Un altro motivo, ricorrente invece nei primi anni Ottanta, quello del cambiamento di · sesso, indicava la ricerca di identità; se ne era servita soprattutto la Wolfper contestare le categorie scientifiche riferendo di un "autoesperimento", della trasformazione di una donna in uomo, collegato a un'altra mutazione che pure si voleva tentare: "l'esperimento di amare. Che del resto può condurre anche a invenzioni fantastiche. All'invenzione di colui che si può amare". Così è anche per la Konigsdorf, che dedica i suoi "sogni sconvenienti" (da cui sono tratte molte delle novelle pubblicate in Bolero) "al mio amore, che muore ogni giorno e che sempre ricreo", usando l'invenzione di un personaggio utopico come metafora per un uomo "tabula rasa", per qualcuno che si possa trasformare in una persona perfetta, nel Mister R ighl dei propri' sogni. In diversi racconti l'autrice assume sessi, personalità e sembianre le più disparate. Non solo riferisce di una Trasformazione informica, ma riscrive anche le fiabe: si innamora di Biancaneve trasformando in nano l'amante insoddisfatto (in un racconto pure compreso ne I miei sogni sconvenienti, ma non tradotto), oppure ambienta Il piccolo principe fn un'epoca daBladeRunner, con un occhio al984 e un altro al sistema socialista (si parla infatti di Collettivi interplanetari e di Unità centrali di smistamento interstellare). Ci sorprendiamo anche a seguire, in raffinati giochi di incastro, gli itinerari dei protagonisti, uomini e donne, tra situazioni e tempi diversi, in reticoli di vicende che si e~tendono su diversi piani temporali. L'autrice scioglie la continuità dello sviluppo drammatico con continue contrapposizioni situazionali, tali da rendere la tecnica stessa, invece della trama, la forza motrice della vicenda. Anche se non mancano espedienti un po' vieti (come in Una visita insperata in cuijgiochidispecchiediconfronti rendono difficile l'identificazione del narratore - un procedimento già usato anche da altre scrittrici, come Christine Walter e Angela Stachowa), la Konigsdorf scrive con mano sicura, rivela una capacità di ricerca di nuovi linguaggi, una volontà di sperimentazione. In questo rispecchia l'evidenza di una letteratura femminile che ha assunto toni altamente sofisticati nella "messa in scena", la consapevolezza e il linguaggio costituisce la memoria persistente di sé, "il filo di Arianna attraverso il quale la donna ritrova se stessa", come afferma Anna Chiarloni, autrice di un articolato saggio su Christa Woif(Stampatori). Son0passati più di venticinque anni dal Cielo diviso, dalla storia di un amore e di un muro che calamitarono l'attenzione sull'autrice ora sessantenne, nella cui opera si possono seguire le fasi della crescita di consapevolezza nei confronti del problema dell'uso della scrittura. La Wolf ha dimostrato come le tradizionali delimitazioni di campo (tra fiction e biografia, per esempio) siano entrate in crisi facendo rispecchiare, nella propria opera, la coesistenza dei modelli di scrittura formalmente diversi che ritroviamo, in più larga scala, nel panorama della scrittura femminile dell'Est; che comprende sia l'adesione a un genere che la rottuMarlen Haushafer (arch. e/o). radi un modello codificato, sia l'accettazione della regola che l'esibizione della differenza, della trasgressione. Un'opera come In nessun luogo. Da nessuna parte mescolava storia e fiction (mentre L'ombra di un sogno intersecava il piano della storia a una dimensione che si potrebbe defmire saggistica): la Wolf rendeva vero l'ipotetico incontro tra due tedeschi disperati come Heinrich von Kleist e Karoline von Gtinderrode, destinati al suicidio. Il dialogo immaginario si trasforma poi in incontro, per l'appunto in L'ombra di un sogno, tra la scrittrice di ieri e l'autrice di oggi, un incontro che è diventato proposta di riflessione e itinerario critico. E anche lezione di metodo se un'altra tedesca, questa volta dell'Ovest, pure si è servita di un personaggio-maschera per far rivivere una figura lacerata e lacerante dell'età romantica: la compagna di morte di Kleist (Karin Reschke:L' inventario diH enrietie Vogel, 1982, -appena tradotto nella collana Astrea della Giunti). La Konigsdorf invece parla prevalentemente, anche se come abbiamÒvisto con le debite eccezioni, di "vita vissuta" (come recita il titolo di un volume di un'altra ottima scrittrice dell'Est, Helga Schubert), parla di persone qualunque, di gente che - direbbe Anna Seghers - "fa in assoluto silenzio cose molto importanti". Tutti però accomunati dalla volontà di dare e darsi lezioni di principio, a quanto pare contro la propria stessa volontà! D'altronde è proprio il protagonista di un racconto ad ammettere che i fanatici della sincerità (praticamente tutti i personaggi del libro) "non sono altro che tipi duri privi di fantasia che mascherano così la propria mancanza di cuore" (p. 35). E tutto è calato all'interno del quotidiano che però diventa un metodo d'indagine per guardare alle "grandi cose". Il metodo scelto, invece, dall'austriaca Marlen Haushofer, morta nel '70, in La parete (trad. Ingrid Harbeck, pure edito da e/o) è quello della parabola fantascientifica. Si tratta di un day after che ha anticipato i messaggi pacifisti IL CONTESTO e antiatomici delle Cassandre (della Wolf) e delle Amande (della Morgner ). Il romanzo della Haushofer, scritto negli stessi mesi dell 'erezione del muro di Berlino (qui però la parete che divide il cielo, e la terra, è invisibile) è il diario di un esilio, in cui la protagonista riesce tuttavia a vivere in equilibrio con la natura; un "mondo a parte" che l'uomo (nel senso di maschio) non mancherà di minacciare. Ma invano: la Haushofer, come la Wolf, non ne vuole sapere del "virile epos eroico" che da sempre "esalta il maschio d'azione come unico protagonista" (Chiarloni): e così anche l'ultimo uomo verrà liquidato. Possiamo riconoscerci in questi universi "diversi", misteriosi, che l'Est e l'Ovest ci offrono, due mondi arricchiti dalla mostruosa "normalità" dei suoi abitanti. E l'abilità delle autrici- della Konigsdorf soprattutto - si riconosce nella dilatazione dei terni, che perdono progressivamente contatto con la realtà, pur riferendosi sempre a situazioni concrete, ben identificabili, nel moltiplicarsi di metafore, illusorietà, problemi che sembrano sempre, però, esistere e non esistere, come è inafferrabile e fluida la verità: l'opera è allora un vero e proprio mistero, uno stupendo soggetto di indagine sull'inafferrabilità della coscienza. 25
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