Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

SAGGI/FRASSINETI ne; la tolleranza di ogni fede e di ogni opinione; la libertà di pensiero, di stampa, e d. associazione; convinti che il popolo italiano possa raggiungere un più-elevato livello di vita materiale e morale soltanto attraverso la formazione di una coscienza civica, nella quale gli italiani, ispirandosi a quei valori ritrovino una migliore consapevolezza dei diritti e dei doveri che l'appartenenza ad una comunità politica conferisce al cittadino, desiderosi di unire inostri sforzi per concorrere aquestaopera di educazione civica, abbiamo creduto di fondare a questo fine un'Associazione denominata: Movimento di Collaborazione Civica e retta dal seguente Statuto: (... ) Art. 2: lo scopo del Movimento è di concorrere alla formazione, negli Italiani, di una coscienza civica e di promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita democratica del Paese. Art. 3: il Movimento persegue il suo scopo: 1) promuovendo la libera discussione di tutte le idee e di tutti i programmi politici in uno spirito di mutua tolleranza e comprensione; 2) concorrendo alla conoscenza da parte degli Italiani dei dati obbiettivi che stanno a base dei problemi politici sociali; 3) favorendo tutte le iniziative nelle quali si dimostra e si sviluppa il sentimento della solidarietà umana fra i cittadini; rafforzandosi così la coscienza dei comuni interessi; 4) promuovendo gli studi e le esperienze che possono giovare e fornire una migliore preparazione a tutti coloro che esercitano o intendono esercitare un'opera volontaria di servizio ed educazione sociale; 5) concorrendo a formare nei cittadini, e specie nei giovani, la coscienza di servire una comunità. A distanza di tanti anni, e resi circospetti dalle molte delusioni patite, possiamo anche sorridere nel rileggere questa prosa solenne, risorgimentale, nel rimeditare quei propositi messianici. Però i promotori del Movimento non erano i soli a "delirare" fra le nuvole della "Città del Sole". E numerose furono le iniziative ispirate alla necessità di riedificare cominciando dalle fondamenta invece che dal tetto. Fra i movimenti più significativi coevi al M.C.C. basterà ricordare i Centri di Orientamento Sociale, creati da Capitini, o il Movimento di Comunità di Adriano Olivetti: piccole isole e, in certi casi, soltanto meteore. Ma sta di fatto che i più avveduti fra gli educatori del nostro Paese, si trovano ancor oggi a dover misurare le smisurate difficoltà del cammino necessario con lo stesso metro usato a quel tempo da pochi "visionari". Dopo le prove fertili e fervide dei primi anni, (e ci asterremo qui dal menzionare i molti "esperimenti" di quel tempo , limitandoci a ricordare le nostre esperienze singolari e rivelatrici nelcampo dell'avviamento dei giovani al lavoro sociale volontario e nel!' attuazione - la prima del genere in Italia-di un tipo di corso residenziale, destinato ad influenzare in modo efficace e permanente le più diverse situazioni di lavoro sociale ed educativo nel nostro Paese) il Movimento, nonostante la capacità e l'ostinazione dei suoi più convinti ed assidui animatori (Ebe Flamini, Cecrope Barilli, Giuliana Benzoni, Angela Zucconi, Augusto Frassineti, ecc.) ebbe vita difficile; perché contro l' antivedere degli educatori, c'era la miopia dei detentori del potere. I quali, proprio, e con diligenza operosa, si diedero a ricostruire l'Italia cominciando dal tetto. Fuor di metafora la preoccupazione dei governi fu di restituire in gran fretta agli organi dell'Italia burocratica eprefettizialaloro prisca efficienza, di abilitarli ancora una volta a vanificare, a sterilizzare e paralizzare gli impulsi democratici nuovi, la passione civile, i nuovi contenuti, che pure la Costituzione italiana codificava e proponeva come i soli legittimi. E quanto sia stato difficile negli anni fra il 1950 e il 1960 "tirare avanti" quando tutto, in Italia e nel mondo marciava all'indietro (tutto salvo la scienza dei megatoni e dei supermercati, dello overkill e degli imballaggi di plastica), è inutile ricordare. Basta, a farsene un'idea, la considerazione dei termini in cui si svolge ancor oggi, a venti anni quasi dalla promulgazione della Carta costituzionale, la polemica sulle Regioni, il magma cioè di luoghi comuni e di selvatiche paure che ancora invisclùa il ragionare della nostra classe dirigente, non