Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

CONFRONTI Unfantasma che torna. l'utopia contadinadi Caianov Giovanni Mottura "Non è più il momento della proclamazione d'un 'unica idea generale, dei principi astratti. Sono necessari progetti di legge dettagliati, piani organizzativi di riordino fondiario, opere di agrimensura e valutazioni finanziarie. ( ...) Non possiamo di certo rinunciare alle nostre idee-guida; i nostri ideali restano come sempre per noi i fari conduttori, ma al contempo dobbiamo ricordare che il compito odierno non consiste nella mera professione di tali o tal altre idee: consiste nella ricerca delle forme che quelle idee possono assumere nel concreto, nel corpo economico del paese". Così, con toni che appaiono oggi singolarmente à la page, scriveva nella primavera del 1917 - in un saggio pubblicato a Mosca dalla "Lega per le riforme agrarie", associazione transpartitica creata da intellettuali e tecnici populisti, marxisti di varia estrazione e altri - il ventinovenne A.V. Cajanov (Chayanov nella traslitterazione inglese, Tchayanov in quella francese). Un personaggio complesso e certamente notevole: economista e ricercatore di livello europeo; massima autorità riconosciuta nella formazione dei tecnici agrari russi e poi sovietici tra il 1913 e il 1928; alto dirigente del movimento degli Zemstva(autonomie locali) e del movimento cooperativo panrusso; vice ministro dell'agricoltura nel governo Kerensky e successivamente alto funzionario - ancorché dichiaratamente neo populista-negli organismi sovietici di pianificazione agricola lungo tutti gli anni Venti. E qualche pagina più avanti continuava: "Tutti sono daccordo sul fatto che l'azienda di lavoro debba costituire la base dell'edificazione agraria della Russia ( ...) Tutti noi siamo allo stesso modo consapevoli che il regime fondiario è soltanto una parte della questione agraria. Consegnando la terra all'economia contadina, bisogna contemporaneamente riordinare quest'ultima, organizzarla in potenti cooperative, consolidarne la posizione nel mercato e provvederla di credito disponibile". Queste brevi citazioni- tratte dall 'antologia di scritti di Cajanov recentemente apparsa in italiano (A.V. Cajanov,L' economia di lavoro, Angeli, 1988) - non sono certo sufficienti a illustrare la figura e la rilevanza dell'autore, arrestato poi nella prima metà del 1930, processato - pare, ma non si ha notizia chiara d 'una sentenza - a porte chiuse, inviato in Siberia. Il suo nome stesso, nei cinquant'anni seguenti, è stato cancellato da ogni pubblicazione sovietica, sebbene diversi suoi allievi abbiano in seguito occupato cariche elevate negli organismi preposti all'agricoltura in età staliniana. È vero che (soprattutto a partire dagli anni Sessanta) il suo nome ricompare in pubblicazioni scientifiche o di saggistica politica di autori dell'Est europeo: si pensi ad esempio al libro di Kula, Teoria economica del sistema feudale. Proposta di un modello, uscito a Varsavia nel 1962 e in Italia nel 1970; oppure al libro di Tepicht, Marxisme et agriculture. Le paysan polonais, apparso a Parigi nel 1973. È stato d'altronde lo stesso Tepicht, alto dirigente della politica di collettivizzazione nel suo paese e poi limpido critico di tale politica, a scrivere tempo fa che "il suo fantasma (di Cajanov) riappare laddove ed ogni volta emergano contraddizioni connesse alla collettivizzazione in aree contadine". Data l'impossibilità concreta di rileggere le sue opere, però, il "fantasma" non poteva che rimanere tale: quasi una "persistenza", o, al più, una latenza. Fuori dall'URSS, soltanto in Giappone - grazie a una traduzione del saggio Die Lehre von der bèiuerlichen Wirtschaft, uscito prima a Berlino, nel 1923, e poi pubblicato in forma più ampia aMosca nel 1925 come Teoria dell'economia contadina - diverse generazioni di economisti agrari hanno