Linea d'ombra - anno VII - n. 41 - settembre 1989

STORIE/LAURENCI Dentro, innumerevoliporte si aprivano su stanzedove la mia presenza,se nonproprio proibita,non eracerto incoraggiata.Una era la camera da letto di nonna MacLeod, con la sua aria stantia che sapevadi vecchio, il vagopuzzo di medicinee di sacchetti di lavanda. Lì stava la sua argenteria da toilette con monogramma: spazzolae specchio, lucida-unghiee allacciabottonie forbici, che per il momentononpotevoassolutamentesfiorare,pernhélei aveva intenzione di lasciarmeli in eredità e voleva passarmeli nelle stesse perfette e nuovissime condizioni in cui erano sempre stati tenuti. Incorniciate d'argento c'erano anche delle fotografie · dello zio Roderick, da bambino, da ragazzo e da uomo, nella sua uniformedell'esercito. Il massiccio letto di noce a colonnineovviamenteera stato progettato per regine o giganti, e la mia minuscolanonna,che quando aveva l'emicrania era solitapassarvi tutto il giorno,trovavanon socome il modo di sembrarelaregina dei giganti. Il soggiornoera un altro territorio alieno dove dovevo avanzareconcautela P,erviadei numerosi oggetti di valore·messiesattamente al loro posto sui tavolini e sulla mensola del camino, e perché non si doveva rintracciare sporco sul tappeto cinese blu con i suoiuccelli in eternovoloimmobilee i suoi bocciuolidi ninfea fermatiper sempre sul puntodi aprirsi. Miamadreera sempre nervosa quando ero in questa stanza. "Vanessa, tesoro," diceva sempre con un mezzo.tono·discusa, "perché non vai a giocare nello studio o di sopra?" "Perché non la lasci stare, Beth?" diceva miopadre. "Non sta facendoniente di male." "Sto solo pensando al tappeto," diceva allora miamadre, lanciandoun'occhiata a nonnaMacLeod, "e ieri per poconon ha fatto cadere la pastorella di Dresda giù dalla mensola. Voglio aire che non ci può fare nulla, deve correre qua e là." "Perdio, losoche nonci può fare nulla"brontolavamiopadre, guardando torvo la faccia ghignante della pastorella di Dresda. "Non vedo il bisogno di bestemmiare, Ewen," diceva tranquillamentenonna MacLeod, e allora mio padre chiedeva scusa ed io uscivo. IIgiornochemia madreandò inospedale, nonnaMacLeodmi chiamòa pranzo, e quando arrivai, sporca di polveredella soffitta, mi guardò con disgusto come fossi stata uno scarafaggioimpudente appena sbucato fuori dal legno. "Di grazia, Vanessa, che hai fatto? Corri immediatamentea lavarti. Di qua, non di là: usa le scale di servizio, signorina. Vai ora. Ah... tuo padre ha telefonato." Mi girai. "Che ha detto? Lei come sta? È nato il bambino?" "La curiosità uccise il gatto," disse nonna MacLeod, aggrottando le sopracciglia. "Non riescoa capire Beth e Ewen che ti dicono tutte queste cose, alla tua età. Non oso pensare che razza di personavolgarediventerai.No, non è ancora nato.Tua madre sta come prima. Nessun cambiamento." Guardaimia nonna, senza volerla supplicare, ma incapace di trattenermi. "Starà... starà bene?" NonnaMacLeod raddrizzò la sua schiena già dritta. "Se ti dicessi sicuramente sì, Vanessa, sarebbe una bugia, e i MacLeod non dicono mai bugie, come ho già cercato di farti capire. Tutto ciò che.accade.è per volere di Dio. IrSignore dà e il Signore prende." · Sgomenta,mi voltai perché nonmi vedesse la facciae gli occhi. Sentii i suoi sospiri con sorpresa, e la sua manobianca come 58 carta e perfettamente cùrata sulla spalla. "Quando tuo zio Roderick fu ucciso," disse, "pensai che sarei morta.Ma non morii, Vanessa". Apranzo chiacchieròanimatamente,e capii che stava cercando di tirarmi su nel solo modo che sapeva. "Quandosposai tuononno,"raccontò, "lui mi disse, 'Eleonor, nonpensareche siccomeandiamoa vivere nellaprateria io voglia che tu viva in modo rozzo. Tu sei abituata ad una casa decente e ne avrai una.' Ed era un uomo di parola. Prima che fossero passati tre anni aManawakaaveva fatto costruire questoposto. Guadagnò un sacco di soldi a suo tempo, tuo nonno. Ebbe presto più pazienti lui degli altri due dottori. Ordinammo il nostro servizio da tavolae tutto il nostroargentodaBirks' a Toronto.Aquel tempo naturalmente avevamo domestici in casa e non avevamo mai menodi dodici ospitiper gli inviti a pranzo..Se davoun tè, ce n'erano sempre venti o trenta. Non venivano mai serviti meno di mezzadozzina di tipi diversi di torte in questa casa. Beh, oggi ormai sembrache non si preoccupi più nessuno. Troppopigri, suppongo." "Troppo al verde," suggerii. "Dice papà." "Non sopporto il gergo," disse nonna MacLeod. "Se vuoi dire poveri,perché non lo dici?E comunque è solo un problema di amministrazione.I miei conti in banca erano semprea posto, come la mia casa. Nessuna spesa imprevista che non potesse essere affrontata, nessuna dispensa che rimanesse senza marmellata primadella fine dell'inverno. Sai cosa mi diceva sempremio padre quando ero una ragazzina?" "No," dissi. "Che cosa?" "Dio ama l'Ordine," risposecon enfasi nonnaMacLeod. "Ricordatelo, Vanessa. Dio ama l'Ordine, vuole che ognuno di noi metta in ordine la sua casa. Non ho mai dimenticato le parole di miopadre. Ero unaMaclnnes prima di sposarmi. I Maclnnes so- . no unclan antichissimo, signori di Morven e connestabilidel Castello di Kinlochaline. Hai finitd quel libro che ti ho dato?" "Si," dissi. Poi sentiichedovevo aggiungereunqualchecommento, "È un libro fantastico, nonna." Questanon era proprio la verità. Per il miodecimocompleanno avevo sperato nella sua spilla di quarzo giallo e invece avevo ricevutoun volume rilegato in tessuto scozzesee intitolato I clan e i tartandi Scozia. Pei:lo più era troppo noioso da leggere, ma avevo cercato il motto della mia famiglia e quelli delle famiglie di alcuni dei miei amici. Che tu sia unmurod'acciaio.Imparaa soffrire.Medita lafine. Avanzacon attenzione. Nessuno di questidettimiera sembratorassicurante.Questa storiadiMavisDuncan che imparava a soffrire e Laura Kennedy che meditava la fine e Patsy Drummond che avanzava con attenzione e di me che passavo il tempo ad essere un muro d'acciaio non mi sembrava che portasse nessuna di noi ad avere una vita particolarmente interessante.Non lo dissi a nonna MacLeod. "Il motto dei Maclnnes è II piacere nascedal lavoro," dissi. "Si," annuì orgogliosamente."Ed è anche un mottoeccellente. Da tenere a mente." Si alzò da tavola: risistemandosi davanti il girocollo di perle d'avorio a cui era appeso il ciondolo dove era rigidamente intagliata una rosa fiorita, sempre d'avorio. "Spero che Ewen sarà contento," disse. "Di che?" "Non te l'ho detto?" disse nonna MacLeod. "Questa mattina

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