appena si configura il sospetto che "sta per accadere" qual100 cosa di decente: qualcosa per cui possa rischlare di compiersi organicamente il processo sempre avversato della identificazione fra stato italiano e popolo italiano, che è il solo senso possibile di qualsiasi opera educativa non farisaica o forcaiola. In questo quadro, in quella ostinata marcia ali 'indietro del decennio nero, associazioni come il Movimento di collaborazione civica altro non potevano che sopravvivere in un'ombra di semiclandestinità, rimanere e lasciarsi considerare una piccola faccenda stravagante, tenendo fede tuttavia, nell'angustia dei propri confini operativi, ali 'utopia delle origini. Così è stato per noi e per tutte quelle forze variamente dispersi;!o arroccate che hanno perseverato nel credere di non doversi allineare, di non doversi inserire, nel credere che il fare poco ma bene, nella giusta direzione, conti più che il fare molto e male. C'è stato dunque, per il nostro Movimento un lungo periodo di quarantena, nel quale del vecchlo albero, un solo ramo metteva ancora foglie: il Centro residenziale di Sermoneta, dove, nonostante tutto, dal 1949 ad oggi si è potuto attuare ogni anno un programma abbastanza nutrito di Corsi residenziali, sia del M.C.C. sia dei C.E.M.E.A. (organizzazione interessata ai problemi educativi dell'infanzia), offrendo così a numerosi Enti e ad alcune migliaia di persone un "servizio" non trascurabile per qualità ed efficacia rivolto alla formazione degli educatori in genere, degli educatori degli adulti in specie, e degli operatori sociali, professionisti e volontari. · Che il lavoro semiclandestino del Movimento, oltre che una giustificazione ideale (e su questo piano, si sa, le inevitabili smentite della realtà quotidiana non sono da mettere nel conto) avesse in sé i presupposti e lapotenzialità di una politica educativa suscettibile anche in Italia (regione così poco danese) di più estesa e generale applicazione, capace anzi persino di salire agli "onori" dell'ufficialità, non appena qualcosa si "muovesse"; che cioè il Movimento non fosse un piccolo club di rispettabili e patetici sognatori; più correttamente, che anche i sognatori, abbiano a questo mondo la loro funzione e un loro grado di utilità, poiché il mondo non è fatto soltanto di "governanti", di "imprenditori" e di "ragionieri", è oggi una constatazione della quale possiamo prendere atto con qualche legittima soddisfazione, non arrogandoci s'intende, in esclusiva il lavoro dei veggenti, poiché sappiamo bene di non essere stati i soli a battere certe strade, ma ci accontentiamo - e ne avanza - di esser stati e di essere di quella "compagnia" e non fra gli ultimi arrivati. Vi sono paesi dove i movimenti di scuola popolare, di servizio sociale e di educazione degli adulti formano parte integrante e cospicua del-. la storia nazionale. Ma in Italia, dopo l'invasione delle cavallette fasciste, di quel poco che prima si era pur fatto in alcune direzioni, non restava più nulla. E clù volesse fare la storia delle iniziative di servizio sociale inteso come funzione educativa, nell'Italia di questo dopoguerra, non potrebbe non dedicare un paragrafo al Centro di Educazione popolare di Donna Olimpia di Roma, aperto dal M.C.C. nel 1951 e vissuto circa due anni: primo esemplare del genere nel nostro paese, destinato però (dacché le urgenze storiche vere e profonde possono essere frustrate e disviate dai loro fini naturali, ma non ignorate) a copiosa quanto avventurosa e talora anche sciagurata proliferazione, ad opera di clù aveva i mezzi e il potere per fare, al fine precipuo di poter dire di "aver fatto". Clù non si occupa oggi di educazione degli adulti, di cultura popolare, di servizio sociale, e così via? Ma allora non era così. Che a quel tempo esperimenti del genere avessero un valore esemplare, non sembra dubbio, e come si è detto, se pure il Movimento, per voler tener fede alla sua indipendenza, dovette ben presto arroccarsi su posizioni meno ambiziose e meno esposte, pure analogo destino toccò a Enti, associazioni e movimenti di analoga ispirazione, qualcosa,_bene o male e nonostante tutto, ha continuato a muoversi verso una più aperta sensibilità rispetto a determinati strumenti tradizionali della funzione educativa, strumenti che è indispensabile valorizzare in uno Stato come

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