Linea d'ombra - anno VII - n. 41 - settembre 1989

IL CONTESTO CONFRONTI Epifaniematerne di ClaraSereni Paola Splendore Una breve sequenza di racconti dalla scrittura tersa e ruvida: vite di donna racchluse in tre pagine o frammenti di quotidiano, gesti insignificanti a lungo indugiati e descritti. Il filo sottile che li lega è lo sguardo acuto e dolente di chl registra il senso della vita (quello segreto, che si nasconde nel resoconto dei fatti) nei piccoli spostamenti di una mano, nel volo enigmatico di un gabbiano, nel fracasso di calc;iai cassonetti delle immondizie. Di chi ne coglie il senso proprio dove all'apparenza è-assente, dove molti non saprebbero riconoscerlo, dove sono necessari occhl aperti, capaci di vedere nel buio e nel vuoto. · Quasi un romanzo di epifanie si costruisce così in Manicomio Primavera di Clara Sereni (Giunti-Astrea, 1989, L. 20.000), fatto di rile-,, vazioni improvvise, intraviste in gesti impercettibili o insignificanti, come appaiono .nei racconti di James Joyce o di Katherine Mansfield. Nel titolo, da un verso di Sylvia Plath, si condensa l'immagine polimorfa del reale: il ·chluso, la disperazione, il dolore di un mondo di esclusione accanto all'aria aperta, la fioritura, la promessa di vita della primavera; un'immagine che introduce a una realtà che non ènelle situazioni chlare, dai contorni netti e decifrabili ma che si manifesta invece nella contraddizione delle cose e dei sentimenti, che è ambigua o insensata come la vita stessa. Centro unificante, punto di osservazione, soggetto-oggetto dei racconti, come nell 'o·pera preceden}e di Sereni, la donna. Lì un io narrante autobiografico che sceglieva di definirsi attraverso una particolare esperienza, quella domestica e familiare, e nel rapporto con il cibo e la sua preparazione -nella Casalinghitudine, la metafora avviluppante di una condizione che è anche "abitudine, solitudine, negritudine" (Einaudi, 1987, p. 164). lnManicomio Primavera, una donna raccontata in terza persona, ma on pei questo guardata da lontano, in situazioni cruciali della sua vita, il rapporto con un uomo, lamalattia e soprattutto la maternità, a volte immaginata, altre volte reale, ma sempre 'difficile': "Fu leg~endo di Sara; e di quel frutto tardivo e ridente perciò chiamato Isacco, che s'immaginò un figlio, una creatura uscita.da lei che avrebbe continuato la sua vita, ..una lama di luce nella sua memoria confusa" (p. 20); "Cominciando a svegliarsi si toccò il ventre e lo trovò vuoto, perso: come se nove mesi si fossero sgonfiati di niente" (p. 26).Nel primo caso, la protagonista di Cristallo vede nel ragazzo del droghlere il figlio possibile ma larisposta è un'oscenità e lo scherno dei ragazzini della litrada.Negli altri racconti, la maternità è reale ed è di quelle mortificate dal proprio prodotto, cui si sottrae l'identificazione narcisista e gratificante con un bambino sano e bello; una 26 Disegno di Nicola Manzoni. maternità tuttavia che risulta come potenziata nelle sue funzioni. La dipendenza del figlio dalla madre è infatti, in questi racconti, amplificata al di là di una soglia d'età e di esperienza, fino a includerle tutte, dai piccoli riti. del quotidiano - il cibo, l'andare a scuola, il bacio della buonanotte-a un gesto estremo, l 'offerta del proprio corpo per soddisfare la sessualità, il desiderio di "toccare l'armonia" (p. 84) del figlio disturbato. Per questo effetto di realtà che emana dalla scrittura di Sereni, il personaggio-figlio di Manicomio Primavera è molto diverso dal Quintofiglio di Doris Lessing, l'entità aliena e maligna che non solo distrugge la famiglia in cui appare, ma che ha un senso soprattutto nel-· la sua funzione simbolica, nel suo alludere alladiversitàmostruosa che ci portiamo tutti dentro o a quella