IL CONTESTO CONFRONTI le avventure di Christopher. l'ultima autobiografia di lsherwood Paola Splendorç In copertina, Christopher Isherwood fotografato da David Hockney in un'immagine a più facce che lo mostra seduto in poltrona eppure in movimento, a causa di quel volto r_eplicato in vari atteggiamenti, ora intento aconver, sare, ora ad ascoltare, ora mentre sorride dolce e beffardo. Nella foto Isherwood ha quasi ottanta anni (morirà poco dopo, nel 1986), ma ha quasi intatta l'espressione maliziosa e disincantata di se stesso da giovane. L'immagine si presta molto bene a introdurre questa sua autobiografia "in terza pers·ona", Christopher e il suo mondo 1929-1939, pubblicata nel 1976 in America dove Isherwood viveva da circa quaranta anni, e ora tradotta in italiano nella elegante collana di SE, Prosa del Novecento. Perché il soggetto di questa autobiografia è anch'esso plurimo, sezionato, diviso, non tanto a causa di lacerazioni interiori quanto per una efficace scelta narrativa dell'autore: Isherwood, alle prese con se stesso, adotta la terza persona quasi a voler prendere le distanze da "Christopher", il se stesso giovane. Non per questo egli rinuncia tuttavia a registrare il timbro attuale della propria voce, passando frequentemente all'io come a dialogare con l'altro se stesso in tono sfrontatamente scanzonato. L'io narrante dichiara infatti di voler dire la verità su "Christopher" attenendosi finalmente ai fatti, e così contraddicendo o completando le "mezze verità" raccontate altrove, soprattutto nella precedente autobiografia Leoni ed ombre, pubblicata nel 1938, e nelle trasposizioni romanzate di episodi e personaggi degli anni vissuti a Berlino Il signor Norris se ne va, Addio a Berlino, La violetta del Prater, ma anche in romanzi successivi come Un uomo solo e Down There on a Visit (tutti, tranne l'ultimo, tradotti in italiano). Il confronto dunque non è ( solo tra un io presente e un io passato, l'io di oggi e il Christopher di ieri, ma con un sé "mitizzato" e reso scrittura in una serie di romanzi, e che per questo ha acquisito una sua concretezza quasi pari a quello "reale". L'opera è il risultato di un collage, in cui le riflessioni dell'autore, al tempo della scrittura, vanno a comporsi con pezzi di diari dell'epoca rievocata, con le lettere degli amici, i diari della madre e le pagine dei propri romanzi. Una tecnica non nuova per Isherwood che già l'aveva sperimentata in due precedenti opere di "scavo" e di "ricostruzione", Exhumations, poesie, racconti, frammenti autobiografici esibiti come reperti di una archeologia privata e Kathleen and Frank, la biografia dei propri genitori messa insieme attraverso un collage di citazioni dai diari della madre e le lettere dal fronte del padre, morto nella prima guerra mondiale, in cui.Isherwood parla di sé solo in 26 Foto di Dovid Hockney. terza persona, come un altro membro della famiglia, anche se poi nelle conclusioni definisce l'opera una sorta di autobiografia indiretta. Il senso dell'incessante e quasi ossessivo lavorio autobiografico di Isherwood non è tuttavia da identificarsi con un semplice bisogno di recupero del passato, né tantomeno nella cancellazione o riscrittura di questo, quanto piuttosto nel desiderio ritrovato di voler ricordare, di preferire il passato "reale" a quello "immaginario", e soprattutto, nel desiderio in cui si rivela la più profonda identità di romanziere di Isherwood, che tutte le sue facce, tutte le maschere assunte e le falsità di volta in volta narrate, coesistano; che tutte insieme_emergano finalmente da1ritratto offerto da Cf,.ristopher e il suo mondo e lo rappresentino: "Christopher solevadire ai suoi amici di aver distrut~ to il suo Passato reale perché preferiva il più essenziale, il più credibile, il più emozionante Passato immaginario da lui creato, destinato a sostituire quello vero. Questo Passato romanzesco, diceva, era il solo Passato che voleva 'ricordare'. Ora, mentre sto scrivendo un libro sul Passato autentico di Christopher, sento tristemente la mancanza di quelle annotazioni perdute e provo una certa