Linea d'ombra - anno VII - n. 41 - settembre 1989

Novità·Marsilio LJ e ~ Barbara Alberti DISPEUI DIVINI Germania'43. Una bambinàebrea condannataa salvarsi pp. 160, L. 18.000 Oreste Del Buono LA VITA SOLA Le gioiesegretee sublimi di un "single"metropolitano pp. 14.4, L. 18.000 ~ Heinrich von .Kleist LA MARCHESA DI O... a cura di Rossana Rossanda note di Maria Fancelli Il più noto e celebratoraccontodi Kleist: un'esplorazionestraordinariadelfemminile .edell'eros pp. 168, L. 14.000 Ueda Akinari · RACCONTI DI PIOGGIA E DI LUNA a cura di Maria Teresa Orsi Il capolavorodella narrativagiapponese fantasticadel XVIII secolo pp. 216, L. 16.000 ~ Kato Shuichi STORIA DELLA LETIERATURA GIAPPONESE Dal XVI al XVIII secolo a cura di Adriana Boscaro La narrativae il teatro, l'artegraficae lapoesiadellasocietàdei sdmurai pp. 344, L. 38.000 Benjamin Gcildberg LO SPECCHIO E L'UOMO La storiadi un oggetto,delle suefunzioni, dei suoi significatisimbolici pp. 272, L. 32.000 Giacomo Debenedetti SAGGI CRITICI PRIMA SERIE introduzione di Geno Pampaloni L'affermarsidi una criticanuova:una svolta storicanell'etàdell'egemoniacrociana pp. 240, L. 28.000 Luciano Cafagna DUALISMO E SVILUPPO NELLA STORIA D'ITALIA I caratteridell'industrializ.zazionietaliana. Unagrandelezionedi storia pp. 464, L. 48.000 Giulio Sapelli L'ITALIA INAFFERRABILE Conflitti, sviluppo, dissociazipne dagli anni cinquanta a oggi Esistonoancora,e qualepeso hanno, le classisocialinell1taliadi oggi? pp. 136, L. 18.000 ILCONTESTO connotati ctonii, votate, in virtù di anomalie nel portamento (endogene o esogene) a comunicare con l'oltretomba, mediante un contatto più immedi~to col suolo, si rivelano così Edipo, Filottete; Giasone; Perseo, Efesto e Teti fino al personaggio con un'unica gamba tutta d'argento in cui si imbatte Gauvain, uno dei protagonisti del Perceval di Chrétien de Troyes. Dall'Africa alla Siberia, passando per l 'Ile de France medievale - conclude Ginzburg - l'uomo dimezzato appare, come gli zoppi e i monosandali, "una figura intermedia tra il mondo dei vivi e quello dei morti o degli spiriti". La diffusione su larga scala, temporale e spaziale, dei miti incentrati sull'asimmetria deambulatoria (cui si aggiungono anche figure agli estremi quali il dio Dioniso o Cenerentola) affonda dunque le radici nella percezione di una esperienza "extraumana" connessa all'alterazione dell'equilibrio, evocando il viaggio estatico nell'aldilà, nel territorio della morte. "La capacità di oltrepassare l'ambito del1' esperienza sensibile è del resto - afferma Ginzburg - il tratto che contraddistingue il linguaggio e, più 'in generale la cultura umana'. Essa nasce dall'elaborazione dell'assenza". La morte dunque si profila anzitutto come alterità, altrove, forma peculiare di "assenza". E i riti connessi a questo mitico transito nell'aldilà si esprimono attraverso il linguaggio simbolico .di una figura retorica universale: la.metafora. Di tipo metaforico sono, infatti, sostiene ancora Ginzburg, i rapporti tra asimmetria deambulatoria e viaggio nell'aldilà, tra morire e essere avvolti, "nonché tra le singole varianti delle ·due serie: zoppi-monosandali-saltellatori/amnio-pelle-mantello-maschera" (quest'ultima riferita in particolare ai protagonisti delle battaglie notturne per la fertilità dei campi che asserivano di essere "nati con la camicia"). Al di sotto delle molteplici varianti del mito, ciò che permane sempre e comunque è un'univoca struttura narrativa, una sorta di récit primordiale qualificabile in una formula essenziale: andare nell'aldilà, tornare dall'aldilà. Raccontare significa allora - conclude Ginzburg attinge do al nucleo più profondo dell'espe- . rienza umarìa - "parlare qui e ora con un' au0 torità che deriva dall'essere stati (letteralmente o metaforicamente) làe allora". Attraverso le dinamiche dell'estasi si compone dunque l' ordito del racconto primigenio, non un racconto