MEffERE IN ORDINE LA CASA MargaretLaurence traduzione di Ilide Carmignani Quando il bambino stava quasi per nascere, qualcosa andò storto e mia madre dovette andare ali' ospedale due settimane prima del previsto. Una notte fui svegliata dal suo pianto e sentii i passi di mio padre che scendeva a telefonare. Rimasi in ascolto rabbrividendo sulla porta della mia camera; volevo andare dalla mamma, ma avevo troppa paura di vedere qualcosa di così terrificante da non poterlo sopportare. "Pronto, Paul?:' disse mio padre, e capii che stava parlando col dottor Cates. "E Beth. Si sono rotte le acque e la posizione del feto non sembra abbastanza ... beh, sto solo pensando a quello che è successo l'ultima volta, ed un'altra volta èome quella sarebbe ... vorrei solo che lei fosse un po' più forte, perdio, è così ... no, non ti preoccupare, sto bene. Si, penso che sarebbe la cosa migliore. Va bene, fai il più presto possibile, d'accordo?" Ritornò su passandosi le dita tra i capelli color sabbia, l'aria ossuta e scarmigliata in pigiama. In cima alle scale si trovò faccia a faccia con nonna MacLeod, che stava là nella sua vestaglia trapuntata di raso; la snella figura si teneva diritta e composta quasi non si rendesse conto di avere i capelli grottescamente legati, come due bianche ali piumate, nel laccio della brutta retina da notte. "Che succede, Ewen?" "È tutto a posto, mamma. Beth ha-qualche problema. La sto portando all'ospedale. Torna a letto." "Te l'avevo detto" disse nonna MacLeod con la sua voce chiara, mai forte, ma nitida e squillante come il toccò di un cucchiaino d'argento su una coppa di cristallo, "Te l'avevo detto, Ewen, non è vero? Avresti dovuto prendere unaragazza per aiutarla con le faccende di casa. Si sarebbe riposata di più." "Non me lo potevo permettere," disse mio padre. "Se pensavi che dovesse riposarsi di più, perché mai non-oddio, sono fuori di testa stasera - fammi solo questo favore, mamma, torna a letto. Devo ritornare da Beth." Quando mio padre andò ad aprire al dottor Cates, il bisogno fu più forte della paura e scivolai nella camera dei miei genitori. I capelli di mia madre, sempre accuratamente appuntati durante il gi0rno, stranamente erano sparsi sul cuscino bianco. La fissai senza parlare, allora lei sorrise e dalla porta corsi ad affondare il viso nel suo abbraccio. "Va tutto bene, tesoro" disse. "Ascolta, Vanessa, il bambino nascerà un po' prima, e basta. Starai bene. Nonna MacLeod rimarrà qui." · "Come farà col mangiare?" gemetti, fissandomi sulla prima cosa che mi venne in mente. "Non cucina mai. Non sa fare." "Si che sa fare," disse mia madre: "Sa cucinare come tutti quanti quando deve. È solo che non lo ha fatto spesso, nient'altro. Non ti preoccupare, terrà tutto più che in ordine." Mio padre e il dottor Cates entrarono e io dovetti andarmene senza aver detto niente di quello che volevo dire. Ritornai nella mia camera e rimasi là sdraiata circondata da tutte le ombre. Ascoltai i mormorii notturni che in quella casa non cessavano mai, suoni senza una fonte, travi e travetti che si contraevano per l'aria secca, forse, o,topi nei muri, o un passero volato in soffitta attraverso il lucernaio rotto. Dopo uri po', anche se mi sembrava del tutto impossibile, mi addormentai. Il mattino seguente interrogai mio padre. Lo consideravo non solo il miglior dottore di Manawaka, ma anche il miglior dottore di Manitoba, se non del mondo intero, e mi sembrava ci fosse , quaicosa di sinistro nel fatto che non fossè lui a prendersi cura di mia madre. "Ma si fa così, Vanessa" spiegò. "I dottori non curano mai i membri della loro famiglia perché gli vogliono così bene, capisci, che ..." "E allora?" insistetti, allarmata dal modo in cui si era interrotto. Ma mio padre non rispose. Rimase lì, e mise su quel sdrriso difficile con cui gli adulti cercano di nascondere il dolore ai bambi~ ni. Mi sentii terrorizzata, e corsi da lui, che mi abbracciò stretta. "Starà bene," disse. "Davvero, starà bene. Nessa, non piangere." Nonna MacLeod apparve accanto a noi, d'acciaio nonostante la sua apparente fragilità. Indossava un vestito di seta viola e il suo ciondolo d'avorio. Sembrava che stesse per andare ad un tè. "Ewen, stai solo incoraggiando la bambina a continuare" disse. "Vanessa, le signorine di dieci anni non fanno tutta questa confusione sulle cose. Vieni a fare colazione. Ora, Ewen, non ti devi preoccupare. Penso a tutto io." Le vacanze estive non erano ancora del tutto finite, ma non me la sentii di uscire a giocare con i ragazzi. Ero molto superstiziosa e avevo la sensazione che se avessi lasciato la casa, anche solo per poche ore, sarebbe successa:qualche disgrazia a mia madre. Naturalmente non parlai di questa sensazione a nonna MacLeod, perché lei non credeva ali' esistenza della paura, o, se ci credeva, non lo aveva mai lasciato trapelare. Passai la mattina in modo orribile, cercando gli angoli più nascosti della casa. Ce n'erano molti: cantucci dalla forma strana sotto le scale e piccole porte malamente inchiodate sul retro del guardaroba, che portavano a tunnel polverosi e a recessi dimenticati nel cuore della casa dove le sole cose in realtà che si potevano vedere erano grigiastri quadri a olio ammucchiati sui travetti, e poi bauli pieni di vestiti fuori moda e vecchi album di fotografie. Ma sapevo che in questi posti segreti aleggiavano le presenze invisibili di tutti coloro, giovani e vecchi, che erano appartenuti alla casa ed erano morti, compreso lo zio Roderick che era stato ucciso sulla Somma, e la bambina che sarebbe stata mia sorella se solo fosse riuscita a nascere. Nonno MacLeod, che era morto l'anno dopo che io nascessi, era presente in casa in forma più tangibile. In cima alle scale principali era appeso il gigantesco ritratto di un uomo in uniforme scura in sella a un cavallo che caracollando con le narici dilatate suggeriva che la battaglia non era ancora finita, che anzi poteva continuare fino al Giorno del Giudizio. Quell'uomo severo era in realtà il Duca di Wellington, ma allora credevo che fosse mio nonno che continuava a tenere d'occhio le cose. Eravamo andati a vivere con nonna MacLeod quando la Depressione era peggiorata e lei non potè più permettersi una governante, ma casa MacLeod non mi sembrò mai casa mia. La sua facciata di mattoni rosso scuri era coperta di vite vergine che d'autunno diventava color porpora, finché non era più possibile distinguere i mattoni dalle foglie. Aveva una piccola torre, dove nonna MacLeod teneva una collezione di felci anemiche piene di erbacce. La veranda era ornata da una profusione di volute di ferro battuto, e il rosone circolare al piano di sopra avevà vetri di tutti i colori che permettevano di vedere il mondo, fuori, come un posto tutto zaffiro o smeraldo, o, se uno voleva guardarlo con uno sguardo d'invidia, di un giallo odioso. Secondo nonna MacLeod la loro forma dava stile alla casa. 57
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