Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

MEMORIA Scrivereo combattere. Lamorte di RichardRive Armando Pajalich Writing or Fighting, scrivere o combattere, è il titolo del più recente saggio di Richard Rive, narratore sudafricano nato nel 1931 e ucciso nel giugno scorso. In quanto scrittore, la risposta personale di Rive a quel dubbio degli intellettuali sudafricani fu un equilibrio fra i due compiti, richiesto e a volte dettato da circostanze esterne. Il saggio non chiarisce del tutto chi o cosa vada combattuto; definisce invece assai bene la scrittura come testimonianza: "Che muoia un poeta non è tragedia più grande dell'assassinio a fucilate di un operaio. È ora più che mai necessario demistificare il ruolo dello scrittore nero sudafricano. Pur se attualmente l'enfasi è posta sul1' assaltare i castelli, più che sulla descrizione di tale avvenimento, è essenziale che si permetta allo scrittore di adempiere al proprio ruolo primario, ossia quello di descrivere e registrare. Egli è una memoria parlante della sua gente oppressa". Richard Rive è morto pugnalato alle spalle, sembra, da giovinastri a lui ben noti, intenzionati a sottrargli qualche oggetto di valore; pensando alla posizione alquanto eccentrica, anche se consolidatissima, di Rive fra gli intellettuali sudafricani, viene subito a mente l'assassinio di Pasolini e di altri scrittori scomodi legati ad amicizie avventurose, nascoste e facilmente manovrabili. Comunque, il suo ruolo primario, "ossia quello di descrivere e registrare.( ...) memoria parlante della sua gente oppressa", Rive lo ha perseguito sino all'ultimo. La casetta di Rive era ovviamente situata in un'area destinata al suo "gruppo etnico" (come direbbe il governo sudafricano), ovvero ai meticci: mi confessò d'avere denaro abbastanza da permettersi un'abitazione in zona "bianca", madi esserne tuttora impedito dalle leggi razziste. Gli "oggetti di valore" non erano molti, ma abbastanza da indicare un agio. che Rive ha spesso attribuito a una sua forse eccessiva fortuna.La sua autobiografia del 1981, Writing BJack ("Scrivere nero") ribadisce più volte la sensazione d'essere ; Foto di Glyn Hewson. stato"fortunato" rispetto ai propri connazionali non bianchi, maripete anche l'affermazione chetale "fortuna" non ha intaccato ciò che a quei connazionali lo accomunava, ossialamancanza di fondamentalidiritticivili:"Nonostante i miei successie i miei titoli, rimanevo un Negro privo di diritti soggettoaunapoliticadi discriminazione razziale, nato e cresciuto in un famigeratoslum in una città stupendain unpaese bigotto." Rive è stato soprattuttoil cantore di quello slume di quella città e, per loro tramite,di quel paese bigotto e razzista. La "fortuna" di Rive iniziò con una famarepentina e internazionale dovuta a pochissimi racconti apparsi su riviste e premiati in competizioni locali e internazionali.La stimadi eminenti scrittori quali Langston Hughes e Es'kia Mphahlelelo aiutarono poi a cominciarea ottenereuna lunga serie di prestigioseborse di studio americanee inglesi·chegli permisero di qualificarsiin grandi universitàinglesieamericane,di viaggiare per il mondo, stimato e famoso, senzaperdere il passaporto sudafricano, di venire tradotto in moltissime lingue (compreso l'italiano) e di conosceretutti i maggiori esponentidella cultura africana e afroamericanacontempo- . ranea. Oltre ai propriracconti (African Songs, "Canti africani", fu pubblicato nel 1963e debitamente messo al bandoin Sud Africa), curò antologiedi narrativa breve (Quartet, "Quartetto", bandito in Sud Africa, eModernAfricanProse, "Prosa africana moderna", entrambe del 1963. Si guadagnò finalmente la fama, sino allora un po' immeritata, nel 1964, col romanzo Emergency ("Emergenza"), regolarmente proibito in Sud Africa. Da allora la sua produzione rimase alquanto scarsa. A parte racconti e drammi di vario successo, fu solo nel 1986 che un secondo romanzo, Buckingham Palace, District Six, rip~opose Rive quale scrittore di livello internazionale. Pur se scritte a un quarto di secolo di distanza, le due opere maggiori di Rive sono companion