insofferenza per le altre chiacchiere piene di pretese artistiche" (p. 43). Il decennio 1929-1939 è forse quello più denso di eventi nella vita di Isherwood, dal1' abbandono dell'università a 23 anni senza aver preso la laurea alla decisione di trasferirsi in Germania dove già Auden si era recato in avanscoperta, alle difficoltà create dall' avvento del Nazismo, fino alla scelta successiva di una nuova patria di elezione identificata con gli Stati Uniti. Il periodo in cui certe scelte fatte per sfida o per odio del mondo asfittico di provenienza, ma quasi sempre con incoscienza o leggerezza, si precisano e si maturano. Ma lo stile adottato dall'autore tende a sminuirne il peso, a enfatizzare un senso di aristocratica indifferenza nei confronti della vita, a esaltare le proprie debolezze: il tono prevalente dellanarrazione è quello del distacco ironico e smitizzante, della lucida e sfrontata autosservazione dei suoi romanzi. Ripercorrendo il passato attraverso il doppio diaframma della distanza temporale e del filtro narrativo, Isherwood non esita così a demistificare atteggiamenti che pure gli avevano creato. un'aureola mitica di ribelle, per quanto velleitario; o di intellettuale impegnato: '.'Christopher" non si era recato a Berlino per i fermenti culturali della città, ma per vivere liberamente la propria omosessualità; aveva voluto imparare il tedesco solo per poter parlare con i suoi partner sessuali; fu l'invidia per la popola-' rità "eroica" che circondava Auden e gli altri "compagni di strada" che partivano per la Spagna al tempo della guerra civile che gli fece desiderare di andarci anche lui; la scelta pacifista che farà in America, forse per influenza di Huxley ritrovato in California, non fu dettata da ragioni ideologiche quanto personali; e così via. La schiettezza, l'onestà di queste dichiarazioni sono così disarmanti da diventare a volte aggressive, a volte compiaciute, come quando in un passo del diario del 1934 annota: "Sono un disertore e un traditore potenziale" (p. 168). Nell'Europa minacciata dalla guerra, Isherwood ha cercato rifugio in Danimarca con Heinz, il giovane amante tedesco, cui desidera impedire 1 'arresto per essersi sottratto, uscendo dalla Germania, alla leva obbligatoria, e il senso di colpa gli fa assumere ancora una volta la "posa" dell'anti-eroe. L'alternanza continua tra la prima e la terza persona crea inoltre al lettore un ostacolo continuo all'identificazione di un soggetto unico di questa autobiografia. È come se l'autore, eterno outsider da se stesso, si sdoppiasse da un lato in puro occhio che guarda e dall'altro nel corpo osservato di cui sono messe a nudo le sensazioni, i malesseri, le malattie, i brividi di piaèere. L'impressione è che si voglia registrare solo ciò che passa attraverso il corpo o che si può cogliere con lo sguardo, quasi a negare ad ogni costo consistenza a quella realtà interiore che il romanzo della generaziqne prececjcnte aveva esaltato come l'essenza più profonda del personaggio. Christopher dichiarava con passione, nelle interminabili discussioni con Auden in cui la propria "confusione mentale" urtava contro la "oggettività pedantesca" di Auden, di sapere di non possedere un'anima: "Sono un compo·sto chimico, condizionato dal1'ambiente e dal!' educazione. Il mio carattere è semplicemente un repertorio di trucchi che ho imparato, la mia conversazione un repertorio di adattamenti e di echi, i miei sentimenti sono dettati da stimoli puramènte fisici, esterni a me stesso" (p. 255). Poco dopo Christopher cambierà idea e si avvicinerà al Vedantismo. Tra gli aspetti di maggiore interesse del libro è la rete fittissima di rapporti in cui è inserito Isherwood, e da cui trae costante sostegno e stimolo intellettuale nel suo precario autoesilio; in primo luogo le amicizie privilegiate e di vecchia data con Stephen Spender, Edward Upward e Wystan Auden nei confronti dei quali emergono da queste pagine anche le intolleranze, le gelosie e le invidie; c'è poi l'amicizia con E.M. Forster, Morgan, lo scrittore più
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