Ungrandeproverbiovalido per mo! ti esperti di pedagogia: "Cercare dappertutto dei peli per farsene una criniera". I bambini fanno domande e gli insegnanti fanno risposte. Aspetto la supplentein una classe. È assente la maestra, una signora vicina alla pensione. A un certopunto un bambino .alza la mano e mi chiede: - Posso soffiarmi il naso? Gli insegnantileggono soltanto i pedagogisti e questi soltanto se stessi. Imparare vuol dire scoprire i rapporti. Insegnare vuol dire scoprire i rapporti. L'infanzia ribolle di attività vitali. I bambini amano quelleformedi gioco, e quindi forme di vita, ché sono senza grandi pretese, dirette, semplici, rumorose, instancabili, piene di vitalità, intense,difficili,entusiastiche. Sono agitati da una curiositàirrequieta, dalla sete di conoscere tutto al più presto. MEMORIA . Dovremo abituarli ad atteggiamenti riflessivi prolungati e a una sapienza combattiva, condurli a vedere che la vita non è fatta soltanto di parole, di oggetti, di fatti ma soprattutto di relazioni, di processi, di contraddizioni, di reciprocità. Credere che guidare il mondo sia come guidare dei bambini: ecco uno dei pilastri della piccola borghesia, e così non riescono neanche a guidare dei bambini. Ridurre ali' osso i pensieri piagnucolosi su quanto accade intorno a noi e nel mondo. Qualche insegnante viene a trovarmi per avere da me un consiglio che gli interessa soltanto se è come lui vuole. Alla terza parola- le prime due sono di saluto - mi fa una conferenza alta e squillante. Tento di fargli capire che siamo soltanto noi due ma è còme trattenere uno che vuole suicidarsi a ogni costo. Erau-nanottebuia e tempestosa. I 25 annidi "linus" GianfrancoBettin Era davverounanotte buia e tempestosacome nell'incipit del romanzo incompiuto di Snoopy - venticinque anni fa, quando uscì il primo numerodi "Linus". Era la notte degli anni Sessanta, anni orribili nel mio ricordo. Per la verità, a quantomi riguarda, vi sono molte cose care che riguardanoquegli anni. Sono, però, tutte çose che non hanno niente a che fare con l'essenza di quel periodo. A fronte del progresso, dei miti che allora si andavano formando a· riportarmi volentieri a quel tempo sono es~- rienze che lo sfuggivano, in realtà, che ritardavano l'ingresso in un'epoca già precipitante in quel tempoche ancora oggi è il nostro. Sono le esperienze della povertà, più che del benessere; delle macchie e delle campagne che s'infiltravano ancoranella città piuttosto che la città medesima; labicicletta e non l'auto; la radio e non la televisione; l'avventura, possibile ancora sotto casa, sulla strada, e non il gran viaggio a poche lire, diapofùm compreso. Non so se è, questa, solo nostalgia dell'infanzia. Credo di no. L'infanzia c'era anche per altre cose che awunto orami sembranoorribili-dallo ,:zecchino d'oro" alle cerimonie scolastiche di regime, d_alle~e M ?ei nostri fratelli maggiori (la Moglie, o il Manto per le sorelle, la Macchina, il Mestiere) alla ricerca ottusa e vorace del maggior possibile benessere - o malinteso tale. Ciò che mi pare insopportabile in molte commemorazioni degli anni Sessanta- la più fastidiosa delle quali uscita alcuni anni fa, da Savelli, e intitolata Il sogno degli anni Sessanta, interviste a ragazzi di allora, oggi celebri, a cura di Walter Veltroni, oggi nella segreteria del nuovo Pci di Occhetto - è la tendenza (la tentazione, cui si cede volentieri) a vedere i Sessanta come un'epoca di speranze buone, di attese tradite, di positivi mutamenti che poi qualcosa ha rovinato, distorto. Capisco che l'equivoco fosse possibile allora. Un popolo in gran parte povero, e povero da sempre, solo pochi anni prima perfino affamato, rinchiuso in orizzonti pesanti di lavoro e di tradizioni spesso arcaiche e bigotte, incominciava a godere di qualche benessere. A goderlo collettivamente, anche quando gli costava il prezzo di uno sfruttamento ferreo sul la...-,- Vignette di Charles M. Schulz, da •unus•, Almanacco 1987. 11 Tu sei respiro, paneeacquaperme'' dis$e lui. • IL CONTESTO ro o di ripetute sconfitte politiche. Ma il miraggio del benessere si traduceva, a breve, nella vita quotidiana, in merci e beni concreti, fruibili, che arricchivano anche gli alloggi e le vite più mediocri- e che dunque assomigliavano a un privilegio, a una ricchezza vera. Ora sappiamo che quel miraggio ha ispirato e telecomandato un viaggio folle nel corso del quale è cambiato tutto, il paesaggio esteriore e quello interiore. Ora sappiamo, appunto, che erano, quelli, anni brutti - nonostante i Beatles, nonostante la rivoluzione sessuale e la voglia di libertà, nonostante la speranza di un mondo salvato dai ragazzini, e la critica dell'uomo ridotto a una sola dimensione. Il decennio precedente - gli anni Cinquanta- aveva creato certe promesse materiali: lo sradicamento sociale e geografico, le migrazioni, l 'industrializzazione e l'urbaniizazione selvagge. Gli anni Sessanta sono quelli dello sradicamento culturale, dell'espianto di valori, tradizioni, identità e relazioni consolidate da un tempo lunghissimo. L'industria, e i nuovi consumi, l'industria culturale, i nuovi mass-media producono sradicamento e acculturazione. Una corrente violenta, dapprima, trascina il paese nello sviluppo materiale. E poi qualcosa come un prolungato, gigantesco "brainstorming" coinvolge individui e classi stravolgendone intimamente la personalità, la mentalità, la struttura stessa cleibisogni. È sceso il buio, e la notte ha cominciato a illuminarsi di spot. Ecco gli anni Sessanta, anticipo e radice di quello che siamo, di quello che il mondo è diventato. "Linus" appartiene al lato migliore di quegli anni poco da rimpiangere. A un'esigenza, che era autentica, di guardare oltre vecchi confini, di sperimentare nuove forme espressive e, insomma, di rappresentare i mutamenti in corso. Le cose di cui parlavano i Peanuts - le nevrosi della società americana, divenute poi le nostre - incominciavano appena a manifestarsi in Italia I Peanuts, pezzo forte della nuova rivista fin dal titolo, anticipavano la massificazione della psicoanalisi e una visione del mondo mediamente più colta, più disincantata, e anche più velleitaria, oltre che - e fuori scherzo - più alienata e nevrotica. Il pubblico nuovo, che leggeva "Linus", rappresentava un ibrido tra vecchi lettori di fumetti divenuti più esigenti (stanchi di quel che si leggeva allora) e nuove figure prodotte dalla nuova Italia scolarizzata e urbana. Vittorio Spinazzola, sul! "'Unità", ha ricordato che i primi lettori non erano gli studenti, in particolare quelli che poi diventarono i protagonisti del '68. È stata, credo, soprattutto l'introduzione della satira politica - rinnovata nei toni e nelle forme, ancorché radi- "E biscottial cioccolato'. 17
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