pieces dove personaggi riappaiono e dove l'elemento autobiografico è evidentissimo pur se lo scrittore non mette se stesso al centro degli episodi narrati. Rive si era lamentato spesso di avere perso la carica creativa, rassegnandosi a una carriera di brillante conferenziere e saggista. Poi il secondo romanzo sembrò inaugurare una nuova stagione. Ora invece che la "fortuna" di Rive si è interrotta a causa di qualche "oggetto di valore" (ma è proprio così? ...), il secondo romanzo, ponendo fine alla produzione di Rive, lo consacra· cantore - "memoria parlante" - di uno degli episodi più rilevatori ed emblematici della recente storia sudafricana, la distruzione pianificata di District Six, il popoloso quartiere povero di Cape Town dove Rive nacque, abitato da un crogiolo di razze e in particolare da meticci come Rive. Simili episodi sono accaduti ripetutamente nelle città sudafricane e sono ovvi segni della paura isterica del governo sudafricano dinanzi al radicarsi e consolidarsi di popolazioni urbane proletarie e piccolo-borghesi non bianche. Per di più, District Six era abitato anche da pochi bianchi non razzisti e rappresentava dunque quel tipo di comunità inter-razziale che il crescente razzismo del dopoguerra volle sradicare da ogni provincia del Sud Africa. Tali comunità significavano tangibilmente e, anche, socialmente e quindi politicamente, l'esistenza di un Sud Africa diverso, governato da leggi e abitudini che non erano quelle razziste, retto da propri codici culturali e morali che il governo sudafricano non poteva e non voleva sopportare. District S ix -come l'epica di Rive "descrive e registra" - era un pezzo di storia sudafricana, con IL CONTESTO le sue solidarietà e le sue dispute, i conflitti morali ed economici, le differenze di cultura e di classe, le religioni e le lingue, e anche con le sue strade, le sue botteghe, i bordelli e le chiese: una commedia umana brulicante di vita e di futuro. Anche il suo squallore e la sua miseria erano reali, ma non per questo meno umani: Rive non ne fa un'esaltazione parziale ma ne mette in luce la fondamentale umanità, ribadendo ossessivamente l'infamia e (parole sue:) l'arroganza egoista che la distrussero. I due romanzi coprono rispettivamente tre giorni del 1960 (i giorni delle proteste contro la Legge che rendeva obbligatorio il Pass, oltre che dei massacri di Sharpeville e di Langa che precedettero la dichiarazione dello Stato di Emergenza), incastonati di digressioni nella vita del protagonista e nella storia del Sud Africa, e gli anni 1955-1970 (gli anni della crescita di District Six fino al suo annientamento) colti in tre cruciali momenti. È un'epica sostanzialmente episodica, che balza avanti e indietro nelle vite di numerosissimi personaggi. Il filo che la lega è la voce partecipante del narratore con la sua sottile ironia che fa quanto può per arginare la tragedia incombente dentro un umanissimo sorriso. In entrambi i romanzi le pagine finali non possono evitare il pathos che l'irrompere della tragedia porta con sé. Ma in entrambi i casi quella tragedia non è affatto conseguenza aristotelica di un "intreccio" fittizio, bensì imposizione violenta dal!' esterno, mazzata ancora più tragica perché ingiustificabile. Come certi personaggi affermano (e come anche Rive sostiene nel!' autobiografia), Pretoria pare assurgere a statura mitica di mostro tirannico, più che indicare la sede di un potere politico e collettivo. A leggerla nel suo insieme, , l'opera di Rive è il risultato di stimoli letterari e storici bene identificabili: l'autobiografiaintrisaovviamente di problematiche peculiari alla realtà sudafricana, il racconto di ascendenza afroamericana e vagamente neorealista intrecciato in macrosequenze epico-romanzesche, e una volontà di sorriso e di ironia che costituisce la "cifra" personale dell'autore. La tradizione letteraria a cui Rive risaliva è pure riconoscibile ed evidenziata nell'autobiografia. Prima di Rive, la letteratura sudafricana non bianca si era mossa per impennatecontrassegnatedallaca31

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