ne di Pianissimo, altro non era che il doppio, "un bis increscioso" del padre ucciso su carta. Strana e veramente inquietante metamorfosi di un poeta che certi automatismi critici vedono troppo spesso come un piatto divulgatore di tematiche sentimentali (fate una prova, e guardate come molte antologie scolastiche lo presentano: ne viene fuori un edifican- . te cantore dei puri affetti famigliari!). Ora, il dato istruttivo è che Sbarbaro deciderà, a quarant'anni dalla pubblicazione di Pianissimo, di ritornare sulla raccolta, modificandola profondamente e smorzando proprio i toni sotterraneamente corrosivi del suo itinerario conoscitivo. E, addirittura, il cosiddetto Pianissimo 1914 che leggiamo nell'edizione ne varietur Lagorio-Scheiwiller contiene lievi varianti, nsalenti all'autore ma giustamente definite "illegittime", rispetto al 'vero' Pianissimo pubblicato nel 1914. Si è parlato di autocensura, quasi di un pentimento letterario. E il procedimento risulta persino più smaccato se prendiamo in esame le prose di Trucioli (la cui prima edizione è del 1920), sottoposte dal loro autore a una continua opera di revisione: anzi, nel caso di questo libro tormentatissimo, le punte più aspre dell'espressionismo sbarbariano si attenuano a tal punto da annullare quasi del tutto i toni deformanti e maledetti che l'autore vi aveva inizialmente profuso (ma su Trucioli, con ogni probabilità, restano ancora molte cose da dire: e solo un'edizione critica ci permetterà di disegnare un quadro più preciso). Tuttavia, si potrebbe anche rovesciare il ragionaILCONTESTO mento (come del restò è già stato fatto dalla critica), e affermare che l 'incontentabilità di Sbarbaro, la quale comporta in qualche caso la totale revisione d'un testo a breve distanza dalla sua uscita, dipende dalla riaffermazione ostinata d'un atteggiamento sperimentale, inprogress, che non si appaga mai dei risultati via via raggiunti. Lo stesso era del resto ac~aduto a Jahier, che negli anni Sessanta aveva li:tteralmente deformato la propria opera poetica, ormai vecchia di dieci lustri, e ne aveva fornito un'edizione quasi irriconoscibile rispetto alle lezioni originali. Ma tant'è: anche se non sempre le scelte effettuate soddisfano i critici, e il pubblico fitUsceper essere inevitabilmente disorientato, per questi poeti dolorosamente sopravvissuti a se stessi l'importante è non fermarsi mai di fronte alla propria opera, che sin dalla sua pubblicazione si voleva contestatrice dell'orizzonte d'attesa, e che in polemica con i galatei lçtterari, nonché filologici, deve sempre restare. Un bel modo, verrebbe da dire, per gestire oculatamente un eterno insuccesso letterario, e per rimanere scrittori non letti, se non dagli addetti ai lavori. Certo che - anche a costo di apparire grezzamente moralisti-non si può ·rare a meno di provare una notevole simpatia per un autore come Sbarbaro che, oltre a produrre una notevole poesia, ha saputo anche verificarne, nei fatti e sulla propria pelle, il messaggio di autenticità etica e di progressivo inaridimento. Nuove conoscenze biolo1iche e problemi della bioetica Giorgio Forti Sembra che siano imminenti anche in Italia proposte di provvedimenti legislativi sui problemi di "bioetica" posti dalle nuove possibilità di intervento nel campo biologico e medico derivanti dalle recenti scoperte e nuove conoscenze. Purtroppo è sinora mancata una adeguata discussione, e informazione, anche sulle questioni più importanti e di più immediato interesse applicativo sia tra i cosiddetti esperti sia tra tutti gli interessati, cioè tutti. Esistono bensì circoli in cui vengono discussi i problemi etici relativi alle nuove tecniche di procreazione, ai casi di "uteri in affitto", conservazione di embrioni etc., ma si tratta di ambienti ristretti , ideologicament'e e per opzioni filosofico-religiose. Ben diversa la situazione nella vicina Francia, dove il Presidente Mitterand ha istituito, il 23 febbraio 1983, un Comitato Consultivo Nazionale di Etica (CCNE), di cui fanno parte 35 "saggi", appartenenti a diverse "famiglie" culturali e/o religiose. Vi si trovano tra altri la protestante France Quéré, il musulmano Faket Ben Ahmida, il cattolico Jean Gélamur, lo studioso marxista Lucien Sève e Henry Atlan, scienziato ebreo. Il comitato è presieduto dal prof. Jean Bernard. Il CCNE ha espresso pareri su numerosi casi presentatisi in questi anni, ed ha discusso delle basi teoriche della bioetica. Un collettivo nato dal CCNE ha pubblicato nel dicembre 1987, redatto da Sève, un lungo rapporto intitolato Recherchebio-médica/eet respectde lapersonnehumainè. Le discussioni hanno visto tutta una gamma di pareri e idee, ed hanno rivelato che le differenze erano più spesso dovute alla diversa qualificazione culturale-professionale che alla "famiglia spirituale" di appartenenza. È risultato dal lavoro del comitato che "non si metterà più etica nella scienz.lsenza mettere più scienza nell'etica". Tale opinione è certamente condivisibile, e un suo corollario sembra ovvio: la necessità di non delegare a "esperti" né scientifici né moralisti le decisioni legislative su questi temi, bensì di chieder loro di informare, e insegnare ciò che sanno o credono di sapere. Un più razionale approccio a questi problemi richiede infatti o alcuni chiarimenti riguardo alla natura biologica della "persona ' umana", anche in relazione a ciò che trascende la struttura biologica per esser proprio dell'Uomo storico e spirituale. Tutte le strutture, funzioni e prestazioni degli esseri viventi sono rappresentate nel patrimonio genetico ereditato dai genitori (e attraverso esse dagli antenati più lontani) sotto forma della struttura, chimica-fisica, del DNA: tutte, compresa la capacità di riprodursi, e compresa la struttura e funzionalità del cervello che nell'Uomo ha capacità così singolari: la capacità di apprendere e comunicare mediante il lingùaggio sintetièo-simbolico, memorizzare e farsi una rappresentazione del mondo esterno e di se stesso in relazione all'universo. Con l'emergenza di queste prestazioni, legate alla struttura del cervello, nell'Hom9 sapiens (unico tra i viventi a esserne capace) emerge anche la nuova capacità: il Giudizio e il correlato concetto di Coscienza; in base a questo l'individuo biologicamente definito diventa "persona umana", moralmente e storicamente definita. Di particolare interesse sono le rappresentazioni dei rapporti del "sé" con gli altri esseri simili, ma non uguali, a sé. La struttura di questi ~apporti è infatti la struttura della società umana, e la storia dei cambiamenti in essa avvenuti è la storia.dell'umanità. Se le strutture tutte del vivente sono rappresentate nel DNA, nella forma del linguaggio genetico, questo "progetto" viene espresso e realizzato attraverso un processo di sviluppo (i cui tempi e modi sono anch'essi rappresentati nel DNA) che va d.!tlla fecondazione allo sviluppo embrionale, durante il quale avviene il differenziamento di cellule, tessuti e organi. Negli animali superiori, tra cui l'Uomo, lo sviluppo epigenetico pur essendo condizionato dal "potere dei geni" ha tuttavia una notevole autonomia e capacità di risposta a stimoli ambientali, anch'essa programmata nei geni proprio come capacità di risposta differenziata a diversi tipi di stimoli. Questa autonomia dello sviluppo epigenetico è particolarmente ricca e varia per quanto riguarda la formazione di sinapsi (cioè collegamenti) tra neuroni del cervello: in risposta a stimoli ambientali si stabiliscono certi collegamenti piuttosto che 31
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