Linea d'ombra - anno VII - n. 41 - settembre 1989

IL CONTESTO scontato che la poesia popolare orale, spesso di plurisecolare o anche plurimillenaria tradizione, è un legittimo e importante oggetto d'interesse, anche lo studio della forma, del sistema, della costruzione formale, non solo è "anch' esso nei suoi modi affascinante", ma è anche "meno opinabile" di altri (di quello contenutistico per esempio); e comunque, in questo come in altri casi di testi orali o scritti, "nella ovvia molteplicità dei possibili piani di lettura ha cittadinanza anche il piano del 'discorso metrico"'. Lametrica infatti non ha solo sue ragioni irripetibili e contingenti, ma anche ragioni più generalmente socio-culturali, che rimandano a e testimoniano ·diuria tradizione culturale di cui sono elemento e che solo lo sguardo distratto può considerare di poca importanza. Più in generale ancora Cirese non esita a dichiarare subito che "anche la teoria e la pratica della versificazione sono lineamenti della fisionomia culturale di un tempo o di un gruppo", e non sono opzioni individuali che hanno a che vedere solo col gusto e con le scelte individuali dei poeti, colti e raffinati o incolti e popolari. Tanto più si tratta di lineamenti tipici di epoche e di gruppi quando è il caso di costruzioni verbali, di testi, che sono tipici di gruppi umani come quelli che di solito studia l'antropologo e il demologo, "selvaggi" o "primitivi" e "volghi dei popoli civili", per i quali la messa informa metrica è uno dei modi più importanti di formulare testi che si vogli1mo sottrarre alla precarietà 28 Sicilia 1953 (fotodi Enzo Sellerio, da InventarioSiciliano, Sellerie• l 977). ANTOLOGIA della comunicazione e della memoria orale, e che anche con espedienti come quelli metrici ottengono maggiore efficacia e maggiore memorabilità, non solo, ma possono determinare anche il relativo contenuto, come è il caso notevole del mutos e dei mutettus sardi, che soprattutto (e forse solo) per lametrica hanno senso e acquistano valore estetico. Nel lavorare su materiali di questo genere, Cirese non è solo filologo rigoroso, in cerca della verità storica precisa, non solo logico puntiglioso che si serve di formule e di schemi, ma, se ciò più contasse, è anche filosofo attento apiù-ampie e riconoscibili architetture del fare, del dire e del pensare; architetture che, al di là o al di sotto delle particolarità storico-culturali di un gruppo o di un'epoca (come i mezzadri toscani e i pastori e i contadini sardi tra Otto e Novecento), testimoniano di possibilità e attitudini più ampiamente transculturali e più generalmente ed elementarmente umani, di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Sebbene alieno dalle vecchie e nuove ideologie strutturalistiche e semiologiche, Cirese è insomma attento alla possibilità di individuare costanti o meccanismi'strutturali e strutturanti, rinvenibili oltre la variabilità spaziale, temporale e sociale dei modi di vivere e al di qua della varietà delle materie a cui si dedicano il fare, il dire e il pensare umano. Per Cirese la posta di simili analisi è nientemeno che la possibilità che l'individuazione di ciò che egli chiama struttura e origine morfologica sia il punto di _parten:?aper la più vasta e profonda individuazione di meccanismi generativi di operazioni di tutt'altro genere (tecnico-produttive, politico-giuridiche, religiose, ideologiche), non solo dentro la cultura popolare tradizionale, ma ben oltre nel tempo e nello spazio, dal sistema di parentela degli Aranda australiani al numerus clausus dei beati danteschi. Vitanel tempo. Dall'epistolariodi Comisso È plausibile chefinora né la critica né i lettori abbiano reso piena giustizia a Giovanni Comisso, una delle più singolari ed estrose figure della letteratura italiana del nostro secolo. A danno dello scrittore trevigiano, di cui ricorre quest'anno il secondo decennale della morte (era nato nel 1895) ha giocato senza dubbio il carattere frammentario e dispersivo della sua vasta opera, che si affida molto più al • nitore espressivo della pagina che alle capacità costruttive. Di fatto in Comisso il prosatore prevale sempre sul narrator,e, anche nei libri che aspirano a più distese cadenze romanesche: sì che personaggi e storie rimangono decisamente in secondo piano rispetto alle qualità più tipiche dei suoi scritti brevi- lafreschezza dei brani descrittivi, l'acume delle osservazioni, la spontanea eleganza del/' eloquio. · None' èdubbiocheilComissomigliorevada cercato negli elzeviri, nei reportages di viaggio e nelle corrispondenze, neifogli di diario, nei ricordi. Occorrerà ricordare almeno II porto dell'amore, Gente di mare, Capricci italiani, oltre al più noto Giorni di guerra, dove il dramma del primo conflitto mondiale è raffigurato con giovanile baldanza come un' entusiasta scoperta del mondo. Ciò che ancor oggi (e forse oggi più che mai) può insegnare Comisso è il senso di un' adesione piena efelice alla realtà vitale, che non pretende di diventare ideologia: e che a dispetto delle scarse preoccupazioni morali e politiche riesce non di rado a cogliere con esattezza la cifra di un'epoca e di un ambiente. Dall'epistolario di Comisso, Vita nel tempo, a cura diNicoNaldini, di prossima uscita presso Longanesi, pubblichiamo alcune lettere, in attesa di ritornare su questo scrittore con altri testi. Ringraziamo il curatore e l'editore per la loro collaborazione. Mario Barenghi

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