. In una cordiale polemica con l'amico Beniamino Finocchiaro gli espressi la mia opinione che la migliore e più autentica tradizione teatrale sorge in Italia proprio nel sud. Trascuro i classici esempi e siciliano e napoletano. Il solo nome di Eduardo De Filippo costituisce la sola gloria teatrale autentica italiana. Ma veniamo alle Puglie. Lo scritto di Brizio Montinaro che segue questo mio dimostra ad abundantiam come nelle Puglie il teatro fosse vivo fin dal secolo XV. Veniamo all'oggi. La Puglia ci ha dato non solo il più illustre organizzatore teatrale che possediamo, e cioè Paolo Grassi, ma in questi ultimi anni addirittura due creatori esemplari di teatro d'avanguardia, i soli due nomi su cui possa contare il nostro teatro sul piano dell 'avanguardia europea, accanto a quello di Carlo Quartucci che del resto è messinese e quindi non dista molto dal Salento. Essi sono Carmelo Bene ed Eugenio Barba, forze nuove dirompenti, efficaci come ormai è riconosciuto nell'intera civiltà teatrale di oggi, ma che nel loro paese d'origine vengono assolutamente ignorati come è il caso di Eugenio Barba e quasi del tutto disertati come è il caso di Carmelo Bene che a Lecce non gode certo né di favori né di considerazione né d'incassi. Inoltre a Bari coraggiosamente e molto stentatamente lavorano incuranti della freddezza che li circonda, il regista Eugenio D' Attoma e l'autore Nicola Sa57
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==