utilizzato Cajanov come testo di base universitario. Lo stesso traduttore, il professor lsobe della Università di Tokyo, ha poi promosso la traduzione, nel 1957, del testo russo definitivo. La pubblicazione in inglese di tale opera è assai più recente (The Theory of Peasant Economy, Homewood Illinois; 1966, a cura di B. Kerblay, R.E.F. Smith e D. Thorner). Sul piano scientifico, essahaalimentato una discussione soprattutto tra storici e sociologi dell'agricoltura anglofoni, francofoni e ispanofoni. Taie discussione appare però assai segnata dal fondarsi sulla lettura di quell'unico testo: essa si presenta così per lo più ristretta nei limiti d'una disputa teorica tra "contadinisti" di derivazione populista più o meno diretta e "neokautskiani" preoccupati di "demistificare"una volta di più tale radice (ambedue, dunque, più o meno consapevolmente interessati a non porre l'accento sulla centralità che nella storia di C. assume la cooperazione, ed in ciò aiutati dal fatto che della più matura e per molti versidecisivadelle sueopereil saggio Ideefondamentali eforme organizzative della cooperazione agricola, del 1927 - non è ancora stata pubblicata alcuna traduzione). Il limite più grave mi sembra però essere il permanere dell'intera discussione all'interno d'un quadro degli avvenimenti e delle caratteristiche culturali e sociali del periodo in questione, che rimane in sostanza quello consegnatoci da cinquant'anni di storiografia politica. IL CONTESTO ~~- . '/( ·,. \. .. . ffi((v\\ll (.\\. ,-~ . 'flt l~~i-i---.· .,__._, IG4HR. Tale quadro, infatti, appare scarsamente in grado di dar conto tanto della complessità tematica dell'opera di Cajanov, quanto dell'influenza da lui esercitata come tecnico, come docente, come ricercatore e in generale come intellettuale erede ed innovatore della tradizione populista e neopopulista. Ed altrettanto poco in grado di mettere in evidenza la stretta interdipendenza- della quale Cajanov si sforzò sino all'ultimo di tenere aperti i canali - tra l'esercizio adeguato di quei ruoli (finalizzato alla costruzione del socialismo in Unione Sovietica) e il perdurare di un costante scambio con gli ambienti scientifici più avanzati dell'Europa Occidentale e degli Stati Uniti. Sembra opportuno, in proposito, sottolineare che tale scambio non ha visto come interlocutori soltanto economisti o storici agrari. L'approccio teorico alla questione agraria come ricerca dei fondamenti d'un agricoltura non capitalistica (che - insieme a quello che un americano degli anni Trenta ha chiamato il suo "patriottismo" -spiega probabilmente la scelta che portò C., neopopulista, a rimanere in Russia dopo il '17 e ad assumersi ruoli di primo piano praticamente fino alla vigilia dell'arresto) è infatti sempre accompagnato nei suoi scritti da un forte interesse per il problema pratico di come intervenire nelle campagne conciliando l'esigenza di introdurvi innovazioni con quella-imperativamente prioritaria-di non prevaricare i veri produttori come soggetti decisionali. Questa impostazione lo condusse (sin dagli anni dell'università e dei primi viaggi di studio in Germania, Italia, Francia, e poi lungo I' intera vita) a collaborare e corrispondere con gruppi di economisti e sociologi di altri paesi (ad esempio quelli raccolti attorno agli "Archiv fur Sozialwissenschaft" in Germania, al "Journal of Farm Economics" negli Stati Uniti, ed altri) o con università agrarie (ad esempio quella californiana, dove inviò anche degli studenti); essa però lo guidò anche su percorsi di lettura approfondita nei campi della logica e della pedagogia più avanzate (fu, ad esempio, lettore ed estimatore di John Dewey), la cui conoscenza giudicava essenziale per la formazione di agronomi e tecnici in grado di concepire il proprio intervento nelle campagne come un lavoro so13

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