Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

12 luglio È al centro della nostra discussione il discorso di Gorbaciov a Strasburgo che è stato letto con disattenzione dalla stampa occidentale, interpretato in chiave di ulteriore innovazione. In realtà Gorbaciov ha posto dei limiti alla sperimentazione consentita in est Europa - avvicinandosi al cuius regio eius religio - anche se ha ribadito il principio del non intervento. Il punto è: cosa capita se i due principi entrano in conflitto, come potrebbe facilmente capitare in Polonia, tanto per citare l'esempio più scontato. 13 luglio Quando scendo dalla mia stanza, questa mattina, nello spiazzo di fronte alla foresteria dove siamo alloggiati si verifica una curiosissima forma di conta. Ufficialmente la giornata è libera, il seminario è sospeso e gli organizzatori hanno predisposto un torpedone perun giro turistico dei partecipanti. Il fatto è che è stato contemporaneamente organizzato da alcuni dei partecipanti una discussione del documento di Sàbata presso l'Istituto economico per IÒstudio del sistema socialista mondiale (e dico poco), presieduto da Bogomolov, uno dei principali innovatori tra i collaboratori di Gorbaciov. C'è una conta, non esplicita ma politicamente assai significativa: da una parte del cortile si raggruppano i turisti, prevalentemente americani (gli ospiti sovietici giustamente si riposano); dall'altra, coloro che vogliono discutere il documento di Sàbata, in un'altra sede, ugualmente ufficiale, perché il "nostro" istituto non ha ammesso la presenza della rappresentante di Sàbata. Non. a.caso siamo tutti europei, dell'Ovest e dell'Est. Si è formata una solidarietà naturale tra europei occidentali e gli europei dell'Est più riformisti, mentre gli americani sono più distaccati, dialogano direttamente con i sovietici e talora quelli più conservatori invocano una seconda Jalta per mettere ordine nella confusione, anche se premettono che è bene non chiamarla s~condaJalta pernon offendere la nostra suscettibilità (di europei). Effettivamente di confusione ad Est ce n'è molta, anche se in senso positivo (si potrebbe chiamarla un'esplosione di pluralismo, come questo paese non l'ha mai conosciuto, dopo secoli di tirannia zarista e staliniana). Quella che dovrebbe, forse solo nella nostra immaginazione, essere una relazione clandestina, non solo si svolge in un istituto ufficiale quanto quello che normalmente ci ospita, ma ha luogo a un lungo tavolo, a cui sono presenti due esperti sovietici di economia cecoslovacca, campeggiano una bandiera sovietica e - per l'occasione---'- una cecoslovacca, è relatrice una "turista" cecoslovacca inviata da Sàbata che ci legge il suo documento. Sàbata ha scritto cose di grande interesse. Nella prima parte del documento analizza il processo di democratizzazione in atto in europa orientale e si pronuncia a favore di una federazione democratica di repubbliche sovietiche, autonome ma non indipendenti (come \/Orrebbero molti nei paesi baltici). La seconda parte è tutta dedicata ai rapporti, cruciali secondo l'autore, tra l'Urss e le due germanie. L'importanza della sua presa di posizione consiste nel fatto che un leader dissidente di un paese che storicamente ha ogni motivo di temere la Germania (oltre che l'Unione Sovietica) si pronuncia a favore della sua unificazione. Naturalmente egli colloca tale evento nel contesto di un 'Europa unita e pacifica. Ciò nonostante provoca la reazione di Michnik che qualifica come irresponsabili quegli storici polacchi, che in un convegno a Cracovia, hanno sostenuto la stessa tesi, mentre si limita a chiamare il documento di Sàbata-che definisce suo amico personale - "utopico". Alcuni di noi (Faber - che evidentemente ha superato passaIL CONTESTO Un brindisi di Gorbaciov (foto Sygma/G. Neri). ti timori olandesi della Germania- e chi scrive) argomentano che anche i tedeschi hanno diritto ali' autodeterminazione e che, se non si elimina la divisione e l'attuale statuto giuridico della germania, resta la legittimazione dell'insediamento delle due superpotenze in Europa centrale. Ma Michnik non ci sente da questo orecchio. Gli ungheresi, alla ricerca di analogie con l'esperienza e le procedure seguite dal loro paese, si chiedono se in Germania est gli intellettuali del partito sono stati autorizzati a preparare delle alternative tecniche allo status quo. Qualcuno risponde che sì e che la Ddr sul punto di adeguarsi al nuovo corso, ma con "le modalità che sono tipiche" di quello Stato (cioè, con ordine e disciplina). Per il resto tutti i partecipanti dell'est ripetutamente difendono il principio del non intervento sovietico non solo nei confronti dell'Ungheria e della Polonia, ma erga omnes. Ciò fa scoppiare una delle discussioni più emotive e più confuse di questi giorni. Mary Kaldor e Mient-J an Faber sostengono che non si può fare dell'intervento o, quanto meno, della non interferenza un feticcio: non vogliamo, dicono, che si interferisca dappertutto a favore della democrazia. In particolare viene citato il caso della Romania. Da·parte mia faccio notare che Gorbaciov è come un papa riformatore che ha difeso i teologi progressisti, ammettendoli al concilio, ma che non può reprimere i conservatori; che il principio di non intervento non favorisce la democrazia nel resto dell'Est, ma garantisce l'Ungheria e la Polonia (e gli ungheresi confermano); che, soprattutto, bisogna distinguere tra la pressione dell'opinione pubblica, compresa, quella dell'Est, e l'invocazione dell'intervento di una superpotenza che, sia pure per fini lodevoli, determina pericolosi precedenti. Gli altri fanno notare che la non interferenza sovietica di fatto rafforza i gruppi dirigenti conservatori in alcuni paesi dell'Est che considerano un'interferenza ogni dialogo con il loro dissenso interno (che di fatto è ciò che sta avvenendo in questi giorni a Mosca). Insomma, una bella discussione. Ne esco con un 'impressione contraddittoria: da una parte siamo riusciti a smuovere le acque (dei rapporti tra sovietici e dissidenti) ma dall'altro, al di là delle buone intenzioni, vi è il rischio di un'involontaria arroganza degli europei occidentali che spezzano il pane della democrazia ai loro fratelli dell'Est, sovietici riformatori compresi. insomma, è d1ffici1e·trovare un equilibrio. 11

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