TEATRO TEATRO NECESSARIO E TEATRO SUFFICIENTE NOTE LATINO-AMERICANE PiergiorgioGiacché Tra teatro e scienza c'è almeno una differenza se è vero che quel binomio di aggettivi pregiati che fondano la condizione del fenomeno scientifico ("la condizione necessaria e sufficiente perché ...") si rivelano piuttosto poli di una difficile contraddizione, se si tratta di un fenomeno artistico. La necessità del teatro si combina mai con la sua sufficienza? E per sufficienza non si vuole certo intendere la valutazione, ma per necessità nemmeno si può limitare alla motivazione. Ma ci si capisce meglio restando agli aggettivi e parlando di "teatro necessario" e "teatro sufficiente". A queste due dizioni si può riportare un tema frequente nelle esperienze e nelle teorie del teatro e del suo uso sociale: più che un tema quasi tutto il problema, che è infine quello di voler scoprire o inventare un "teatro necessario", in memoria o in attesa di un "teatro sufficiente". Ci sono situazioni dove si riesce a vedere e a toccare la necessità del teatro: si resta incantati dalla autenticità e dalla disperazione della motivazione personale, si resta affascinati dalle situazioni di necessità del reale e del sociale nelle quali il teatro abita e contro le quali si propone, partecipando alla ricerca e talvolta alla costruzione del senso. Ci sono anche situazioni d,oveci si può rendere conto dell'esistenza o della resistenza di un teatro sufficiente, quando le occasioni e le proposte di spettacolo non sono soltanto "di strada" ma nascono e vivono naturalmente nella quotidianità, quando gli ambulanti, i funamboli, i ciarlatani moltiplicano formali e continue occasioni di spettacolo ed ogni luogo impiegato può diventare "scena", quando il divertimento del ballare, del suonare e cantare, del fingere e mascherarsi sembra appartenere alle potenzialità culturali di una società (ma non per questo è espressione facile "di tutti") e partecipare o meglio fluire dentro la vita culturale di tutti (o dei più). E tante volte la sufficienza di questo "teatro" la si ritrova a fare da fragile anticorpo - non certo da antidoto - alle molte necessità della realtà (soprattutto se "dura"), come forse la necessità di quell'altro teatro spesso si oppone alle eccessive sufficienze della cultura (soprattutto se di una società opulenta). Da un lato quindi non è facile che capiti di vedere questi due teatri insieme, nello stesso ambiente, nello stesso paese, nella stessa parte della storia o del mondo; dal!' altra, se non esiste ancora un teatro che è insieme "necessario e sufficiente" sarà questa la prova che si tratta di un 'utopia, oppure vorrà solo confermare il detto che "la matematica non è un'opinione", mentre il teatro per fortuna sì. Eppure in America Latina può capitare di vederli accanto e conviventi, talvolta non proprio fusi nella loro risoluzione, ma confusi in una insolita e dolorosa contraddizione, come volevasi dimostrare (ma siamo sempre sul piano delle impressioni, delle "opinioni" appunto). Verso la sufficienza Un grande congresso di teatro a Città del Messico. Specializzati e specialisti hanno parlato di tutti i problemi. Di tutti i teatri. Dalla lirica alla prosa, dalla danza classica e contemporanea all'avanguardia vecchia e nuova, dallo specifico latinoamericano da valorizzare o meno ai maestri europei-americani da imitare o no. E ancora problemi di politica del teatro, di sviluppo della ricerca, di sovvenzioni e soprattutto di riconoscimenti, di sindacato attori, di difesa dei piccoli gruppi e del teatro di figura, ... La domanda che emergeva da questa manifestazione era senz'altro fastidiosamente evoluta per quanti, dall'esterno o dall'estero, tifano sempre per la tutela della emarginazione del teatro e della cultura-e può darsi anche per la tutela della povertà in senso lato e vero-, come garanzia di alternativismo, di Opposizione (surrogato della Critica, ma così genuino, così "necessario"!); invece quella domanda o quel desiderio era magari la fondazione di un sistema teatrale, quasi come quello che giustamente si detesta da noi. Un teatro più istituzionale e anche più "borghese" nella struttura (a parte il "borghese" di sostanza che ognuno coltiva come e quando vuole, anche fuori dalle protezioni e dai sussidi), ma a partire dalla valorizzazione e dall'approfondimento della cultura teatrale il più possibile intera ed estesa, dai suoi bisogni alle sue potenzialità. Numerosi e attempati gruppi di "giovane" teatro e di piccoli "imprenditori" culturali, insieme a un manipolo di ricercatori e studiosi di nuove tendenze sceniche, chiedevano i frutti della loro insistente presenza- e del loro lavoro- coinvolgendo quanti si erano dovuti arrendere ali' evidenza o ali' alleanza: professori e critici ufficiali e generali, reti televisive, professionisti pagati ma non ancora appagati, che dilata vano e rendevano un po' spurio l'Ambiente, ma così dimostravano che in qualche modo tutto il teatro rivendicava più spazio e migliori condizioni per la sua difesa e il suo sviluppo. Così si ritrovavano, e si ritroveranno mescolati negli atti "processuali", interventi alti ed esperienze basse. Fra queste - spesso per davvero le migliori - colpiva il racconto "di vita" (o "di teatro", che è lo stesso) di un gruppo di giovani, appena dissolto. L'avevano dissuaso le fatiche improbe della sopravvivenza o le impotenze ambigue della progettualità? Senza nulla togliere al peso delle prime, forse lo stesso sogno e lo stesso lavoro teatrale tendevano verso un'identità impossibile. Il teatro necessario non è facile da coniugare con il "teatro" · sufficiente. La necessità di far teatro è stata spesso promossa e spiegata da un ricorrente desiderio, da un insistente obiettivo, che Foto di Tony D'Urso. 53
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