che si annida dietro l'apparenza della normalità. Il figlio, nei racconti di Clara Sereni, non rimanda ad altro se non a se stesso: Filò,lingua di natura Maria Vittoria Vittori Venezia, di notte. Una grande testa di donna emerge dal Canal Grande: l'alma mater, la proiezione archetipica di desideri e paure, l' insondabile madre-terra. Il rito è di quelli che si stampano indelebilmente nella, sensibilità di ognuno, l'atmosfera è quella, indefinibile, di Fellini, sospesa tra oscurissimi timori e scintillanti esorcismi. Qualcosa di sonoro deve accompagnare il rito, anzi più che accompagnarlo, "avvolgerlo in una specie di ragnatela sacra e popolare"; scartati il piattissimo linguaggio comune e il dialetto bamboleggiante e finto-rustico, Fellini pensa a un linguaggio non addomesticato, a un dialetto veneto restituito alla sua freschezza, alla·sua capacità di penetrazio-. ne: il petèl di Andrea Zanzotto. (Come non ricordare il folgorante inizio de L'elegia in petèl i suoi movimenti sgraziati, il sorriso bavoso e incomprensibile, lo sguardo ottuso, i calci e i morsi disperati sono i segni della sua esistenza contorta e della sua paura; le sue domande pressanti "Chl sei? mi dai da mangiare? lui è cattivo?" mirano areintegrare l'angoscia dell' identità e dell'abbandono senza le maschere e-le rimozioni dei comportamenti 'normali'. Non è facile togliersi dalla mente i figli e le madri di questo libro, figure di dolore, reali e poetiche insieme. Tutto è raccontato con una estrema economia di parole e di emozioni (non c'è pietismo, non c'è sentimentalismo, non c'è distacco) è con una acutezza percettiva che quasi ferisce, perché Clara Sereni estrae parole dal silenzio, comunica il dialogo dove il dialogo è impossibile; non si ferma sulla soglia dell'indicibile, ma dice le cose penetrando a fondo nella realtà che descrive, nell'intimità dei corpi che si toccano, facendo della scrittura un'esperienza limite. L'intensità del linguaggio, oltre all' analogia di certe situazioni, ricorda la "tastiera di · corrispondenze" di cui parla l'io narrante in Fratelli di Carmelo Samonà (Einaudi, 1978) di fronte al tentativo di decifrazione del linguaggio inarticoiato del fratello, linguaggio che ce- . la forse una ricchezza di significati cui 110nsi può arrivare per i percorsi consueti, e che rischia di impoverirsi a volerlo tradurre in parole: è necessario così inventarsi un sistema di approssimazioni in cui sia possibile convertire i balbettamenti tortuosi, le negazioni, i controsensi. Questa stessa esperienza attraversa e segna la scrittura di Clara Sereni, che così risolve la difficoltà di descrivere l'empatia e le dissonanze tra madre e figlio, tra la testa e il corpo, attraverso ùn sistema di corrispondenze per cui tutto diventa all'improvviso carico di significato, e lo scarabocchlo sul muro è una conquista, il bacio bavoso un momento cruciale, il breve percorso verso un banchett~di verdure una marcia trionfale. compresa nella raccolta La beltà? E difatti Fellini se ne ricorda, e non sa resistere al gusto della citazione, anzi di una vera e propria elibazione fonetica: dolce andare elegiando come va in elegia l'autunno I raccogliersi per bene accogliere in orto radure.) Nacque dall'incontro di queste sollecitazioni~ scritte e visive _:_ con lamai sopita ansia esploratri~ di Zanzotto, il viaggio del poeta, "discesa per scorciatoie assai precipiti", in zone scarsamente illuminate, territori in cui regnano divinità femminili e, sopra tutte, la Madre-Terra, mite e feroce al tempo stesso, dispensatrice di latte e di sciagure; itinerario poetico ora ristampato - la prima edizione risaliva al 1976 - nella collezione mondadoriana dello Specchio, con la bella lettera di Fellini e

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