Linea d'ombra - anno VII - n. 42 - ottobre 1989

SAGGI/FRASSINETI Nella Resistenza e dopo, gli Italiani avevano dato prove cospicue della loro capacità di edificare una loro "Città", uno stato chef osse la casa di tutti. Era allora legittimo pensare che, "sfatta l'Italia", fosse possibile finalmente ''fare gli Italiani". e la metodologia dei Corsi Residenziali, illustrando la funzione educativa della vita di comunità come esperienza.democratica, il lavoro intellettuale organizzato, il metodo della discussione, lo spirito di ricerca, i gruppi di lavoro, la partecipazione di tutti ai servizi della comunità, e infine i temi trattati durante il Corso: la famiglia, la scuola, l'autorità, la Patria e i metodi di una inclùesta sociale, l'inchiesta stessa condotta dai giovani nell'abitato di Sermoneta, l'impiego del tempo libero, e così via. Per tenerci in clima manzoniano, il gioco delle parti era mutato, e l'Ispettore aveva l'aria di sentirsi come Lorenzo Tramaglino alle prese con il latinorum di Don Abbondio. Alla fine, il bravo Ispettore, che era anche un po' sordo, disperando di poter affidare alla propria memoria quella congerie di "spropositi", tirò fuori un quaderno, la penna stilografica, e si dispose a scrivere sotto dettatura, con il gesto ampio di assestamento del braccio e della mano dei vecclù scritturali di gogoliana memoria. "Scriviamo, scriviamo" disse, strisciando la prima sillaba con tipica pronuncia napoletana. E ci guardò al di sopra delle lenti, docile, volenteroso. Barilli cominciò a dettare, mal 'ispettore lo fermò con un gesto. Prima di tutto voleva scrivere il nome dell'organizzazione, che non ricordava più. "Movimento di Collaborazione Civica", disse Barilli. "Ah" disse l'Ispettore. Cominciò a scrivere ma subito si fermò. "Avete detto Movimento di? ... "Movimento di Collaborazione Civica" disse ancora Barilli, quasi sillabando. L'ispettore posò la penna, si tolse gli occlùali e ci guardò accorato scuotendo la testa. "Gesù, Gesù! -esclamò-se ne sentono di tutti i colori". Ho narrato questo episodio vero, perché rispecclùa abbastanza bene, sia pure in termini paradossali, una realtà che è essa stessa paradossale e che investe il problema della scuola e della funzione educativa in Italia: una realtà tanto diffusa quanto ovvia, e tuttavia sempre difficile da rappresentare a noi stessi, perché tutti ci riguarda e ci condiziona. Afferma un vecchio adagio popolare che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Mi sembra che questo potrebbe essere il motto del sistema scolastico ed educativo italiano. . A considerare i "princìpi" e i programmi, si potrebbe di massimaritenere che a scuola si insegna la libertà. Ma il metodo in genere è quello che sappiamo: autoritario e stolto, idoneo a corrompére le coscienze invece che a formare persone libere. Né si vuole, naturalmente, gettare la croce addosso a tutti coloro che operano in veste di educatori nella scuola italiana. Vi sono, per fortuna, maestri e professori che, pure in una temperie avversa, riescono a far salvo il senso della loro missione. Ma la struttura burocratica delle istituzioni scolastiche, l'impostazione accademica, formale e nozionistica del sapere, la densità della popolazione scolastica, la struttura gerarclùca dei rapporti, la configurazione fisica degli ambienti, la depressione economica degli insegnanti, il sistema·squisitamente fiscale delle prove e delle interrogazioni, l'impossibilità, insomma, di configurare dentro la scuola un tipo di società comunque democratica, anticipazione e modello della più grande società e del divenire quotidiano, sono dati obbiettivi e negativi di peso schiacciante, che il buon volere e il bene operare dei migliori non possono sostanzialmente modificare. Perciò quando si dice che vi sono due ltalie, una del Nord e una del Sud, bisogna aggiungere che, sotto il profilo delle operazioni educative nella scuola, nella famiglia, nello stato, l'Italia è una sola e (absit injuria) tutta del Sud. Questa è la nozione obbligatoria di partenza, per chiunque, nel nostro paese, voglia intraprendere opera educativa intesa a stabilire la unità e la continuità fra il dire e il fare, per chiunque creda in una possibile, educativamente parlando, Italia del Nord. Il Movimento di Collaborazione Civica nacque sul finire del 1945. Di quel tempo, gli uomini di buon volere che lo vissero, potranno dimenticare molte cose. Non dimenticheranno però la tensione morale che li indusse ai sogni più temerari, la carica utopica che li rendeva visionari convinti e che tuttavia, in una prospettiva storica non pedestre, li qualificava come i veri, gli unici realisti: quelli che sapevano in quale spirito occorreva operare per ricostruire non soltanto i ponti e le case e le strade, ma anche i viandanti e gli abitanti di quelle: non soltanto i "partiti" ma anche e prima di tutto gli uomini. Nella Resistenza e dopo, nel vuoto di potere lasciato dallo sfasciume dello stato littorio, federale e prefettizio, gli Italiani avevano dato prove cospicue della loro capacità di edificare a se stessi una loro "Città": uno stato che fosse la casa di tutti: forma concreta ed unica di vera libertà. E allora era più che legittimo pensare che "sfatta l'Italia", fosse possibile . finalmente "fare gli Italiani". A questo pensavano le persone che, nel dicembre del 1945, diedero vita al Movimento di Collaborazione Civica, sottoscrivendo la dichiarazione che segue: "Noi uomini e donne di diversa fede e di diversa opinione politica, raccolti in un momento nel quale il dolore per le sventure che si sono abbattute sull'Italia si congiunge alla soddisfazione per la recuperata libertà, riuniti nel sentimento del dovere di ogni italiano di adoperarsi perché l'Italia si sollevi dal!' attuale stato di prostrazione e perché sia garantita la conservazione delle libertà democratiche, a così duro prezzo riconquistate, concordi nel comune riconoscimento dei valori che sono presidio e fondamento di una libera democrazia quali: il rispetto della personalità umana; il principio dell'uguaglianza tra gli uomini, al di sopra di ogni diversità di razza, di religione, di nazionalità, di lingua e di cultura; il diritto dei cittadini di partecipare attivamente al governo della cosa pubblica; il superamento di ogni privilegio di nascita o di classe; l'esigenza che a ciascuno siano garantite uguali possibilità di vita e di sviluppo della propria personalità; il rispetto della verità e della libertà di informazioAugusto Frossineti. 99

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