Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

IL CONTESTO scienziato galileiano del secolo XVII, e al secondo una bellissima frase di Pio vene, che definisce i quadri di Redon "quasi visioni implicite nella natura che diveniva il lievito e il fermento del1'immaginario". Gli ambiti di riferimento del sostantivo, man mano che si susseguono i significati, risultano essenzialmente tre: l'arte, nelle cui opere si ha "mistione dell'immaginario col vero" (Tommaseo); l'economia, dove si parla di un "'immaginaria" intendendo una moneta che non esiste effettivamente come l'oro e l'argento "ma esiste nel suo prezzo" (Broggia), cioè convenzionalmente (donde sarebbe legittimo dire che tutto il nostro denaro è immaginario); la matematica: "nascerà generalmente questo caso ogni qual volta la supposizione di dy=O o di dy=OO, ci dia un'espressione finita costante, o un divisore costante eguale allo zero, il quale valore sostituito nell'equazione proposta non porti o immaginario o contraddizione" (Maria Gaetana Agnesi). Da tutto ciò si evince che "immaginario" ha in sé significati come "astratto" o "ideale", o addirittura "impossibile" (ancora Agnesi: "qualora per tanto l'equazione ... ci somministra solo valori immaginari, ciò vuol dire che il problema non ha soluzione alcuna e che è impossibile"). Ne viene confermato il carattere di differenza rispetto a "reale" e a "vero", ma con usi anche pratici, come nel caso delle monete o in quello di "persona immaginaria, essere immaginario: ente morale". Dunque non una mera contrapposizione tra immaginario e reale, ma una gamma di più sottili relazioni tra i due, che dev'essere di volta esplorata e riconosciuta. Mi piacerebbe aggiungere alla ricchezza di significati delineati dal Battaglia, dove prevale l'uso del termine come aggettivo rispetto a quello del sostantivo, uno che mi è suggerito da assonanze, e che postula invece una stabile identità sostantiva. Per analogia con "erbario", "frasario", "dizionario", mi pare si potrebbe trattare il nostro termine come se indicasse una collezione o addirittura un inventario di immagini. Perché ci tengo tanto al sostantivo? Perché sospetto che agisca in modo riduttivo (già Croce si lamentava di esser stato ridotto ad aggettivo dai fascisti, che parlavano di "crociano", ma mai di "Croce"), non permettendoci di pensare un ambito dell'immaginario, inducendoci invece a vederne solo frammenti o nel migliore dei casi a ricalcarlo sul1'esistente. 11sospetto mi era venuto quando il redattore di una casa editrice britannica mi costrinse, qualche mese fa, a sostituire "imaginary", in un mio saggio facente parte di una raccolta di scritti su "Mito e storia", con "imaginary world". Mi era parso un segno di ostinato e miope privilegiamento dell'empiria, mentre il sostantivo, sebbene non bello nell'inglese, lasciava tutto nell'indeterminato e quindi più spazio alla fantasia. Ma i guai vengono appunto dal sostantivare in seconda istanza, dando per scontata la priorità dell'aggettivo; di qui l'idea di coniare un "imaginary", così come si dice "dictionary". La radice "immagine" è comunque di rilevanza deterininante per il nostro termine, e conviene ribadirla, perché troppo spesso viene dimenticata a favore di un vago e confuso inventare, ideare, concepire. Van bene tutti questi verbi, ma qual è il loro complemento oggetto? uno per eccellenza: immagini, figure, visioni. Esse potranno essere mentali o corporee, ma comunque descrivibili con parole o pennello, istoriabili in mosaici o sculture. Magari evocabili con tratti che quasi le tolgono, come i valori delle equazioni di Gaetana Agnesi o come i fantasmi del sottotitolo di Vovelle. Ecco dunque quello che considero un primo punto di appoggio per valutare l'uso indiscriminato della bella parola: se di immaginario si parla, voglio sapere quali immagini comprende. Proprio come primissima condizione, senza ancora stabilire la sacrosanta regola che dovranno essere trattate come protagoniste e non come didascalie. Allora, tanto per intenderci, di alcuni libri si ca20 LOTHAR.WE'REHERE/ 1 ANOTHERDIMENSION. AWORLD ENTIRELY ~l\W DIFFERENT FROM OUROWN/ Mandroke e Lothar, creature di Phil Davis. WELL-- NYHOW, 'T pisce benissimo di che immagini trattino e quindi anche di che immaginario. È il caso delle scene di caccia e di carnevale, di morte edi purgatorio, in ex voto e pale d'altare, ma anche nelle menti degli esseri umani, negli scritti del citato Vovelle. Così pure per l'inventario dei sogni biblici o delle città nella letteratura francese del XII secolo di Le Goff, o ancora per i disegni dei crateri, intrecciati a scritte variamente mosse, che Lissarrague interpreta come convergenza di immagini e canto, insieme fluenti nel banchetto greco. In tutti questi casi la ricerca sull'immaginario ha riscontri precisi, che arricchiscono e precisano un termine così allusivo e rischioso. In altri casi invece esso si presta a cqprire confusioni e disordini, unificando o illudendo di unificare sotto il suo segno oggetti variamente dispersi. Assume allora il carattere di serbatoio del residuale, sorte già toccata a termini ancora più illustri, come di quello di "vita quotidiana", soprattutto nell'ambito di certa sociologia. Questo mi pare il caso di quell"'immaginario di massa", che dovrebbe costituire il comune orizzonte degli scritti di Alberto Abruzzese radunati in Archeologie dell'immaginario. Da quella definizione e da questo titolo, il tennine non risulta approfondito o esteso; al contrario appare come una coperta sfilacciata che si tira un po' da una parte e un po' dall'altra, lasciando tutti scontenti. · La prima condizione così posta, che parlando di immaginario si capisca di che immagini si tratti e in che configurazioni storiche o logiche e secondo quale inventario o almeno campionario,

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