. IL CONTESTO il discorso su Kafka è, o almeno appare, pretesto per una più generale riflessione critico-estetica o, precisamente per l'abbozzo di un'estetica negativa, che poi, incalzato da più urgenti interessi, Anders avrebbe lasciato alla curiosità di meno ossessionate generazioni. Proprio questo aspetto di pretestuosità, non disgiunto dataluni giudizi. in tono di requisitoria morale (il rimprovero, ad esempio, "autoumiliazione totalmente priva di dignità" e di aderenza ad un messaggio po litico di "mortificazione di se stessi"), possono aver provocato Max Brod ad una polemica replica ed indotto altri critici a passare, un tantino disorientati, oltre. Qui non vale nascondersi dietro l'osservazione che, in fondo, il processo viene intentato non tanto a Kafka quanto alle mode kafkiane.dell'ante- e del dopoguerra. Il punto non è decisivo. Il senso di sgomento che ancor oggi assale il lettore di questo saggio trova forse origine in quello che definirei il manierismo nihilistico di cui Anders dà prova in questa occasione ( e il tono quasi infastidito di presa di distanza dal testo nel!' introduzionè a Mensch ohne Welt, qui opportunamente tradotta per quanto concerne la pertinente sezione, denuncia chiaramente il problema): da un lato non può impressionare la finezza analitica messa al servizio dell.ascomposizione delle tecrùche narrative kafkiane - "paralizzazione del tempo", "potenziamento delle immagini", "collidere delle metafore", "neutralizzazione del!' enormità"," deformare per constatare", protocollarizzazione del mondo e così via; - dall'altro però il profilo di quest'estetica negativa viene cancellato con un colpo di spugna dalla constatazione che anche per la bellezza "gorgorùca" del! 'universo kafkiano il tempo della contemplazione estetica è passato. "Le camere a gas si sono aperte e chiuse. Oggi ci sono da fare cose più importanti che osservare con meraviglia la potenza superiore, rappresentata come 'bella' . Questo concetto di bellezza deve essere soppresso" (P. 74). Auschwitz (e Hiroshima) hanno per Anders reso obsolete non solo tutte le concezioni 111oralei religiose, ma anche quelle estetiche: Proprio per questa ragione, perché ne mette a nudo la crepa fondamentale, provocata anche in lui da "un fulmine che ancora perdura" - la lacerazione irreversibile tra il mondo 18 estetico della tradizione clas~ica tedesca e il moralismo nihilistico che dalle macerie solleva la sua voce di phi/osophia ultima per un mondo disumanizzato -, il saggio su Kafka riveste un 'importanza centrale lungo l'itinerario di Giinther Anders. E non è un caso come opportunamente rileva Barnaba Maj nella densa Prefazione al volume, che si lascino individuare significativi punti di concordanza tra questo lavoro e I' opera filosofica maggiore sia sul piano del metodo - l'esagerazione fenomenologica, il deformare per constat,u-e -, sia su quello del tema - la vergogna di esistere e di esisterenelladeprivaz1one di ogni diritto, alla mercé di potenze estranee - sia ancora su quello della finalità- la riflessione, più o meno cifrata, sul rapporto tra responsabilità individuale e destino stonco. Ma vi è ancora un altro aspetto sofferto dell'opera andersiana che il testo su Kafka evidenzia: la sua distanza dalla tradizione ebraica. Della sua interpretazione colpisce non soltanto la densità di temi ma anche l'assenza di riferimenti al mondo culturale ebraico. L'opera è spiegata a partire dalla situazione sociale di oggeuiva esclusione dell'ebreo Kafka ("In quanto ebreo non apparteneva del tutto al mondo cristiano. In quanto ebreo indifferente-poiché tale era, originariamente - non apparteneva del tutto agli ebrei ... In quanto impiegato presso un istituto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, non apparteneva del tutto allaborghesia.In quanto figlio di un borghese non apparteneva del tutto al ceto operaio. Ma non apparteneva nemmeno all'ufficio, perché si sentiva uno scrittore" etc. p.31). Prodotto di una situazione morale senza vie d'uscita, la genesi della sua opera d'arte è ricostruita seguendo un percorso di riduzioni, inversioni e decostruzioni tutt'interno alla tradizione filosofica e teologica del- !' occidente. Fino a culminare nella tesi che, ateo che si vergogna, Kafka non è un "teologo dell'ebraismo, ma un teologo cristianizzante dell'esistenza ebraica" (p. l 08). Specificamente ebraico è in lui solo il senso di autoumiliazione emortificazione: e in questo rilievo si avverte già l'accento polerrùco di una tesi che, esplicitata più tardi da Hannah Arendt negli articoli sul caso Eichni.ann, avrebbe destato tanto clamore. IN MARGINE QuandoMoravia va alla montagna Grazia Cherchi Tormenti d'oggi Mentre l'altro giorno prendevo un caffè al bar di un piccolo albergo di Reggio Emilia, que uomirù di mezz'età hanno chiesto al portiere se c'erano due stanze. Appurato che sì, non si sono informati del prezzo ma pressoché ali' unisono hanno domandato: "C'è la Tv in carnera?". Ampie assicurazioni in merito: ci mancherebbe . altro! Dimentico l'episodio per mezz'ora, poi sono costretta à ricordarlo. I due hanno occupato le stanze accanto alla mia, uno a destra e l'altro a sinistra, così mi arriva nitidamente la voce delle loro Tv tenute ad alto volume - la gente è ormai praticamente sorda -: due programmi diversi edentrambi indubitabilmente spregevoli. All'una di notte, in preda ali' esasperazione mi sono sommariamente rivestita e sono andata a bussare alternativamente alle due porte, chiedendo silenzio. NessulO t.S'C.O. 1l SE.RVE. O..VAL-COSA ~ Copyright Ouipos. no ha risposto: o i due si.erano addormentati con la Tv accesa, o dato il fracasso non mi sentivano. Mi hanno invece sentito diversi clienti di altre stanze sul corridoio che si sono via via affacciati in pigiamarivolgendomi male parole. "Ma non sentite che baccano viene da quelle due porte?" ho detto. "Che c'entra! Quella è la Tv !"mi hanno . risposto irritati. Si trattava cioè di un rumore di fondo (mica poi tanto di fondo) che è talmente introiettato da non essere più percepito come tale. È ormai impossibile evitare la Tv: se non ce l'hai, o la usi poco, senti quella degli altri. D'estate, col caldo, il fenomeno è particolarmente vistoso, quando la Tv erompe da tutte le finestre spalancate ed entra nella tua di finestra: è allora una presenza che non ti abbandona mai. Vien fatto di chiedersi: chissà mai come passava le serate la gente, anzianaenon, negli anni Quaranta e Cinquanta.
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