qualunque ma la matrice di tutti i racconti possibili. Parafrasando Ginzburg si potrebbe mettere tra questi racconti, al primo posto, proprio il racconto storico. Che cos'è, infatti, quest'ultimo se non l'elaborazione per eccellenza di una"assenza", il tentativo di collegate vicende lontane nel tempo e nello spazio, il contatto "estatico" con ciò che non è più: il passato. Nel lavoro storico si sperimenta infatti l'alterità assoluta, I"'altrove", mediante unraddoppiamento temporale e semanticò in cui gli oggetti preposti all'attenzione qello storico rimandano ad altri più lontani ancora nel tempo, e a universi di significati remoti da cui dipende la possibilità stessa di "pensare" la materia storica (è il caso, per rimanere al libro di Ginzburg, della catena congiura degli ebrei e dei lebbrosi/ eresie/ influenze celtiche/ nuclei di ascendenza sciamanica). Il racconto dell'aldilà, del mondo· delle cose morte della storia, può avvenire solo a patto che lo storico non trapassi, demarti- . nianamente, "con" l'oggetto, ormai muto, dei suoi studi ma riconoscendone l'alterità integrale possa narrarla. Se il passato si -rivela a noi (per riprendere una felice intuizione di Ariés) tramite una brusca collisione, "nell'urto che si produce al contatto con qualcosa d'insolito", l'intima essenza della coscienza storica consiste proprio nel senso di "disorientamento" che esso; in quanto "differenza", "altro", induce. ·Gli storici si configurano così, al pari degli "stregoni" in preda alle "illusioni" e alle "estasi" notturne, come intermediari tra i territori irriconoscibili del tempo trascorso e le regioni dei vivi; dotati, dall'autorità che è loro conferita dall'essere stati "là e allora", della facoltà di misurare le distanze lunari che separano il passato inerte dal tempo yivo del presente. Dalla narrazione di questa alterità violenta che separa il mondo delle ombre, su cui l'indagine si appunta, da quello dei vivi, a cui essa pur si rivolge, ha origine il racconto storico. O per meglio dire la rappresentazione metaforica di framm!!ntati paesaggi storici entro un'intricata rete di significati cui si può accedere solo in forma ambigua: nella figurazione di una somiglianza fra oggetti a partire tuttavia dalla evidenza delle loro differenze. 1 Narrare segmenti di storia significa però per lo più narrare racconti di altri (è il caso delle fonti giudiziarie cui Ginzburg attinge) o talvolta racconti ritenuti falsi (le "visioni" degli imputati, di Pierina o Sibillia, del lupo mannaro in Livonia). Anche all'interno della narrazione si produce così un raddoppiamento del "fuoco" (racconto di un racconto) e spesso addirittura un rovesciamento dei poli di partenza: '.'vere" (impossibile addentrarsi qui nelle distinzioni tra "vero" e "falso", "autentico" e "inautentico" che tanto peso hanno avuto nel dibattito storico) finiscono per essere considerate le testimonianze degli imputati: in quanto il loro immaginario non risulta confinato all' esperienza di un singolo (in tal caso sarebbe falso) ma si ricollega ad antichissime tradizioni folcloriche; mentre "falsa" si rivela invece la "verità" dei verbali tribunalizi in cui alle testimonianze dei singoli imputati si sovrappongono imputazioni preconfezionate, imposte dagli inquisitori (dunque "false", estranee al quadro di riferimento mentale degli accusati) in un tortuoso gioco, tuttavia, di complicità ideologica tra persecutore e perseguitato: il presupposto comune è l'esistenza di poteri. "extraumani", malefici o benefici, da combattere o da assecondare, secondp le diverse prospettive, sempre però al di fuori di Dio. L'estasi dello storico si suddivide così entro infinite morti. simulate ad evocare ambiti mentali necessariamente divaricati e incongruenti schiudendo, infine, lungo "deambulazioni asimmetriche" e monche, isolati scorci del passato.

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